15.2.10

Per una storia della pastasciutta. L'arrivo del pomodoro e la forchetta a 4 punte (Vincenzo Buonassisi)


Arrivarono dagli altipiani del Messico e del Perù nel XVI secolo, poco più grandi di bacche. Ci volle tempo per acclimatarli e, ancora per un lungo periodo vennero considerati col timore che fossero causa invisibile di terribili malattie. Finalmente a Napoli nel XVII secolo, forse per il bel colore rosso e per il sapore brillante, trovarono la nuova patria, e così avvenne il trionfale incontro con la pasta e con gli spaghetti.
Fino allora i napoletani, pur conoscendo i vermicelli e i maccheroni, consideravano come loro piatto nazionale la "minestra maritata", a base di foglie di cavolo cotte con i ritagli, o addirittura con gli avanzi di carne (questo cibo di povera gente, adottato poi dai ricchi in una versione più elaborata, si chiamava pignato grasso).
E' Benedetto Croce in persona che ci illumina su questo punto, in una sua opera intitolata Il tipo del napoletano nella commedia del Cinquecento. Egli parla di un soldato siciliano e di un nobile napoletano, rivali in amore, che si scambiano battute sarcastiche e minacciose. Cola Francesco, il napoletano, dice al siciliano: "Oh, tu stai lloco; a chi pienzi parlare - sicilianello - con qualche pezzente pari tuo? Va, va, mangiamaccheroni"; e l'altro, di nome Fiaccavento, risponde: "Doh, chi sia uccisu chi t'impannazzau - curnutu - ah? manciu ieu li maccaruni? - tu mangiafogghia, tu napulitanu - ma, per diriti megghiu calavrisi-Iuda, imprenasumari (impregnasomare)". Di qui si desume che i napoletani del tempo davano del maccaroni ai siciliani, come i parigini, qualche secolo dopo avrebbero fatto con loro; e che i maccheroni, allora, non erano d'uso comune, almeno a Napoli.
L'introduzione del pomodoro nella cucina italiana portò grandi novià, facendo dimenticare tanti accordi di dolce-salato e di agrodolce di un tempo. Nacquero gli spaghetti c'a pommarola 'ncoppa e da allora Napoli ne è stata l'indiscussa capitale. Esiste tutto un folclore settecentesco sul tema, come le stampe dei lazzaroni che mangiano spaghetti con le mani per la strada. La fortuna della pastasciutta nel mondo, pur essendo oggetto di commenti tutt'altro che benigni, fu ed è in continua ascesa. Ma prima di lasciare Napoli, un solo ricordo, ancora. Fu per mangiare gli spaghetti ai pranzi di corte che un ciambellano borbonico, Gennaro Spadaccini, inventò la forchetta a quattro punte, quella che conosciamo e usiamo oggi. Il re Ferdinando II era stanco di pranzi senza pastasciutta quando aveva ospiti ambasciatori e personaggi importanti. Il ciambellano si difendeva dicendo che non si potevano imporre certe usanze plebee ai forestieri, come quella di mangiare con le mani. D'altra parte le forchette del tempo, a tre punte molto lunghe, non andavano bene per la pasta ed erano pericolose per il palato. Venne il giorno, tuttavia, in cui il re fece delle minacce serie. Di fronte al pericolo di un licenziamento, Spadaccini ebbe finalmente l'idea luminosa: una forchetta a quattro punte, sensibilmente accorciate. La pastasciutta fu servita nei pranzi di corte con soddisfazione generale, e quel tipo di forchetta è poi diventata d'uso comune, ovunque.

Da Vincenzo Buonassisi Il Codice della Pasta.1001 ricette per preparare spaghetti, maccheroni, gnocchi, tagliatelle, tortellini, Rizzoli 1973

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