6.1.16

Gli emiri e Montezemolo, loro agente in Italia (Alberto Brambilla)

Riferisce Dagospia che negli ultimi tempi l'emiro di Abu Dhabi non è contento di Luca Cordero di Montezemolo, colpevole di trascurare gli affari dell'emirato che ha in carico, per occuparsi solo dei casi suoi. Non so quanto siano vere queste voci, giova comunque leggere questo articolo che illustra le sue attività (e quelle di altri importanti intermediatori italiani) a pro dei feudatari dell'Islam. (S.L.L.)
Manager, economisti, grand commis con le giuste entrature nell’establishment economico e politico. Sono loro ad aprire le porte del salotto italiano alle monarchie del Golfo. Il più noto è Luca Cordero di Montezemolo, che già nel 2006 cominciava ad ammaliare la dinastia al Nahyan che regna sull’emirato di Abu Dhabi dal 1793 e ne gestisce le copiose rendite petrolifere.
Montezemolo, antico frequentatore dei salotti elitari, ha invitato gli investitori emiratini a interessarsi all’Italia, dischiudendo loro lo scrigno della Ferrari. Proprio la notorietà guadagnata da Montezemolo alla guida di Ferrari per diciotto anni è stato un passepartout per il portafoglio dell’emiro, che è stato il primo investitore governativo a comprare una quota nella Rossa con il fondo Mubadala per poi rivenderla con profitto nel 2010 a Mediobanca che faceva da intermediario tra un consorzio di banche e quella che intanto era diventata Fiat-Chrysler. Come attaché di riferimento di Abu Dhabi, Montezemolo ne ha favorito l’ingresso sia nel sistema bancario – il fondo Aabar ha un piede invero non più così saldo in Unicredit, la banca europea più romana d’Italia di cui lo stesso Montezemolo è vicepresidente – sia a livello governativo, coinvolgendoli in partite industriali delicate. Alcune concluse: la cessione di Piaggio Aerospace a Mubadala. Altre da giudicare nell’esito: il turn around di Alitalia rilevata da Etihad, per intercessione di Montezemolo, presidente e c.e.o. ad interim della compagnia aerea, durante il governo Letta, con il consigliere per gli affari economici e internazionali Fabrizio Pagani a fare da canale anche per il successivo governo Renzi, che ha incassato l’accordo. Parte del successo di Alitalia-Etihad dipenderà dalle mire degli emiratini sugli asset aeroportuali della famiglia Benetton che dovrebbe ristrutturale lo scalo di Roma Fiumicino gestito da Adr, società di Sintonia, holding affidata al manager Gianni Mion che aveva cercato l’interesse di soci di lungo termine come il fondo Adia.
Ad avere offerto per primo agli investitori del Golfo la mercanzia pubblica è stato l’ex premier tecnico ed ex commissario europeo Mario Monti, del quale Montezemolo aveva promosso la candidatura a leader del movimento Scelta Civica. L’occasione per Monti è stata una sorta di road show a fine legislatura nel 2012 in Kuwait, Oman, Emirati Arabi Uniti e Qatar. Monti, già international advisor per Goldman Sachs, l’aveva messa giù da banchiere d’affari, insistendo sul prezzo basso degli asset nazionali, particolarmente interessante per chi voleva scommettere sulla ripresa italiana. Una visione improntata all’adagio business is business, attento soprattutto alla convenienza delle intese, assai meno alla provenienza dei capitali. Con la missione montiana, accompagnata da Franco Bassanini, ex presidente di Cassa depositi e prestiti (Cdp), e Maurizio Tamagnini, amministratore delegato del Fondo strategico italiano (Fsi), il Qatar ha costruito il primo investimento nella produzione italiana più classica - cibo, moda, lusso, mobili, design, turismo - attraverso la joint venture IQ Made in Italy Investment Company Spa, paritetica tra la Qatar Investment Authority (Qia), fondo madre proprietario delle altre holding del conglomerato, e Fsi Investimenti. IQ ha già rilevato una partecipazione nel gruppo alimentare Cremonini entrando nel capitale di Inalca, holding della famiglia modenese famosa per la vendita e produzione di carne bovina. I nuovi amministratori di Cdp, Claudio Costamagna, presidente, e Fabrizio Gallia, ad, due banchieri, hanno proseguito assieme a Fsi il corteggiamento dei potenti investitori al Forum internazionale dei fondi sovrani tenutosi per la prima volta in Italia quest’anno con 32 fondi da 29 Paesi.
A volte però il fiuto per gli affari non basta e le relazioni possono avere bisogno della patente divina. I governi Monti, Letta e Renzi, assieme all’ex presidente della regione Sardegna Ugo Cappellacci, hanno seguito con continuità l’operazione di acquisto dell’Ospedale S. Raffaele alle porte di Olbia rilevato dopo il crac della gestione di don Verzé dalla Qatar Foundation Endowment dell’emiro Hamad bin Khalifa al-Thani. La struttura sanitaria, una volta completata, sarà gestita dalla Fondazione Luigi Maria Monti, dal nome del fondatore della Congregazione dei figli dell’Immacolata. A seguire gli interessi sardi della Qatar Foundation di al Thani, discendente della dinastia regnante dal 1847 sul Paese col Pil pro-capite più alto del mondo, c’è Lucio Rispo, manager con oltre trent’anni di esperienza nelle telecomunicazioni (Sema, Nortel Networks, Amuser) e un passato nella ricerca biotecnologica (BioGeM) di stanza a Doha dove dirige l’incubatore di startup Qatar Science & Technology Park. «Tutti insieme, Italia, Sardegna e Qatar abbiamo dato risposta all’angoscia di Papa Francesco che diceva di portare nel cuore il dolore per la disoccupazione sarda. Questo progetto è il primo passo per combatterla», disse Rispo alla firma del protocollo d’intesa a maggio 2014. Altri manager italiani sono stati assunti dalle società finanziarie qatarine. Ugo Arzani, ex Bank of America, scelto per la divisione consumer goods e telco di Qatar Holding. Lorenzo Zambon, ex Lazard, a Mayoolha, società che fa capo a Qia e investe nella moda, famosa l’acquisto dei marchi Valentino e Pal Zileri. Oltre a una serie di studi legali e commercialisti Shearman & Sterling, Tremonti, Vitali, Romagnoli e Piccardi e lo studio Bonelli, Erede, Pappalardo che assistono clienti qatarini.
Gli asset immobiliari sono uno degli investimenti più vistosi del Qatar. Il complesso di Porta Nuova ha modificato lo skyline di Milano con il grattacielo più alto della città dove hanno sede multinazionali come Google, Samsung e banca Unicredit. A vendere a Qia il complesso immobiliare con l’operazione di compravendita più consistente mai registrata in Italia è stato Manfredi Catella, ceo di Coima Sgr (ex Hines Italia Sgr) che con parte dei proventi ricavati ha prodotto una serie di acquisti nell’immobiliare milanese e intende proseguire la collaborazione sia col Qatar sia con altri fondi sovrani interessati al real estate. Catella, in occasione della conferenza milanese, ha tenuto una cena al venticinquesimo piano del grattacielo Diamond Tower con i rappresentanti dei principali fondi mondiali.
Probabilmente, in fatto di cene i privati sono più cordiali del pubblico. Infatti i dignitari del Kuwait, pezzo importante nella strategia italiana in quanto unico azionista estero di Fsi (il Fondo strategico italiano), hanno avuto qualche dispiacere dal governo. Il Kuwait aveva concluso l’accordo per l’acquisto dei caccia Eurofighter da Finmeccanica grazie al lavoro dell’Aeronautica - importante, secondo indiscrezioni, il ruolo di Tommaso Collorafi, già capo del reparto di sperimentazione volo di Pratica di Mare e addetto per la Difesa di stanza a Riad con competenza anche per il Kuwait - ma alla cena per i festeggiamenti un generale kuwaitiano non è stato invitato: una leggerezza del cerimoniale di Palazzo Chigi che ha generato un incidente diplomatico, recuperabile. Italia e Paesi arabi in fondo non sono così lontani nemmeno nel rituale delle relazioni: dall’atteggiamento del commensale può dipendere non solo un affare, ma un’amicizia.


Pagina 99, 21 novembre 2015

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