20.11.16

Profilo di Rosa Luxemburg (Luise Kautsky)

Luise Kautsky nacque Ronsperger a Vienna nel 1864 da una famiglia ebraica. Fu traduttrice e curatrice delle opere di Karl Marx, esponente del movimento operaio tedesco e del partito socialista, moglie e stretta collaboratrice di Karl Kautsky. Costui, il “rinnegato” di un famoso opuscolo di Lenin, prima della Grande Guerra, era stato a lungo dirigente di primissimo piano nel Partito socialista tedesco e prestigioso teorico dell'Internazionale socialista, “faro” di riferimento dello stesso Lenin e di tutta l'ala marxista dell'Internazionale nella polemica contro il “revisionismo di Bernstein.
Il brano che segue, rievocazione della figura eccezionale di Rosa e della grande amicizia con la famiglia è tratto dalla prefazione delle Lettere ai Kautsky pubblicate per la prima volta nel 1921. Rosa Luxemburg, di cui qui si rievoca la forte personalità, era morta da due anni: ai Kautsky era stata a lungo legata da amicizia e familiarità, mai poi – già prima dello scoppio della Prima Guerra mondiale – si era scontrata con Karl in dure polemiche, teoriche e politiche, che la guerra e la Rivoluzione russa ulteriormente inasprirono. (S.L.L.)
Rosa Luxemburg e Luise Kautsky
Ella era un temperamento di poeta, che attingeva ad una sorgente inestinguibile. Secondo la sua espressione, era sempre «come se avessimo bevuto dello champagne e la vita frizzava in noi fino alla punta delle dita».
Così i nostri rapporti di amicizia si strinsero sempre di più e per noi tutti, non ultimi i ragazzi, Rosa divenne ben presto l'amica indispensabile, che doveva prender parte a tutto ciò che riguardava la nostra casa, nel bene e nel male. Le sere domenicali, quando si radunava intorno a noi un circolo di amici fidati, ella non mancava mai, e scherzosamente si era definita da sé «il supplemento domenicale della "Neue Zeit"».
Si univa a noi volentieri e senza farsi pregare, quando ci recavamo a cena da Bebel, il che avveniva abbastanza spesso; non si sentiva impacciata a comparire talvolta in abito da casa, anche quando supponeva di trovarvi raccolta una più grande compagnia. Così ella portò con predilezione per anni un vestito da mattina in velluto verde oliva, che le avevo regalato per il suo compleanno, e dal quale non voleva separarsi, cosicché in seguito ad ogni occasione festiva dovetti continuare a regalarle sempre della medesima stoffa.
Con Bebel ebbe sempre rapporti amichevoli, e le piaceva molto stuzzicarlo. Al congresso di Lubecca per esempio, nel quale fu particolarmente esuberante e piena di temperamento, un mattino nell'albergo gli pose in uno stivale dinanzi alla sua porta un biglietto anonimo con le parole «Augusto, ti amo!». Egli contraccambiava la sua simpatia, e si divertiva della sua fresca vena scherzosa e della sua prontezza alla risposta. Quando talvolta ella aveva esagerato ed era stata troppo aspra ed aggressiva contro qualche autorità riconosciuta del partito, cosicché i vecchi compagni si scandalizzavano della sua impertinenza, Bebel osservava sorridendo con indulgenza: «Lasciatemi in pace Rosa: abbiamo bisogno di un simile luccio nello stagno delle carpe!».
Quando mio marito ed io nella primavera del 1900 ci recammo a Parigi, dove Kautsky prese visione in casa di Lafargue delle carte lasciate da Marx, Rosa fece da mamma ai nostri ragazzi e sorvegliò i loro compiti scolastici. In questa occasione però, secondo i resoconti di ambe le parti, le cose si devono essere svolte in modo alquanto burrascoso, le due matricole Felix e Karl devono essere riusciti a mettere in fuga l'intemerata combattente: un raro trionfo!
Ricorderò qui un simpatico episodio, che mi rivelò un tratto gentile ed umano della sua natura: Rosa in quel tempo era legata molto strettamente col benemerito scrittore del partito ed allora redattore della «Leipziger Volkszeitung», l'intelligente Bruno Schonlank, padre del nostro poeta. Un giorno ella ci sorprese invitandoci ad una cena con lui nel suo appartamento, che aveva allora presso una certa signora Klara Neufeld, una signora molto rispettabile, e da noi tutti molto stimata, in via Wieland, a Friedenau. L'invito era così solenne, che io mi vestii a festa, in onore di Rosa, nonostante che la madre di Karl dichiarasse: «Che mai, devi proprio fare tante storie per Rosa?». Ma il mio intuito era giusto. Quando ci aperse la porta, e mi esaminò con una rapida occhiata critica, vedendo la mia toeletta, mi gettò le braccia al collo, esclamando con profonda gratitudine e commozione: « La ringrazio di avermi preso sul serio! ».
La serata trascorse animata ed armoniosa: Rosa era una graziosissima padroncina di casa, che prendeva i suoi doveri di ospite con molta serietà, ma nello stesso tempo dominava la conversazione con scherzi e battute.
Un po' alla volta portò nella nostra cerchia tutti i suoi amici, che vivevano allora a Berlino: Adolf Warszawski, Julian Marchlewski erano tra i nostri ospiti abituali, e quando a volte compariva come una meteora Leo Tyszko (Jogiches), potevamo salutare in casa nostra anche quel riservato cospiratore.
Con lui ella aveva dei rapporti del tutto speciali; tuttavia non ho mai osato parlarne con lei. Forse nulla ha cementato tanto la nostra amicizia, quanto il fatto che io non facevo mai domande, ma la lasciavo fare senza indagare sul suo andare e venire o sui suoi sentimenti. Perché, nonostante tutta la sua vivacità, comunicativa ed apparente candore, ella era in realtà un temperamento chiuso, preferendo vivere interamente la sua vita per sé e non amando essere molestata da curiosità importune. Si circondava volentieri di un fitto velo di segretezza, che doveva proteggerla dagli sguardi indiscreti, e un tantino di romanticismo di cospiratrice le era indispensabile e serviva a rendere la sua vita non del tutto piatta e «piccolo-borghese». Quanto più desiderava, e addirittura pretendeva, di conoscere tutti i sentimenti e le avventure dei suoi amici, sui quali del resto sapeva tacere con discrezione assoluta e scrupolosa, tanto meno le era dato di aprirsi senza riserve. Posso ricordare soltanto singoli momenti, nei quali la vidi in preda a gravi conflitti psichici o sentimentali. Allora ella poteva sedere a lungo con me, mano nella mano, cercando visibilmente le parole per comunicarmi la sua pena. Ma per lo più non andava al di là di qualche parola dolorosa, di qualche frase spezzata. Quindi, alzando le spalle sconsolatamente, diceva: «Non posso...», appoggiava il capo sulla mia spalla e taceva. In quei casi ella aveva bisogno soltanto di una tacita comprensione e di una tenera compartecipazione al suo dolore. Una stretta di mano, una lieve carezza bastavano a farla ridiventare serena, a riportarla al normale equilibrio.
Più di dieci anni durarono in questo modo i nostri rapporti e la nostra amicizia si consolidò sempre di più. 
Già fin dal 1906 si era manifestata di tanto in tanto una certa tensione tra Kautsky e lei, perché la prima rivoluzione russa aveva lasciato in Rosa un'impressione così profonda, che ella voleva trasferirne i metodi in Germania, e in ciò si trovava in contrasto con Kautsky; ma questo veniva sempre superato dalla grande amicizia personale. Nel 1910 però si venne a un'aperta scissione tra i due, quando Rosa tentò di dare alla lotta per il diritto di voto in Prussia una direttiva che a suo modo di vedere doveva portare alla rivoluzione, e secondo Kautsky alla sconfìtta definitiva. Rosa ed i suoi amici si aspettavano che allo scoppio di una guerra il proletariato rispondesse con la rivoluzione. Kautsky invece aveva richiamato l'attenzione sul fatto che il proletariato, troppo debole per evitare lo scoppio della guerra, non sarebbe stato nemmeno abbastanza forte da rispondere al governo con un'insurrezione. È noto il terribile effetto che ebbe su Rosa il fallimento delle sue aspettative, ed è pure noto come lei ed i suoi amici ne dessero la colpa principale a Kautsky, perché aveva avuto ragione nelle sue previsioni. [...]


In Per conoscere Rosa Luxemburg (a cura di Lelio Basso), Oscar Mondadori, 1976

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