13.9.12

Una sera del '38 (di Franco Fortini)

Franco Fortini
Ai miei tempi, viale Milton a Firenze era una strada tranquilla che da un lato dava sul Mugnone e dall'altro era di case volte verso nord, alla Calvana e a Fiesole. C'era (non so se ci sia ancora) un edificio di studi per artisti, di grandi vetrate, che si giovava appunto di quella luce favorevole. Ricordo quegli studi, al crepuscolo, per giovanili convegni. Sulle grandi scale mi occorse, qualche volta, di veder scendere le chiome di Arrigo Levasti, studioso di mistica e traduttore di Tomaso da Kempis, un libro nella destra portato all'altezza della spalla, come si conveniva ad un pensoso che - poi l'ho inteso - ereditava dall'età del «Leonardo», della serie «Cultura dell'anima» di Carabba e di certo esoterismo fiorentino degli anni Venti.
Una sera, direi del 1938, fui invitato in casa di una musicista ebrea finlandese, una soprano che con una anziana madre viveva nell'appartamento a pianterreno di una di quelle casette. Quella signorina S., forse sulla trentina, era di assai piacevole aspetto. Me ne accorgevo. Avevo, credo, poco più di vent'anni. Non ricordo chi mi avesse invitato a unirmi alla compagnia, che era di poche persone. C'era Montale. Cantò un'aria d'opera accompagnato, mi sembra, al piano; e naturalmente ironizzando su se stesso. Quando venne il momento di congedarsi, uno dei presenti passò a Montale, che stava uscendo, incartato in una copia del «Corriere della Sera» (ma non senza prima averlo fatto vedere) un opuscolo con i colori della NRF, di formato, se ben rammento, più grande del normale: Avertissement à l'Europe, di Thomas Mann.
Non molti anni dopo, ripensando l'episodio, giudicavo male, con giovanile supponenza, quella gente che si concedeva un brivido di clandestinità passandosi, ben occultato, il moderatissimo libretto di uno scrittore tanto grande quanto conservatore. I tre nomi - Europa, Mann, Montale - mi tornavano spesso in mente, simbolo di un antifascismo liberale che facevo fatica a non detestare. Non so ancora se avessi proprio avuto torto.

da L'ospite ingrato. Primo e secondo, Marietti, 1985

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