La fulminea labilità dell'umana esistenza e l'incombere non esorcizzabile della morte costituiscono, dall'età augustea (compresa) in poi, il leit-motiv persistente della letteratura latina.
Abbiamo detto di Livio. Ma non da meno, sia pure con diverse sfumature poetiche, sono Virgilio e Orazio, gli elegiaci, e con decisione Lucano, Seneca, Petronio, poi Tacito, Giovenale, Marziale, Svetonio. In quasi tutte le loro opere, sia pure ad alti valori estetici, aleggia un profondo sentimento di dissoluzione e di morte.
Lo spartiacque fra le due «fasi» è netto. La figura che le divide ma anche le salda e le riassume, è Cesare, con la sua geniale vitalità, ma anche con la sua stanchezza e malinconia, e forse la nausea del potere che lo guida incontro a una prevedibile morte.
Da Vita sesso morte nella letteratura latina, Il Saggiatore, 1987
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