«Per fare un tavolo ci
vuole il legno», recitava la filastrocca di Gianni Rodari. In
un’epoca a misura di start-up, con il legno si può fare
molto più che un tavolo: dagli orologi ai vestiti, dagli occhiali
alle cover per smartphone. Reinventare la materia prima per
eccellenza è l’idea con cui una nuova generazione di imprenditori
made in Italy sta provando a sconfiggere la crisi.
Il comparto legno-arredo,
uno dei fiori all’occhiello dell’economia italiana, è uno dei
più penalizzati dalla congiuntura. Tra il 2007 e il 2012 il valore
dei consumi interni del settore è crollato del 39%. Il 2013 si è
concluso con un altro 3,2% in meno. In sette anni 12 mila aziende
hanno dovuto chiudere i battenti, lasciando a casa 68 mila persone.
Il mercato interno si è parzialmente risollevato nell’ultimo anno
grazie al bonus mobili, istituito con un decreto legge del giugno
2013.
Ma se l’uso
tradizionale continua ad annaspare, in parallelo il legno ha trovato
nuove applicazioni, impensabili fino a qualche anno fa, diventando il
materiale simbolo del design sostenibile italiano.
Lo sa bene Marco
Tommasoni, 29 anni, che da un anno ha lanciato sul mercato gli
orologi da polso in legno Ab Aeterno. Linee eleganti,
meccanismo svizzero, appena 50 grammi di peso. Son piaciuti talmente
tanto che per l’ultimo bimestre del 2014 ha già in preventivo 10
mila esemplari per il solo mercato italiano. La start-up, composta da
dieci persone, si è stabilita nella bassa veronese, distretto
storico del legno ora in difficoltà. «Per la lavorazione ci
appoggiamo a tre aziende con esperienza trentennale», spiega il
fondatore a “pagina99”. È il know-how artigiano mescolato
all’imprenditoria 2.0, con un’attenzione particolare al rispetto
della materia prima. «Usiamo legno di acero e sandalo proveniente da
foreste ad abbattimento controllato in Giappone. Non viene trattato,
laccato o verniciato in alcun modo ed è tomefree al 100%». Le
richieste per gli otto modelli da uomo e i quattro da donna sono
migliaia e arrivano da tutto il mondo, al punto che è stata creata
una società gemella destinata agli Usa. «Da poco ci hanno
contattati dalle Hawaii», racconta Tommasoni. «Vorrebbero inviarci
un carico di un legno caratteristico delle loro isole affinché
realizziamo per loro i nostri orologi».
Un altro distretto
decaduto è quello altoatesino. Fino a 15 anni fa produceva
iconografia sacra e maschere. Adesso le Madonne in legno le
fabbricano in Cina. Ma i giovani imprenditori Klaus Tavella e Thomas
Oberegger hanno dato una seconda vita al legname d’Alto Adige. Nel
2011hanno fondato WooDone, prima linea italiana di occhiali in legno.
Dai laboratori artigianali del Sudtirol le montature certificate Fsc
(Forest Stewardship Council) sono vendute da 3 mila rivenditori in 37
Paesi del mondo. Dai primi prototipi si è arrivati agli attuali 100
modelli del catalogo, in quattro diversi tipi di legno. «Ciliegio,
acacia, noce e frassino sono locali al 100%», spiega Tavella. «In
più abbiamo Bling, una speciale montatura con un rivestimento in
Galenit, una polvere minerale delle Dolomiti che riflette il sole e
si illumina di riflessi». La start-up fabbrica 20 mila paia di
occhiali l’anno e dà lavoro a 72 dipendenti. La produzione è
destinata per l’80% all’export, in particolare nel Nord Europa.
Il fatturato del 2014 si attesta sui 6 milioni di euro, un risultato
destinato a crescere ancora con la nuova linea basic che verrà
lanciata a gennaio. «Ogni paio di occhiali, ricavato da 8 strati di
legno, richiede 60 fasi e due ore di lavoro manuale», spiega il
fondatore di WooDone. Il risultato è una montatura che pesa appena
13 grammi. Co-
me tutte le buone idee è
stata copiata, nonostante i brevetti che la tutelano: «Almeno 40
piccole ditte in Italia hanno lanciato occhiali simili negli ultimi
anni», dice Tavella.
Come l’altoatesino,
anche l’imprenditore romano Marcello Antonelli ha brevettato la sua
idea, sviluppata insieme alla figlia Marta. La loro società,
Mymantra, ha messo a punto un sistema per ricavare dal legno un
tessuto morbido che viene unito a materiali come il cotone tramite
micro-incisioni con il laser per creare abiti, scarpe, borse ma anche
divani. Il procedimento, ribattezzato Ligneah, punta a sostituire la
pelle animale nella moda. «Ci dicevano che era impossibile rendere
il legno maneggevole come un tessuto», spiega il fondatore Marcello
Antonelli. «Dopo un anno e mezzo di sperimentazioni ci siamo
riusciti». Ora i grandi brand di moda bussano alla sua porta per
utilizzare Ligneah. «A breve usciranno le loro collezioni
primavera-estate con il nostro materiale», aggiunge Antonelli. Ci
sarà anche il lancio di una vettura di un’importante casa
automobilistica con gli interni realizzati grazie alla start-up
romana, che dà lavoro a sei persone. E prima di Natale Marta
presenterà la sua collezione moda, ribattezzata Ood.
Ma le start-up che stanno
rielaborando il concetto stesso del legno sono tante, con idee
brillanti e innovative. A Milano le giovani designer di Mida
utilizzano scarti di legni pregiati per realizzare anelli e papillon.
I piacentini di T°Red hanno creato una lampada unica al mondo con un
particolare materiale detto legno liquido. I fratelli Barbieri,
invece, si sono inventati iTòch (in dialetto mantovano significa
“pezzo”), un oggetto in legno d’abete che funziona come un
amplificatore acustico naturale senza fili in grado di aumentare del
30% il suono in uscita da iPhone, iPod e smartphone. Oltre al tronco,
anche la corteccia degli alberi è usata in modo creativo. È il caso
del sughero, che diverse aziende in Sardegna hanno reinventato per
farne un tessuto da indossare. Abiti, borse e accessori sono le
creazioni uniche di aziende come Tamponi Persico, Vaimoro, Suberis di
Anna Grindi, Bistrusso. Gioielli artigianali che sono molto più che
moda.
Sostenibilità ed
eleganza sono anche le caratteristiche di Wood’d, la start-up di
Stefano e Andrea Aschieri, due giovani fratelli di Busto Arsizio. Nel
2012 hanno avviato la loro produzione di oggetti di design in legno.
In particolare si sono specializzati in cover per iPhone, piccole
opere d’arte intagliate col laser. «Respiriamo questo know-how
da quando siamo piccoli», spiega Stefano Aschieri. «Nostro nonno
produceva stuzzicadenti e i nostri genitori articoli casalinghi». La
terza generazione ha unito la moda al legno, materiale dell’azienda
di famiglia da 60 anni. Le collezioni di cover di Wood’d,
ridisegnate ogni sei mesi, vengono ora vendute nei negozi di
abbigliamento di tutto il mondo. «Giappone, Corea, Stati Uniti sono
i mercati dove stiamo andando meglio», spiega Aschieri. «Adattiamo
legni esotici, dandogli il valore del made in Italy». Sono moderni
falegnami, artigiani del nuovo millennio. Perché per fare un tavolo
ci vuole il legno, ma volendo si possono creare anche tante altre
cose.
“pagina 99”, 8
novembre 2014
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