La notizia della
scomparsa di Elena Fava mi arriva alle prime ore del mattino, mentre
sono su un treno diretto a Roma ed è come un pugno nello stomaco
all’improvviso. Inizialmente non posso crederci, non mi sembra
vero, poi la conferma che toglie ogni residua speranza. Purtroppo.
Per la seconda volta e in
meno di un anno Libera Informazione si trova a fare i conti con la
scomparsa di uno dei suoi soci fondatori. Prima a luglio Santo Della
Volpe, presidente e direttore che aveva raccolto il testimone da
Roberto Morrione, scomparso nel 2011.
E ora Elena Fava, anche
lei stroncata da un male implacabile che l’ha sottratta in pochi
mesi ai suoi affetti più cari. E a tutti noi.
Quando proposi a Roberto
Morrione di coinvolgere la Fondazione Fava e, nello specifico,
proprio Elena nel cammino tutto da avviare di Libera Informazione,
ricordo che Roberto condivise fin da subito il senso della proposta:
chiamare lei significava avere nel nostro Consiglio d’Amministrazione
un familiare di vittima di mafia e, al tempo stesso,
un’associazione/fondazione impegnata ancora oggi nel nome delle
idee e del lavoro della vittima stessa, riproponendo in qualche modo
sul versante giornalistico l’impostazione vincente di Libera.
Memoria e impegno: un binomio eticamente e civilmente vincente in
questi vent’anni, un binomio perciò da rilanciare anche nel mondo
dei mass media.
Avremmo cioè chiesto ad
Elena Fava di partecipare in quanto figlia del giornalista ucciso
dalla mafia il 5 gennaio del 1984 a Catania, ma anche in qualità di
presidente della Fondazione Giuseppe Fava, intitolata alla lezione
professionale e civile del padre.
E fu una bella sorpresa
perché, quando chiamai Elena per comunicarle la nostra proposta,
alle iniziali perplessità e resistenze – mi disse, infatti, “come
posso aiutarvi io, non sono una giornalista, perché non chiedi a mio
fratello Claudio?” – lasciò subentrare immediatamente la fiducia
e la voglia di provare a camminare insieme – “se voi pensate
possa essere utile alla causa comune, va bene, mi fido e sarò con
voi!” – e da quell’iniziale telefonata prese avvio il suo
impegno nel CdA di Libera Informazione.
Il suo apporto ai lavori
della nostra Fondazione non fu mai banale, non fu mai scontato. Nelle
discussioni affrontate, portò sempre un contributo originale, un
pensiero altro da quello propriamente giornalistico di tutti gli
altri membri del CdA. Proprio per questo fu spesso decisiva nel far
cogliere a tutti noi i problemi da affrontare e i progetti da portare
avanti sotto una luce diversa, in una prospettiva meno parziale.
Fu come avere sempre con
noi una delegata esigente del pubblico di lettori, ma soprattutto una
rappresentante qualificata di tutta la cittadinanza. Elena era capace
di filtrare con la sua intelligenza e la sua passione – che
attingeva linfa dalle radici degli ideali professionali e civili di
suo padre – le tematiche di cui Libera Informazione doveva
occuparsi, per arrivare al nocciolo delle questioni e indicare una
via. Sapeva cogliere le difficoltà di un mestiere che per lei era
quello del padre e del fratello e incoraggiava i tentativi di Roberto
e Santo di coniugare professionalità e ricerca della verità con la
spontaneità e l’incoscienza di tanti giovani che collaboravano con
la nostra testata.
Il suo era uno sguardo
disincantato sulla realtà del nostro Paese: del resto lei e il
fratello Claudio avevano dovuto combattere per difendere la memoria
di Pippo Fava dagli assalti dei colleghi invidiosi e del potere
smascherato, resi più violenti anche e soprattutto dopo la notte del
5 gennaio 1984.
Elena ha regalato al
cammino di Libera Informazione la concretezza del dolore dei
familiari delle vittime di mafia, patrimonio ormai consolidato da
vent’anni nell’esperienza di Libera, ma tutto ancora da esplorare
nel mondo giornalistico. Ancora oggi, infatti, molti operatori dei
mass media faticano a capire la profondità della lezione che viene
da chi, pur avendo perso un proprio caro per mano della violenza
mafiosa, ha saputo reagire trasformando il dolore in riscatto civile.
Questo lascito di Elena
dovremo essere capaci di coltivare ancora nel percorso di Libera
Informazione per farne trarre giovamento anche ad altri colleghi
giornalisti.
A quanti hanno avuto il
privilegio di fare un pezzo di strada con lei, Elena ha saputo
offrire una lezione di grande dignità e di umanità profonda: ogni
sua parola era capace di aprire un mondo all’interlocutore e di
indicare una prospettiva, anche nelle situazioni più difficili.
Nulla per lei era
insormontabile. Anche la sua malattia è stata affrontata nel
medesimo modo. Non si è chiusa nel dolore e nel privato dei suoi
affetti, ma fino a quando ha potuto, fino all’ultimo ha cercato di
reagire nell’unico modo che conosceva: combattendo senza tregua.
Negli ultimi contatti
avuti via telefono o via sms, non ha mai fatto trapelare alcuno
sconforto, ma mi ha trasmesso sempre una grande forza e un
incoraggiamento ad andare avanti. Lo aveva fatto anche in occasione
della scomparsa di Roberto prima e di Santo poi. A loro riservava gli
elogi più belli: “Erano dei grandi giornalisti, ma erano
soprattutto dei gran signori!”.
Ci mancheranno il suo
impegno e la sua passione nel cammino di Libera Informazione, fattosi
tortuoso in questi anni anche e soprattutto in ragione della
scomparsa improvvisa di persone come Roberto, Santo e Elena.
Ci mancheranno il suo
ottimismo e il suo sorriso.
Ci mancherai, cara Elena.
Narcomafie, 28 dicembre
2015
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