24.11.16

«Aprite i libri di scuola alla storia dello sport» (Pasquale Coccia)

Intervista a Felice Fabrizio e a Sergio Giuntini
L’incontro con i due storici dello sport Sergio Giuntini e Felice Fabrizio avviene a margine di un interessante convegno nazionale svoltosi a Milano poco prima di natale, che ha avuto per titolo Fratelli sportivi d’Italia. La città e la Nazione in 150 anni di vita sociale e sportiva, snobbato dalla grande stampa sportiva. Entrambi gli studiosi fanno parte della Società italiana di Storia dello sport e con loro c’era anche John Foot, professore di Storia contemporanea preso il Dipartimento di italiano dello University College di Londra, autore dell’ormai classico Calcio. 1898-2010. Storia dello sport che ha fatto l’Italia (Rizzoli). Nel suo intervento al convegno, Foot si è meravigliato che in Italia la storia insegnata a scuola non faccia alcun riferimento alla storia dello sport. Un’affermazione che fa il pari con quella dello scrittore uruguayano Eduardo Galeano, che anni fa commentando il massacro dei guerriglieri Tupac Amaru, uccisi dopo aver tenuto in ostaggio 72 persone nell’ambasciata giapponese di Lima, disse: «È uno scandalo che i libri di storia non parlino di calcio. Non succede nulla in America Latina che non abbia un rapporto diretto o indiretto con questo sport. La carneficina perpetrata da Fujimori (allora presidente del Perù, ndr) a Lima è avvenuta mentre sequestratori e prigionieri giocavano a calcio e Nestor Cerpa Cartolini, il capo del commando, è morto indossando la maglietta dell’Allianca Lima» (e già che ci siamo ci sembra doveroso ricordare come Oscar Washington Tabarez, l’allenatore-filosofo dell’Uruguay che l’anno scorso ha vinto la Coppa America, prima di sedersi in panchina fosse stato un maestro di scuola elementare a Montevideo).
Con Giuntini e Fabrizio parliamo allora del perché in Italia lo sport resti relegato alle due ore settimanali di educazione fisica e non riesca a trovare posto nei libri di storia come mezzo per sollecitare la curiosità degli studenti.

È possibile insegnare la storia dello sport a scuola?
Giuntini. «Non solo è possibile ma sarebbe necessario. Lo sport costituisce una parte integrante del vissuto delle giovani generazioni, che dimostrano una grande sensibilità verso le tematiche sportive».
Fabrizio. «Condivido pienamente. In quanto fenomeno culturale, lo sport fa parte a pieno titolo della storia. Ignorarlo significa non tenere conto dell’impatto che esso ha avuto e continua ad avere sulla vita quotidiana di milioni di persone, in particolare degli adolescenti».

In che modo la storia dello sport potrebbe suscitare l’interesse degli studenti?
G. «Partirei dalle conoscenze di tipo diretto già possedute dagli studenti: la pratica dello sport e il tifo. Si potrebbe ricostruire la storia delle discipline e la dimensione comunitaria del tifo come partecipazione collettiva ad eventi pubblici di grande significato simbolico. Un aspetto molto presente nelle diverse epoche della storia della civiltà umana».
F. «Aggiungerei altri due spunti: l’accostamento alla dimensione mitica degli eroi eponimi e l’impatto che le pratiche sportive hanno prodotto nel tempo sulle realtà locali in quanto elementi identitari».

L’insegnamento della storia dello sport darebbe una dimensione più culturale all’educazione fisica, visto che da quest’anno come prevede una circolare del Miur gli studenti avranno in pagella anche il voto orale oltre a quello pratico?
G. «L'educazione fisica ha bisogno di riaffermare la sua dimensione culturale. E un approccio storico si presta molto bene a questo tipo di valorizzazione».
F. «Perché questo si realizzi compiutamente è tuttavia necessario avviare e proseguire una prassi di collaborazione tra docenti delle diverse discipline che conferisca a ciascuno pari dignità».

Quali argomenti si dovrebbero affrontare alle scuole medie per interessare i ragazzi alla storia dello sport e con quali strumenti?
G. «I supporti multimediali sono indispensabili per suscitare l’interesse degli studenti. Proporrei dei metodi affabulatori che fanno leva anche sulla dimensione mitologica dello sport, le biografie dei grandi campioni come Coppi e Bartali, ma anche quelle più irriverenti da Maradona a Balotelli. È un pretesto per tracciare degli excursus più ampi della storia sociale dello sport nelle diverse epoche».
F. «Nella mia quasi trentennale esperienza di insegnamento nelle scuole medie inferiori della provincia e della periferia di Milano ho sperimentato con successo anche altre modalità: le biografie individuali e societarie, l’indagine statistica sulla presenza e sulla distribuzione nel territorio delle discipline sportive, la riflessione critica e autocritica a partire da testi scritti e audiovisivi».

Chi dovrebbe insegnare storia dello sport alle medie e alle superiori, il docente di educazione fisica, di storia e filosofia o di lettere?
G. Alle medie si potrebbe fare un lavoro interdisciplinare tra il docente di lettere e quello di educazione fisica, ma si potrebbe allargare anche a una più ampia interdisciplinarità. Alle superiori tra l’insegnante di storia e filosofia e quello di educazione fisica. Se le lezioni di storia dello sport sono concordate in tandem fanno più presa sugli studenti».
F. «Concordo in pieno. Nella mia esperienza, ho trovato spesso piena disponibilità anche da parte degli insegnanti di inglese».

Se il ministro dell’Istruzione vi chiedesse di stilare un programma di storia dello sport da quali argomenti iniziereste e con quali finireste?
G. «L’Età greco-romana è un punto di partenza imprescindibile; l’Età comunale con il municipalismo che si manifesta in molte forme di rivalità anche «sportiva»; l’Umanesimo e il Rinascimento per la riscoperta della corporeità; l’Illuminismo per le idee pedagogiche che aprono ad una educazione naturale e ludica; infine tutto il Novecento e in particolare l'età dei totalitarismi: lo sport fascista, nazista, comunista».
F. «Aggiungerei una sintetica rievocazione del contributo spirituale e materiale che le attività motorie hanno offerto al Risorgimento italiano».

Quali sono gli avvenimenti più importanti del ‘900, che uno studente delle superiori dovrebbe conoscere?
G. «Le Olimpiadi del 1896 e la figura complessa e per alcuni aspetti contraddittoria del barone De Coubertin. I trionfi azzurri ai mondiali di calcio del 1934 e del 1938 e l’utilizzo propagandistico che ne fece il regime fascista. Hitler, Goebbels e le Olimpiadi di Berlino del 1936. Le Olimpiadi della contestazione a Città del Messico 1968, con il pugno chiuso di Tommy Smith e John Carlos sul podio dei 200 metri. Lo sport durante la Guerra Fredda con i due grandi boicottaggi olimpici del 1980 a Mosca e del 1984 a Los Angeles. Infine il doping di stato nell’ex Germania dell’est».
F. «Gli argomenti fondamentali sono proprio questi. Si potrebbero integrare con un excursus sulle tappe e sulle modalità attraverso le quali lo sport moderno si insedia nell’Italia liberale».

Vi è ostilità da parte del mondo accademico verso la storia dello sport e gli storici dello sport? Siete considerati di serie B, rispetto alla Storia ufficiale?
G. «Non più, oggi finalmente i pregiudizi sempre superati. Nelle facoltà di Lettere, Storia, Legge, Sociologia, Economia, Scienza delle comunicazioni vengono assegnate numerose tesi con tema sportivo. E lo stesso vale per i dottorati di ricerca ».
F. «E’ del tutto vero. Persiste però una certa qual diffidenza da parte di un mondo accademico diviso in chiesuole, ciascuna delle quali coltiva il proprio orticello, verso l’outsider che viene a rompere le uova nel paniere. E condivido pienamente lo stupore di John Foot che si chiedeva come fosse ancora possibile in Italia ignorare la dimensione sportiva nella elaborazione di qualsiasi saggio storico che pretenda di occuparsi delle vicende economiche, sociali, politiche e culturali del nostro paese».

Perché sui quotidiani non compaiono quasi mai pagine di storia dello sport, che potrebbero suscitare l’interesse degli studenti?
G. «In questi anni si è avuto uno scadimento generale del giornalismo sportivo nei principali quotidiani d'opinione e soprattutto nei tre quotidiani sportivi. Gianni Brera, purtroppo, non sembra trovare successori. La storia dello sport è sparita dai giornali, perché è scomparsa progressivamente la cultura sportiva. Assistiamo a un generale impoverimento dei contenuti, che ruotano esclusivamente intorno al calcio».
F. «Aggiungo la pigrizia degli addetti ai lavori e le scelte editoriali che privilegiano la cronaca e la polemica faziosa a scapito del resoconto tecnico e della riflessione».

I programmi televisivi e radiofonici, che trattano gli avvenimenti storici sportivi sono migliorati rispetto al passato? In che cosa? Potete indicare alcuni di questi programmi?
G. «Negli ultimi anni si è avuto un miglioramento sia della tv che della radio, partendo dal presupposto che per me le telerisse alla Biscardi e le radio tifose non fanno testo. Credo che le migliori trasmissioni siano Sfide e Dribbling per quel che riguarda la tv e Zona Cesarini per la radio. Sky talvolta è capace di approfondimenti che meriterebbero uno spazio e un’attenzione maggiore».
F. «Questi programmi sono purtroppo isole felici che galleggiano in un oceano sconsolante. L’egemonia culturale della destra nel settore specifico del giornalismo sportivo radiofonico e televisivo ha purtroppo lasciato tracce profonde».

Scheda
I due storici intervistati
Classe 1956, membro del Consiglio Direttivo della «Società italiana di Storia dello Sport», Sergio Giuntini è autore di svariati saggi storici sullo sport. Tra i suoi volumi più interessanti ricordiamo Lo sport e la Grande Guerra (2001), Dorando Pietri, dalla via Emilia al West (2004), Due secoli di Arena e grande atletica a Milano (2007), Compagni di squadra. Racconti non solo di sport (2006), Pugni chiusi e cerchi olimpici. Il lungo '68 dello sport italiano (Odradek, 2008, con Maria Canella); Sport e fascismo (Franco Angeli, 2009); L'Olimpiade dimezzata. Storia e politica del boicottaggio nello sport (Sedizioni, 2009); Pape Milan Aleppe. Il Milan è un linguaggio di poeti e di prosatori (Sedizioni, 2011); Sport e stile. 150 anni d'immagine al femminile (Skira, 2011, con Maria Canella e Marco Turinetto); I calciatori delle palestre. Football e società ginnastiche in Italia (Bradipolibri, 2011).
Tra i pionieri nel campo della storia dello sport, Felice Fabrizio è autore di due importanti lavori che hanno inaugurato questo filone di studi in Italia: Sport e fascismo. La politica sportiva del regime 1924-1936 (Guaraldi 1976) e Storia dello sport in Italia. Dalle società all’associazionismo
di massa (Guaraldi, 1977). Tra i suoi testi meritano menzione anche Lo Sport nasce a… 1883-1940 un secolo di sport a Torino legato alla mostra «Sport uomo-Torino 80», Alle origini del movimento sportivo cattolico (Sedizioni 2009) e Fuoco di bellezza. La formazione del sistema sportivo italiano 1861-1914 (Sedizioni 2011).


il manifesto sabato 7 gennaio 2012

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