La birra della mia
adolescenza era la Birra Messina, e la ricordo buonissima, specie se
gelata. Arrivavano anche la Peroni e altre birre continentali e
sentivo dire che, benché venissero da più lontano, facevano
concorrenza sul prezzo. Ma la nostra birra restava la Messina, al
giusto grado di amaritudine e spumosità, a quello a cui il gusto si
era avvezzato. I bar la vendevano in tre formati: piccolo, medio e
grande.
La birra piccola,
all'incirca 200 ml., era chiamata anche "scioppino". Credo
che significhi "piccolo boccale", benché la si consumasse,
di preferenza, in bottiglia o in bicchieri senza manico.
La birra media, chiamata
anche "mezza birra", equivaleva a 330 ml. Il consumo più
tipico era "in due bicchieri". Costava cento lire contro le
settanta dello "scioppino" e consentiva un buon risparmio a
chi accettava di sorbire un dito in meno della bionda bevanda.
Infine la birra grande, detta "bottiglia di birra", 160 lire, che si ordinava, seduti in tre o quattro nelle lunghe sere d'estate, ai tavolini rotondi di ferro. La chiamavano anche "birra da tre quarti" e questo nome riproponeva ogni tanto una piccola e noiosa querelle sul perché tre quarti quando si trattava soltanto di due terzi di litro. Girava la teoria che i tre quarti si collegassero a un sistema di misurazione esotico, anglosassone per esempio, ma non ho mai accertato se la cosa fosse vera.
Infine la birra grande, detta "bottiglia di birra", 160 lire, che si ordinava, seduti in tre o quattro nelle lunghe sere d'estate, ai tavolini rotondi di ferro. La chiamavano anche "birra da tre quarti" e questo nome riproponeva ogni tanto una piccola e noiosa querelle sul perché tre quarti quando si trattava soltanto di due terzi di litro. Girava la teoria che i tre quarti si collegassero a un sistema di misurazione esotico, anglosassone per esempio, ma non ho mai accertato se la cosa fosse vera.
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