Sono note le disavventure postume di Honoré Gabriel Riqueti, conte di Mirabeau, al tempo della grande Rivoluzione francese. Giornalista liberale e oratore antiaristocratico tra i più energici, fu seppellito al Panteon in pompa magna da presidente dell'Assemblea Nazionale nel 1791. Ma quando, circa tre anni dopo, furono documentate le sue relazioni con Luigi XVI e Maria Antonietta fu disseppellito e le sue ceneri – a quanto pare – vennero disperse nelle grandi fogne di Parigi. Sono abbastanza conosciute anche la sua bruttezza, le sue intriganti storie d’amore, le sue disavventure giudiziarie. Incarcerato a Vincennes, nello stesso periodo di un altro celebre libertino, quel marchese De Sade che poi fu detto “divino”, non fu da costui amato e non lo amò, tanto che l’uno usava per l’altro una grande abbondanza di insulti e di irriferibili accuse. Di questa comune abitudine lasciarono entrambi testimonianza scritta.
Il brutto Mirabeau praticò il libertinaggio non solo nella vita, ma anche nelle lettere. Ci lasciò tra l’altro un Erotika biblion, stampato per la prima volta clandestinamente nel 1783 con l’indicazione Rome, Imprimerie du Vatican e molto ammirato da Guillaume Apollinaire. Con ironia, gusto della finzione, giochi di specchi, straniamenti, contaminazioni, l’autore cita e rilegge passi biblici, li collega con altre tradizioni, crea o ri-crea situazioni eccitanti, alla maniera di Voltaire e nella nitida lingua dei seguaci di Cartesio. Mi capitò di leggere quel libro quand’ero liceale: me lo imprestò Antonio Cupani. Me lo son comprato tra i primi – credo – quando Guanda lo ripubblicò nel 1983, tradotto da Fernando Bruno. Anche se non è un capolavoro, l’ho trovato sempre divertente oltre che dissacrante. Probabilmente i passi che più ho apprezzato nella maturità non sono quelli che m’attraevano a sedici anni, cioè le accurate e seduttive descrizioni di questa o quella attività, ma i brani più raziocinanti e argomentativi. Qui riprendo la conclusione del capitolo dedicato alla masturbazione del maschio (o onanismo) e intitolato Thalaba, parola che allude a quella pratica. (S.L.L.)
Il brutto Mirabeau praticò il libertinaggio non solo nella vita, ma anche nelle lettere. Ci lasciò tra l’altro un Erotika biblion, stampato per la prima volta clandestinamente nel 1783 con l’indicazione Rome, Imprimerie du Vatican e molto ammirato da Guillaume Apollinaire. Con ironia, gusto della finzione, giochi di specchi, straniamenti, contaminazioni, l’autore cita e rilegge passi biblici, li collega con altre tradizioni, crea o ri-crea situazioni eccitanti, alla maniera di Voltaire e nella nitida lingua dei seguaci di Cartesio. Mi capitò di leggere quel libro quand’ero liceale: me lo imprestò Antonio Cupani. Me lo son comprato tra i primi – credo – quando Guanda lo ripubblicò nel 1983, tradotto da Fernando Bruno. Anche se non è un capolavoro, l’ho trovato sempre divertente oltre che dissacrante. Probabilmente i passi che più ho apprezzato nella maturità non sono quelli che m’attraevano a sedici anni, cioè le accurate e seduttive descrizioni di questa o quella attività, ma i brani più raziocinanti e argomentativi. Qui riprendo la conclusione del capitolo dedicato alla masturbazione del maschio (o onanismo) e intitolato Thalaba, parola che allude a quella pratica. (S.L.L.)
P.S. Sull’argomento cfr.anche
http://salvatoreloleggio.blogspot.it/2010/04/per-il-centenario-di-mark-twain-quel.html )
http://salvatoreloleggio.blogspot.it/2010/04/per-il-centenario-di-mark-twain-quel.html )
È male ciò che nuoce: ecco il principio comune a ogni morale, e forse l'unico possibile principio. L'adulterio è assai più vicino alla natura di quanto non lo sia l'onanismo, e tuttavia vi vediamo un male assai peggiore.
L'onanismo è forse pericoloso per i giovani, poiché incide sulla loro salute, ma può perfino dimostrarsi utile da un punto di vista morale; e la perdita di qualche goccia di sperma non è poi in sé un gran male, come non lo è la perdita di un po' di letame da cui avrebbe potuto nascere un cavolo. Parrebbe anzi che la stessa natura ne destini una gran parte alla dispersione.
Se da ogni ghianda nascesse una quercia, finiremmo per vivere in una foresta da cui non ci potremmo più districare.
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