Un altro articolo dal “manifesto” sulla compagna Camila da un giornalista specializzato in cose dell’America Latina. E’ del febbraio scorso. Le ultimissime nuove dicono che il movimento studentesco cileno, proprio in questi dì, prepara novità. (S.L.L.)
Camila Vallejo è giovane, tosta, comunista e per di più anche bella. Il che non guasta. Ma se le controparti politiche - prima quelle scolastiche poi su su fino ai vari ministri dell'educazione saltati e al presidente Piñera - credevano di trovarsi di fronte una bellimbusta tutta apparenza e niente sostanza hanno dovuto ricredersi. E' vero che la sua irruzione rapidissima, prima in Cile poi nel mondo, nel cielo delle star le ha procurato una sovraesposizione mediatica, tale che il londinese Guardian, in un suo profilo, è arrivato a chiamarla «la comandante Camila» e a definirla come il fenomeno politico-mediatico più impattante dai tempi ormai lontani del «sub-comandante Marcos».
Ma la forza di Camila non sta solo nel suo piacevole aspetto. E' la forza di una leader studentesca che ha saputo interpretare e guidare lo scontento, la rabbia, la frustrazione, la rivolta delle masse studentesche ridotte a merce dal sistema educativo oscenamente (ma scientificamente) classista messo in piedi da Pinochet e mai toccato nei 20 anni di governi post-pinochettisti a guida democristiana e socialista. Inutile quindi gettare tutta la croce su Piñera, anche se gli va dato... il merito che essendo il primo esponente della destra tornato al potere dal 1990, la sua presenza alla Moneda ha rotto quella patina di pigrizia, di rassegnazione, di paura forse inconscia che aveva frenato e un po' spento il Cile democratico con i suoi governi di centro-sinistra.
E va dato atto agli studenti - e qui torna fuori il ruolo di Camila Vallejo come loro leader più visibile e carsimatico - di essere stati la miccia che ha fatto saltare il tappo. Per tutto l'anno passato il movimento degli studenti liceali e universitari è stato l'avanguardia della società cilena, interpretandone le pulsioni politiche (ma non solo) rimaste sopite e seppellite per troppo tempo sotto la coltre del Cile «paese modello», del Cile «paese dell'ordine e della moderazione». Una coltre che nascondeva una realtà ben altra e ben più prosaica. Una realtà che le lotte degli studenti e l'emergere di una leadership studenteschi politicizzata hanno - finalmente - rotto, dando loro una funzione di risveglio e trascinamento di altri strati sociali che il neo-liberismo pinochettista e, purtroppo, anche post-pinochettista, si erano lasciati indietro come ineluttabile prezzo da pagare agli eclatanti risultati della «crescita economica».
Gli studenti come interpreti di una sorta di volontà generale o prevalente. Tanto che dopo quasi un anno di lotte e occupazioni, di marce e di scontri, nell'«ordinatissimo» Cile il 70% dell'opinione pubblica è con loro. Confidando che la primavera cilena sia solo l'inizio.
il manifesto 15 febbraio 2012
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