Tradizione vuole che ad
un certo punto del proprio mandato il presidente cinese, nonché
segretario del partito comunista, sveli il suo contributo teorico
alla storia della nazione cinese e dell’umanità in generale.
Spesso, queste forme di
pensiero teorico e politico, finiscono per diventare «tormentoni»,
terminando il proprio percorso di gloria nella Costituzione cinese,
riconosciuti come bastioni fondamentali nella teoria del Partito per
gli anni a venire.
Nell’escogitare i
motti, alcuni tra i leader cinesi hanno privilegiato slogan di grande
enfasi, altri elenchi numerati. Quest’ultimi sono un classico, del
resto, anche dell’interazione quotidiana in Cina. Quando si discute
con un o una cinese, è facile che l’interlocutore cominci la sua
frase con «primo» e poi «secondo» eccetera.
Teorie «puntate»
È il caso, dal punto di
vista politico, delle note teorie delle «quattro modernizzazioni»
(dell’ex premier Zhou Enlai) o delle «tre rappresentanze» del
grande vecchio Jiang Zemin. Altri come Deng Xiaoping privilegiarono
altre forme e formule, per «apertura e riforme», così come
l’ultimo presidente Hu Jintao e il suo «sviluppo scientifico del
socialismo». Mao utilizzò entrambe le tecniche.
L’attuale presidente Xi
Jinping era atteso da tempo alla prova. In molti ritenevano che il
suo iniziale «sogno cinese» potesse essere considerato un adeguato
slogan, unitamente alla «rinascita nazionale», ma troppo povero da
un punto di vista teorico. E così lo scorso dicembre Xi ha posto la
sua prima pietra, durante una visita nella provincia del Jiangsu, in
Cina orientale.
Lì avrebbe specificato
che lo scopo della Cina è raggiungere una «complessiva costruzione
di una società moderatamente prospera, il complessivo
approfondimento delle riforme, il complessivo Stato di diritto, la
complessiva realizzazione della disciplina di partito». Xi Jinping
ha usato dunque quattro volte la parola «complessivo».
La consacrazione di
Xi
Ed ecco che nei giorni
scorsi un editoriale del “Quotidiano del Popolo”, l’organo
ufficiale del Partito comunista cinese, ha sancito la sua teoria con
una formula tipicamente locale: «i quattro complessivi» (si ge
quanmian in cinese). In tempi che precedono il tradizionale
appuntamento legislativo del paese — quanto di più simile ad un
parlamento — l’articolo del quotidiano comunista sembra prevedere
un futuro inserimento dei «quattro complessivi» tra i pilastri
teorici del Partito e come futuro ricordo dell’opera del segretario
Xi Jinping.
Va specificato, infatti,
che se il primo dei quattro complessivi, strategicamente, crea una
continuità con il passato recente (la «moderata prosperità» è un
concetto confuciano ripreso e utilizzato a lungo anche da Hu Jintao e
Wen Jiabao, nonché dall’attuale premier Li Keqiang), gli altri tre
«complessivi» sono tutti farina del sacco del «principino» Xi.
E segnano una svolta
molto chiara: il riferimento alle riforme e allo stato di diritto è
voluto, per contrassegnare lo scarto, invece, proprio con il passato.
La Cina che procede con riforme e diritti, dopo un periodo di grande
attenzione soprattutto all’economia, ormai contrassegnata con il
concetto di «quantità», rispetto alla «qualità» delle riforme
richiesta dal nuovo corso. Infine un riferimento esplicito alla
«complessiva realizzazione della disciplina di partito», chiaro
riferimento alla campagna anti corruzione che ha mietuto vittime
illustri e sembra non finire.
Negli ultimi tempi a
cadere nel mirino di Xi e il suo team di inchiesta presieduto da Wang
Qishan, sono anche gli operatori finanziari, le banche. Una lotta
senza pietà, per nessuno, neppure generali in pensione e gravemente
malati. Una guerra totale che Xi Jinping si dice abbia compiuto per
due obiettivi principali: disfarsi di nemici politici, ricompattando
il partito attraverso la loro sostituzione, con uomini fedeli al
nuovo corso, e tentare di salvare il partito da una sfiducia totale
della popolazione, di fronte a clamorosi casi di tangenti e mazzette.
Le reazioni
Il "South China Morning
Post" ha riportato il parere di alcuni studiosi, riguardo i «quattro
complessivi». L’analista politico della Renmin University Zhang
Ming ha detto che i «quattro complessivi» rappresentano un motto
politico più concreto rispetto al sogno cinese. «Il pubblico può
capire meglio il concetto rispetto a quello di Sogno cinese, che
molti considerano come una vaga idea», ha detto.
Il commentatore politico
Zhang Lifan ha detto che i leader di partito spesso pensano slogan
per sollecitare il sostegno dell’opinione pubblica. Anche leader di
partito precedenti «hanno sottolineato i concetti alla base della
teoria dei quattro complessivi, come la costruzione di una società
prospera e mantenere un rigoroso governo, ma l’esecuzione è stata
spesso ostacolata».
“il manifesto”
27.02.2015
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