Epidauro - Strumentario chirurgico rinvenuto al tempio di Asclepio (V-IV sec. A.C.), oggi al Museo Archeologico |
ATENE — Davvero
originale e inusuale è la mostra dell'arte medica che si può
visitare in questi giorni al Museo archeologico di Atene. E vale la
pena di sottrarsi prima o poi al flusso impressionante dei turisti,
che si riversa senza posa nella grande sala dei tesori micenei, per
deviare verso la sede più appartata dell'esposizione. A proposito
della quale, diciamo anzitutto che solo Atene poteva realizzarla, o
almeno realizzarla a questo modo: perché non c'è altro paese al
mondo in cui le testimonianze artistiche sulla medicina antica siano
così numerose e significative.
La mostra muove,
evidentemente, da una direttrice tipica del nostro tempo, quella che
tende a evidenziare la cultura materiale e la tecnica nella
ricostruzione del mondo antico. Chi osservi i numerosissimi strumenti
chirurgici che gli scavi hanno riportato alla luce, dai bisturi alle
pinza delle grandezze e delle fogge più varie, intende la perfezione
raggiunta nell'operare su ogni organo del corpo. E vede, in pari
tempo, che taluni aspetti della scienza medica raggiunsero speciale
sviluppo e perfezionamento, ad esempio la riduzione delle fratture e
delle slogature attraverso sistemi sorprendentemente avanzati.
Ma queste premesse
tecniche non sono più che tali. Una documentazione assai vasta e
rivelatrice viene dalle figurazioni, e quindi dall'arte nel senso
pieno della parola. Anzitutto per la descrizione delle malattie: una
serie di figurine in terracotta, che verosimilmente furono poste nei
santuari per ottenere la grazia o per darne testimonianza, indica con
impressionante esattezza le deformazioni dei corpo che le malattie
stesse determinarono: l'idropisia, i tumori, il gozzo, la paresi sono
tra i fenomeni più evidenti; ed è chiaro che essi riflettono una
corrente (l'arte fondamentalmente caratterizzata da due connotazioni,
quella popolaresca e quella ritrattistica.
Poi c'è la figura del
dio protagonista dell'arte medica, il famoso Asclepio. E diciamo
famoso per convenzione, in quanto un esame esauriente
dell'iconografia su tutto l'arco dei suoi sviluppi e su tutto
l'insieme dei suoi significati deve ancora farsi. Ma in qual modo si
sarebbe potuto farla se non raccogliendo, come appunto avviene ora ad
Atene, il complesso delle sparse testimonianze? Solo di fronte alla
serie delle statue e dei rilievi, che raffigurano il dio nelle
diverse età, una valutazione adeguata comincia ad emergere. Si vede,
dunque, che l'iconografia, e con essa verosimilmente il culto sono
abbastanza recenti, non affondano le radici nella fase arcaica del
mondo greco e dunque si sviluppano parallelamente alla scienza che il
dio incarna. In secondo luogo, la rappresentazione di Asclepio è
singolarmente analoga a quella di Zeus, da cui il prototipo sembra
desunto, anche se è subito integrato con specifiche caratteristiche
(soprattutto il corto bastone intorno a cui si attorciglia un
serpente).
In terzo luogo, la
differenziazione avviene attraverso le azioni specifiche che al dio
guaritore si attribuiscono e che i rilievi ora, raccolti narrano con
efficacia: sicché l'arte reca ancora un apporto alla conoscenza
della tecnica, in quell'originale intercambio che costituisce la
maggiore attrazione della mostra ateniese.
“Corriere della Sera”,
ritaglio senza data, probabilmente 1978
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