6.2.10

L'articolo della domenica.Il cuore di Wojtila. Processo breve, grandi affari, restaurazione neotridentina.

Papa Wojtila, già malato, lasciando la natia Polonia dopo l’ultima visita nel 2002, disse: “Lascio qui il mio cuore”. Si trovava nel santuario di Kalwaria, che lo aveva accolto infante con la sua famiglia.

Pare che in Vaticano progettino di mandarlo davvero lì il cuore imbalsamato del defunto pontefice, non appena concluso un processo di beatificazione straordinariamente breve. Ne dà notizia don Filippo Di Giacomo, wojtiliano e wojtilista doc, a lungo commentatore degli atti papali per “La Stampa”, da qualche mese passato a “l’Unità”. Parla di una domenica di ottobre e anticipa che in quella occasione dovrebbe essere consegnato all’arcivescovo di Cracovia un reliquiario contenente il sacro muscolo. L’atto verrebbe giustificato con l’antica tradizione polacca di riportare in patria il cuore dei grandi esuli.

Di Giacomo si pone una domanda, se il cuore per il reliquario cracoviense sarà estratto dal cadavere conservato in San Pietro o è già stato preso al momento della morte di Giovanni Paolo II. Il vaticanista sembra propendere per questa seconda ipotesi e fa balenare il sospetto che la morte non sia avvenuta, come si disse, alle 21,37 del 2 aprile del 2005, ma qualche tempo prima visto che alle 22 il corpo di Wojtila era già stato composto nella sua cappella privata? Non vorrei riaprire vecchie e, tutto sommato, inutili polemiche, ma l’impressione mia di allora fu che già da mesi, se non da anni, e non soltanto nelle ultime ore, il carisma del papa polacco fosse mediaticamente strumentalizzatoo dalla Curia. Ritengo assai probabile che tutto si sia svolto secondo una precisa programmazione e con una accurata regia. E’ perciò incredibile che già allora si fosse decisa la spedizione del cuore in Polonia. Don Di Giacomo, in ogni caso, spara a zero contro i “dilettanti allo sbaraglio” cui sarebbe stata lasciata in mano la beatificazione di Wojtyla, che a suo dire non dovrebbe “essere portato sugli altari da bacchettoni di professione”.

Del suo papato e della sua figura il neo-acquisto de “l’Unità” pensa e scrive tutto il bene possibile e immaginabile; perciò chiede in alto un sostegno allo scopo di “difendere il primato della sua avventura umana e cristiana su ogni possibile, e più o meno bene intenzionata, interpretazione baciapilesca”. Non credo che le sue speranze possano trovare realizzazione. L’“operazione cuore” dà l’avvio ad un business colossale e probabilmente duraturo e perfettamente s’inquadra nella strisciante restaurazione anticonciliare e neotridentina in cui sembra impegnato il nuovo pastore tedesco. Un rinnovato (e feticistico) culto delle reliquie potrebbe dare rappresentare la chiave del progetto.

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