Lo scrittore inglese Mal Peet |
Leggenda vuole che Daniel Pennac si sia
giocato una fortuna a testa o croce. Esasperato da una trattativa
infinita per l'accordo con Antoine Gallimard su Diario di scuola,
il padre della saga Malaussène avrebbe proposto di rimettere la
questione alla sorte: testa, e si sarebbe fatto come diceva lui;
croce, e l'avrebbe spuntata l'editore. Uscì croce, e Pennac perse
200 mila euro per ogni punto percentuale sulle vendite che finì nelle
tasche di Monsieur Gallimard.
Mito o realtà che sia, al mondo solo
un pugno di scrittori potrebbe permettersi un colpo di testa del
genere. Lo conferma una ricerca appena pubblicata della "Authors'
Licensing and Colleting Society", sindacato degli scrittori
britannici, da cui emerge la fotografia di un deserto. Il reddito
medio dei 2.454 autori intervistati si attesta sulle 11 mila sterline
(13.900 euro), a fronte di una soglia minima per un tenore di vita
decoroso calcolata in 16.850 sterline (21.300 euro). E le prospettive
sembrano destinate a peggiorare: le 11 mila sterline del rapporto
sono il 29% in meno del reddito medio rilevato nel 2005, al netto
dell'inflazione. Significativo che le volpi del settore si siano
stupite di fronte ai risultati, immaginandone di ancor più rovinosi.
Neppure gli anticipi agli scrittori di
una qualche fama aiutano a rimettere in equilibrio il bilancio.
Spiega Mal Peet, vincitore della Carnegie Medal 2005: «Posso pure
chiedere 25 mila sterline, ma si tratta di un anticipo sui ricavi».
Fra un anno passato a scrivere e gli altri necessari a pareggiare con
le vendite in libreria, quelle 25 mila sterline rischiano di rimanere
l'unico incasso dell'autore per sei anni. Sintetizza il “Guardian”:
«Nessun buon romanziere ricorrerebbe all'espressione tempesta
perfetta, ma molti ammettono che è ciò a cui devono far fronte.
I prezzi stracciati su Amazon hanno tagliato le entrate, i giornali
dedicano meno spazio alle recensioni, le librerie chiudono e gli
ebook sono venduti per pochissimo o perfino distribuiti
gratuitamente».
Una piccola luce viene dal Digital Book
WorldSurvey di inizio 2014: è vero, il 54% degli scrittori
pubblicati in via tradizionale e l'80% di quelli che diffondono le
proprie opere su internet guadagna meno di mille dollari l'anno. La
digitalizzazione dell'editoria, però, ha consentito di espandere a
macchia d'olio il numero di persone che ottiene una rendita dalla
scrittura, per quanto piccola. Motivo in più per affinare le proprie
capacità, o almeno così la vede Hugh Hoewy, star dei romanzieri
fai-da-te.
Morale della favola: a scrivere non si
campa, salvo una ristrettissima élite, e per romanzieri e poeti
resta solo la possibilità di trovarsi un secondo lavoro. Va così
pure in Francia, dove all'alba della crisi (2008) Rue89 stimava
in 150 al massimo gli scrittori capaci di vivere dei propri libri.
Tolte le superstar, la forchetta varia dagli 800 euro di anticipo
concessi a un debuttante fino a un massimo di 30 mila per le firme
già conosciute. Si aggiunge poi un 8% sulle prime copie, il 10% dopo
una certa soglia di vendita e il 12% superato l'ultimo paletto.
Percentuali che si trasformano nel 10-12-14 degli autori più
affermati. Piccola nota a margine: i giornalisti francesi
denunciavano difficoltà nell'ottenere informazioni sul reddito degli
scrittori, fra pudore e snobismo. Valga su tutte la replica di una
casa editrice all'“Express”: «II Signor X riceve un fisso
mensile, ma non scrivetelo: fa troppo piccolo impiegato».
"pagina99we", 26 luglio 2014
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