Giovanni Grevenbroch, Nobili veneziani al caffé (1754) |
Ho letto un piccolo
saggio ai tavolini di un bar. Accanto a me, un turista raccontava
alla sua amica una situazione singolare. È stato ospite in casa di
un'estranea, e si è trovato a farle da segretario sentimentale: lui
non c’entrava niente, ma si è sentito spontaneamente in dovere di
incastrarle per bene gli appuntamenti, di «coprirla» con delle
scuse parlando al telefono con una folla di spasimanti. A un altro
tavolino quattro pensionati veneziani commentavano una bega per il
parcheggio delle barche in un canale, si scaldavano contro i
privilegi del posto-barca.
André Morellet |
L'arte di conversare
(trad. di Valeria Gianolio e Marco di Castri, il Melangolo) è un
breve scritto di André Morellet, enciclopedista amico di Diderot e
d'Holbach. Si tratta di un commento a dieci paginette di Jonathan
Swift, Note per un saggio sulla conversazione, riportato in
appendice. Per Morellet la conversazione perfeziona la società: ha
fondato addirittura i concetti di vizio, virtù, dovere, ecc.,
raffinando la mera soddisfazione dei bisogni primari. Ed è anche la
situazione dove i pochi lettori di trattati diffondono nuove teorie
presso i non-lettori pigri.
Ampliando le argomentazioni di Switt,
Morellet elenca undici errori che rovinano la conversazione fra gli
uomini: 1) la disattenzione; 2)
l'abitudine di interrompere e parlare più di uno alla volta; 3)
l'ansia di dar prova di spirito; 4) il parlare troppo di sé; 5) il
dispotismo nel dirigere il filo del discorso; 6) la pedanteria; 7) la
mancanza di coerenza; 8) la tendenza alla battuta di spirito; 9) lo
spirito di contraddizione; 10) gli attacchi personali; 11) sottrarsi
alla conversazione generale per continuare a parlare in due o tre.
Davvero a qualcuno di voi
è capitato di partecipare a una conversazione fra dodici, venti
persone? Il Settecento è preistoria fossile? Abbiamo delegato tutto
ai salotti televisivi?
Qualche aforisma sulle
chiacchiere fruttuose. Michel de Montaigne: «Mi piace, fra
galantuomini, che ci si esprima coraggiosamente, che le parole vadano
dove va il pensiero. Bisogna irrobustire il nostro udito e indurirlo
contro la dolcezza del suono cerimonioso delle parole». George
Cristoph Lichtenberg: «Non bisogna mai giudicare un uomo da quello
che ha scritto ma da quello che dice in compagnia di uomini a lui
pari». Jean Baudrillard: «Due situazioni interessanti: quando il
pensiero va più veloce della lingua, quando la lingua va più veloce
del pensiero. Il peggio, è quando il pensiero e il linguaggio vanno
di pari passo: lì comincia la noia».
“alias – il
manifesto”, 7 agosto 1999
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