9.9.12

Los Alamos, 1945. Scienziati dalla parte della morte (di Leonardo Sciascia)

Oppenheimer
La struttura organizzativa del «Manhattan Project» e il luogo in cui fu realizzato per noi si sfaccettano in immagini di segregazione e di schiavitù, in analogia ai campi di annientamento hitleriani. Quando si maneggia, anche se destinata ad altri, la morte - come la si maneggiava a Los Alamos - si è dalla parte della morte e nella morte. A Los Alamos si è insomma ricreato quello appunto che si credeva di combattere. Il rapporto tra il generale Groves, amministratore con pieni poteri del «Manhattan Project», e il fisico Oppenheimer, direttore dei laboratori atomici, è stato di fatto il rapporto che frequentemente si istituiva nei campi nazisti tra qualcuno dei prigionieri e i comandanti. Per questi prigionieri, il «collaborazionismo» era un modo diverso di esser vittime, rispetto alle altre vittime. Per gli aguzzini, un modo diverso di essere aguzzini. Oppenheimer è infatti uscito da Los Alamos annientato quanto un prigioniero «collaborazionista» dal campo di sterminio di Hitler. Il suo dramma - che non ci commuove affatto, a cui soltanto riconosciamo un valore di parabola, di lezione, di ammonizione per gli altri uomini di scienza - è propriamente il dramma, vissuto a livello individuale, soggettivo, di un nefasto «collaborazionismo» che molte migliaia di persone hanno vissuto (nel senso che ne sono morte) oggettivamente, in quanto ne sono stati oggetto, bersaglio. E speriamo che altre e più vaste vendemmie di morte non vengano da questo, non ancora infranto, «collaborazionismo».

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