20.2.10

Il marito industriale e il marito artista (da "L'arte di prender marito" di Paolo Mantegazza)

Paolo Mantegazza (Monza,1831 – San Terenzo, 1910) è figura significativa della cultura borghese e milanese del secondo Ottocento italiano. Figlio di Laura Solera, patriota, amica personale di Garibaldi, protofemminista, fondatrice di scuole professionali e laiche istituzioni di assistenza, ne ereditò lo spirito progressista e l’impegno civico. Fu, a sua volta, medico, antropologo darwiniano, viaggiatore, esploratore, etnografo ed ancor più organizzatore e divulgatore di cultura. Per qualche tempo fu deputato e a lungo senatore del Regno. I repertori di citazioni riportano una sua splendida battuta sul Parlamento ("Il più alto laboratorio di forze disperse. Qui abbiamo la più alta perfezione di un meccanismo al rovescio, dove cioè quasi tutte le forze si trasformano in attriti"). Scrisse moltissimo, di molte cose e in molte forme: trattati scientifici, relazioni su viaggi ed esperienze di ricerca, almanacchi popolari, manuali, racconti, romanzi. Il libro da cui riprendiamo qui due paginette, L’arte di prender marito edito da Treves nel 1894, non è un libro che consigli alle giovani borghesi i maneggi per trovare un “buon partito” ed accasarsi al meglio. Dopo una premessa narrativa, un racconto che ha come protagonista la men che ventenne Emma, alle prese con i primi corteggiatori, il volume espone i consigli di un padre borghese alla figlia nella scelta del marito adatto ed i principi di una sorta di “diplomazia matrimoniale”. Con il gusto positivista della classificazione Mantegazza distingue i potenziali mariti prima secondo i “caratteri”, poi secondo le professioni. E’ molto particolare l’approccio: nel consigliare mariti di una professione piuttosto che di un’altra non si lascia guidare dalle gerarchie del sangue o del reddito, ma dall’esperienza (ed anche, immagino, dalle simpatie e antipatie personali). E’ piuttosto esigente il Mantegazza, fino al punto di andare contro corrente rispetto al suo tempo che non vedeva di buon occhio le zitelle: “Figlia mia, meglio rimaner ragazza per tutta la vita che maritarsi male". Le pagine che seguono sono dedicate a industriali e artisti. Ho trovato assai divertenti anche quelle su avvocati e politici.

Il marito industriale

In una gerarchia che mi son fatto io stesso per mio uso e consumo, ma che non ha rapporto alcuno coi responsi della consulta araldica né col famoso decreto Menabrea, che metteva i professori in ottava linea, io metto l’industriale molto al di sopra del negoziante e anche del banchiere.

Il negoziante compra e vende, l’industriale produce.

Il negoziante prende da una mano e mette nell’altra, cercando che in questo passaggio una parte (la più grossa possibile) rimanga nella sua. L’industriale è un creatore: plasma la materia e le dà nuova forma, adopera le mani sue, quelle dei suoi operai, quelle delle macchine, e quando riesce a far cose nuove o a far meglio e più presto d’un altro una cosa vecchia arricchisce sé e il suo paese.

Dio volesse che tu sposassi un industriale!

Ma nel nostro paese ne abbiamo tanto pochi, che sarà assai difficile che tu lo trovi e che sia degno di te e a modo mio.

L’industriale deve essere un alleato dei suoi operai, non un parassita del lavoro altrui: deve essere il loro amico, non il loro tiranno.

Ogni giorno, ogni ora del giorno deve ricordarsi che il gran problema dell’associazione del capitale e del lavoro non è punto risolto, e che sono gli industriali i primi, che devono concorrere a una soluzione equa e pronta.

E tu, figliuola mia, se avrai per marito un industriale, devi persuaderlo ch’egli deve essere socialista, se non vuol vivere di rapina e andar incontro ai pericoli di una rivoluzione sociale. Non aspettino i capi delle officine che i parlamenti risolvano il problema sociale. Lo risolvano essi per primi.

Applichino la mezzadria al lavoro delle loro fabbriche, come già in Toscana e in altri paesi fu sapientemente e umanamente applicata a quell’altra industria che è l’agricoltura!

Il marito artista

A meno che il marito non sia un uomo di genio o abbia un cuore di angelo, non sposarlo mai.

Se è mediocre, è lo spostato degli spostati. Colla testa in alto per cercar sempre un bello ideale che gli sfugge, inciampa coi piedi nella miseria che avvilisce, nell’invidia che tortura l’anima, nella displicenza cronica, che corrode i germi della vita.

L’artista accusa tutti fuorché sé stesso della sua impotenza. Ama il bello come gli eunuchi aman le donne e cerca la gloria per le vie di traverso dell’impressionismo, del pointillé, dove la gloria non ha mai messo il piede. Si lamenta come un genio incompreso, senz’essere genio, e divien cattivo come uno che fosse in una volta sola punto e perseguitato da tutte le mosche, da tutte le pulci, da tutte le zanzare che pullulano in questo nostro mondo planetario.

Ed egli porta a casa tutti questi parassiti che lo mordono, che lo pungono per ogni lato, e fa pungere da essi anche la moglie, anche gli amici e tutti quelli che lo circondano.

Vive lamentandosi ogni giorno e ogni ora dell’ingiustizia degli uomini, che non lo intendono, dei signori che non gli comprano gli aborti della sua tavolozza malata e dei suoi scalpelli spuntati. Maledice Raffaello e chiama barocco Michelangelo e si mette accanto a galileo condannato dall’Inquisizione e a Colombo deriso dai monaci di Spagna. Se parla di altri artisti più fortunati, li copre della bava avvelenata della sua invidia rappresa, dei suoi rancori isterici:

E’ un infelice cattivo, è un aborto che si permette di vivere e che concentra tutta la sua vita in un lamento o in una maledizione.

Anche l’artista di genio, anche l’artista incoronato con l’aureola della gloria, è un marito pericoloso. e se tu sei gelosa non devi sposarlo.

Sua prima amante è l’arte e ti mette sempre al di sotto di essa. Egli è anche poligamo per natura e per elezione difficilmente può amare una donna sola e circondarla di tutte le tenerezze quotidiane , che sono necessarie a lei come il pane, come l’aria che si respira.

Pensa alle modelle, che deve veder nude dinanzi a sé nel segreto del suo studio, pensa alle belle signore, che tanto facilmente si innamorano di lui e ch’egli deve ammirar tanto da vicino; così spesso, così intimamente.

Tu sei bella e tu sei giovane, ma sei una donna sola, e non puoi avere tutte le bellezze, delle quali egli ha bisogno per appagare le sete insaziabile estetica, che lo divora e lo consuma.

Se io fossi nato artista, non avrei avuto per moglie e per amante che l’arte; e sarei morto vergine o almeno casto come il Canova o come Michelangelo.

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