Riferisce Dagospia che
negli ultimi tempi l'emiro di Abu Dhabi non è contento di Luca
Cordero di Montezemolo, colpevole di trascurare gli affari
dell'emirato che ha in carico, per occuparsi solo dei casi suoi. Non
so quanto siano vere queste voci, giova comunque leggere questo
articolo che illustra le sue attività (e quelle di altri importanti
intermediatori italiani) a pro dei feudatari dell'Islam. (S.L.L.)
Manager, economisti,
grand commis con le giuste entrature nell’establishment
economico e politico. Sono loro ad aprire le porte del salotto
italiano alle monarchie del Golfo. Il più noto è Luca Cordero di
Montezemolo, che già nel 2006 cominciava ad ammaliare la dinastia al
Nahyan che regna sull’emirato di Abu Dhabi dal 1793 e ne gestisce
le copiose rendite petrolifere.
Montezemolo, antico
frequentatore dei salotti elitari, ha invitato gli investitori
emiratini a interessarsi all’Italia, dischiudendo loro lo scrigno
della Ferrari. Proprio la notorietà guadagnata da Montezemolo alla
guida di Ferrari per diciotto anni è stato un passepartout per il
portafoglio dell’emiro, che è stato il primo investitore
governativo a comprare una quota nella Rossa con il fondo Mubadala
per poi rivenderla con profitto nel 2010 a Mediobanca che faceva da
intermediario tra un consorzio di banche e quella che intanto era
diventata Fiat-Chrysler. Come attaché di riferimento di Abu
Dhabi, Montezemolo ne ha favorito l’ingresso sia nel sistema
bancario – il fondo Aabar ha un piede invero non più così saldo
in Unicredit, la banca europea più romana d’Italia di cui lo
stesso Montezemolo è vicepresidente – sia a livello governativo,
coinvolgendoli in partite industriali delicate. Alcune concluse: la
cessione di Piaggio Aerospace a Mubadala. Altre da giudicare
nell’esito: il turn around di Alitalia rilevata da Etihad,
per intercessione di Montezemolo, presidente e c.e.o. ad interim
della compagnia aerea, durante il governo Letta, con il consigliere
per gli affari economici e internazionali Fabrizio Pagani a fare da
canale anche per il successivo governo Renzi, che ha incassato
l’accordo. Parte del successo di Alitalia-Etihad dipenderà dalle
mire degli emiratini sugli asset aeroportuali della famiglia
Benetton che dovrebbe ristrutturale lo scalo di Roma Fiumicino
gestito da Adr, società di Sintonia, holding affidata al
manager Gianni Mion che aveva cercato l’interesse di soci di lungo
termine come il fondo Adia.
Ad avere offerto per
primo agli investitori del Golfo la mercanzia pubblica è stato l’ex
premier tecnico ed ex commissario europeo Mario Monti, del quale
Montezemolo aveva promosso la candidatura a leader del movimento
Scelta Civica. L’occasione per Monti è stata una sorta di road
show a fine legislatura nel 2012 in Kuwait, Oman, Emirati Arabi
Uniti e Qatar. Monti, già international advisor per Goldman
Sachs, l’aveva messa giù da banchiere d’affari, insistendo sul
prezzo basso degli asset nazionali, particolarmente
interessante per chi voleva scommettere sulla ripresa italiana. Una
visione improntata all’adagio business is business, attento
soprattutto alla convenienza delle intese, assai meno alla
provenienza dei capitali. Con la missione montiana, accompagnata da
Franco Bassanini, ex presidente di Cassa depositi e prestiti (Cdp), e
Maurizio Tamagnini, amministratore delegato del Fondo strategico
italiano (Fsi), il Qatar ha costruito il primo investimento nella
produzione italiana più classica - cibo, moda, lusso, mobili,
design, turismo - attraverso la joint venture IQ Made in Italy
Investment Company Spa, paritetica tra la Qatar Investment Authority
(Qia), fondo madre proprietario delle altre holding del conglomerato,
e Fsi Investimenti. IQ ha già rilevato una partecipazione nel gruppo
alimentare Cremonini entrando nel capitale di Inalca, holding della
famiglia modenese famosa per la vendita e produzione di carne bovina.
I nuovi amministratori di Cdp, Claudio Costamagna, presidente, e
Fabrizio Gallia, ad, due banchieri, hanno proseguito assieme a Fsi il
corteggiamento dei potenti investitori al Forum internazionale dei
fondi sovrani tenutosi per la prima volta in Italia quest’anno con
32 fondi da 29 Paesi.
A volte però il fiuto
per gli affari non basta e le relazioni possono avere bisogno della
patente divina. I governi Monti, Letta e Renzi, assieme all’ex
presidente della regione Sardegna Ugo Cappellacci, hanno seguito con
continuità l’operazione di acquisto dell’Ospedale S. Raffaele
alle porte di Olbia rilevato dopo il crac della gestione di don Verzé
dalla Qatar Foundation Endowment dell’emiro Hamad bin Khalifa
al-Thani. La struttura sanitaria, una volta completata, sarà gestita
dalla Fondazione Luigi Maria Monti, dal nome del fondatore della
Congregazione dei figli dell’Immacolata. A seguire gli interessi
sardi della Qatar Foundation di al Thani, discendente della dinastia
regnante dal 1847 sul Paese col Pil pro-capite più alto del mondo,
c’è Lucio Rispo, manager con oltre trent’anni di esperienza
nelle telecomunicazioni (Sema, Nortel Networks, Amuser) e un passato
nella ricerca biotecnologica (BioGeM) di stanza a Doha dove dirige
l’incubatore di startup Qatar Science & Technology Park. «Tutti
insieme, Italia, Sardegna e Qatar abbiamo dato risposta all’angoscia
di Papa Francesco che diceva di portare nel cuore il dolore per la
disoccupazione sarda. Questo progetto è il primo passo per
combatterla», disse Rispo alla firma del protocollo d’intesa a
maggio 2014. Altri manager italiani sono stati assunti dalle società
finanziarie qatarine. Ugo Arzani, ex Bank of America, scelto per la
divisione consumer goods e telco di Qatar Holding. Lorenzo Zambon, ex
Lazard, a Mayoolha, società che fa capo a Qia e investe nella moda,
famosa l’acquisto dei marchi Valentino e Pal Zileri. Oltre a una
serie di studi legali e commercialisti Shearman & Sterling,
Tremonti, Vitali, Romagnoli e Piccardi e lo studio Bonelli, Erede,
Pappalardo che assistono clienti qatarini.
Gli asset immobiliari
sono uno degli investimenti più vistosi del Qatar. Il complesso di
Porta Nuova ha modificato lo skyline di Milano con il grattacielo più
alto della città dove hanno sede multinazionali come Google, Samsung
e banca Unicredit. A vendere a Qia il complesso immobiliare con
l’operazione di compravendita più consistente mai registrata in
Italia è stato Manfredi Catella, ceo di Coima Sgr (ex Hines Italia
Sgr) che con parte dei proventi ricavati ha prodotto una serie di
acquisti nell’immobiliare milanese e intende proseguire la
collaborazione sia col Qatar sia con altri fondi sovrani interessati
al real estate. Catella, in occasione della conferenza milanese, ha
tenuto una cena al venticinquesimo piano del grattacielo Diamond
Tower con i rappresentanti dei principali fondi mondiali.
Probabilmente, in fatto
di cene i privati sono più cordiali del pubblico. Infatti i
dignitari del Kuwait, pezzo importante nella strategia italiana in
quanto unico azionista estero di Fsi (il Fondo strategico italiano),
hanno avuto qualche dispiacere dal governo. Il Kuwait aveva concluso
l’accordo per l’acquisto dei caccia Eurofighter da Finmeccanica
grazie al lavoro dell’Aeronautica - importante, secondo
indiscrezioni, il ruolo di Tommaso Collorafi, già capo del reparto
di sperimentazione volo di Pratica di Mare e addetto per la Difesa di
stanza a Riad con competenza anche per il Kuwait - ma alla cena per i
festeggiamenti un generale kuwaitiano non è stato invitato: una
leggerezza del cerimoniale di Palazzo Chigi che ha generato un
incidente diplomatico, recuperabile. Italia e Paesi arabi in fondo
non sono così lontani nemmeno nel rituale delle relazioni:
dall’atteggiamento del commensale può dipendere non solo un
affare, ma un’amicizia.
Pagina 99, 21 novembre
2015
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