1.
Il paese del sale, il mio paese
che frana - sale e nebbia -
dall'altipiano a una valle di crete;
così povero che basta un venditore
d'abiti smessi - ridono appesi alle corde
i colori delle vesti femminili -
a far festa, o la tenda bianca
del venditore di torrone.
Il sale sulla piaga, queste pietre
bianche che s'ammucchiano
lungo i binari - il viaggiatore
alza gli occhi dal giornale, chiede
il nome del paese - e poi in lunghi convogli e
scendono alle navi di Porto Empedocle;
il sale della terra - “e se il sale
diventa insipido
come gli si renderà il sapore?”
(E se diventa morte,
pianto di donne nere nelle strade,
fame negli occhi dei bambini?).
2.
Questo è il freddo che i vecchi
dicono s’infila dentro le corna del bue;
che svena il bronzo delle campane,
le fa opache nel suono come brocche di creta.
C’è la neve sui monti di Cammarata,
a salutare questa neve lontana
c’erano un tempo festose cantilene.
I bambini poveri si raccolgono silenziosi
sui gradini della scuola, aspettano
che la porta si apra: fitti e intirizziti
come passeri, addentano il pane nero,
mordono appena la sarda iridata
di sale e squame. Altri bambini
stanno un po’ in disparte, chiusi
nel bozzolo caldo delle sciarpe.
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