27.1.13

L'indagine di Ingroia e il ricordo di Rostagno (Chiara Pazzaglia)

Il numero del 13 settembre 2008 di “alias”, il magazine de “il manifesto”, dedica una sezione al ricordo del 68. Una doppia pagina, con varie firme e approcci, rievoca Mauro Rostagno, la sua vita, la sua lotta, la sua morte. Non casualmente. Era recentissima la notizia che il magistrato Antonio Ingroia era riuscito a sottrarre il processo all’archiviazione. Una perizia balistica (che al tempo giusto nessuno aveva ritenuto utile) aveva ricondotto a Cosa Nostra l’arma del delitto, la stessa di altri omicidi di mafia e, grazie ad essa, si erano ritrovati indizi e prove sufficienti a individuare killer e mandanti. L’articolo, dell’ottima Chiara Pazzaglia, esprime la sorpresa e la gioia per la notizia e coglie l’occasione per rievocare i momenti più significativi della vita di Rostagno, bella e ricca. Sempre da “alias”. In un post qui appresso si potrà trovare un più recente articolo della giornalista (ottobre 2012) che dà conto del processo.
http://salvatoreloleggio.blogspot.it/2013/01/il-processo-per-lassassinio-di-mauro.html
Giova dire che la coppia di articoli giova a smentire efficacemente il tentativo strumentale di fare del magistrato Ingroia, oggi impegnato in politica, un pm ideologizzato e forcaiolo, costruttore di teoremi. Tra i tanti concreti meriti del magistrato antimafia, l’elettorato di sinistra non dovrebbe dimenticare la capacità da lui mostrata di smontare i depistaggi che intorno a Rostagno si imbastirono all’interno degli apparati dello Stato. Depistaggi analoghi riguardarono l’assassinio di un altro “sessantottino” comunista, che di Rostagno fu amico: Peppino Impastato. (S.L.L.)  
Mauro Rostagno negli anni 70
Crack! Si è rotto qualcosa. Mauro Rostagno. Un libro di ricordi degli ultimi 10 anni, di sogni dei 10 anni a venire, oppure l'inverso. A piacere. (Musolini editore, Torino, 1979).
Il libro con il titolo arancione urlato a caratteri cubitali, l'ho trovato in vendita sulla bancarella del mercato delle pulci, a Messina. Solo pochi centesimi, una storia di 30 anni fa, una lettera dal passato: «Questo è il primo libro che scrivo colle mie manine. Ho picchiato sui tasti fino a rompere la macchina, l'ho rotta e adesso sono soddisfatto».
Proprio in questi giorni la lunga lotta attraverso e contro le istituzioni di Mauro Rostagno, giunge a una meta importante. Tra i leader del '68 in Italia, fondatore storico di Lotta Continua, sociologo, scrit¬tore, giornalista, Mauro Rostagno celebra i 40 anni del '68 con una vittoria, il processo per i mandanti e gli esecutori del suo omicidio.
Mauro Rostagno è stato ucciso a Lenzi, nella provincia di Trapani, il 26 settembre 1988. A 20 anni dalla sua morte, ci sarà il processo e alcuni esponenti di Cosa Nostra saranno chiamati in giudizio per il suo omicidio.
L'inchiesta, dopo anni di indagini, rischiava di concludersi con un'archiviazione, ma l'impegno di Antonio Ingroia, sostituto procuratore di Palermo, ha portato a una svolta conclusiva. Il magistrato lavorava da 10 anni al delitto Rostagno e allo scadere dell'ultima proroga concessa ha acquisito le perizie che sembrano poter dimostrare una firma mafiosa sul delitto: individuati i possibili mandanti, esecutori e moventi del delitto, tra pochi mesi gli assassini di Mauro Rostagno saranno chiamati a difendersi di fronte alla corte d'Assise di Trapani. L'accusa punta il dito contro Vincenzo Virga e il suo gruppo di killer, l'agguato sarebbe stato ordinato da Salvatore Rima.
Questo potrebbe essere un modo inedito per ricordare i 40 anni del '68, di cui Rostagno fu uno dei protagonisti, soprattutto se l'anniversario coincide con il ventennale di un brutale omicidio. Mauro Rostagno, vocazione rivoluzionaria libertaria, costringe la memoria a un esercizio di continuità tra passato e presente. A volte ripensare il '68 può assomigliare alla vivisezione di un cadavere, la vicenda di Mauro Rostagno, invece, si compie ai presente, a sorpresa, come un'onda che squarcia l'attualità.
Crack! si è rotto qualcosa.
Il nome di Rostagno non figura nelle enciclopedie biografiche: «A dieci anni dal sessantotto se ti tocca di far qualcosa, e sei un ex-leader del medesimo, e per giunta sociologo, ex-docente universitario, ex-segretario di un partitino extraparlamentare, ex Macondo, disoccupato senza una lira e in mezzo ad una strada, a dieci anni dal '68 puoi fare solo un libro 'serio'. Questo non è un libro 'serio'».
Nel '68 Rostagno sarà anche stato l'uomo dell'anno, ma in questi mesi di ri-edizione, di ri-discussione, ri-pensamenti e nuovi pentimenti, il nome di Mauro Rostagno non è saltato fuori.
Perché i filmati che ha realizzato per la tv trapanese, e per i quali a dire di molti ha trovato la morte, sono invisibili, e i suoi libri è più facile trovarli su una bancarella dell'usato che in una biblioteca? «Leader del '68» può sembrare così fatta una formula che sottrae l'uomo e la sua storia alla memoria rinchiudendolo nelle figure del mito.
A 18 anni Mauro Rostagno, figlio di operai della Fiat di Torino, aveva cominciato a fare politica e lavorava nel sindacato Fiom. La maturazione del suo pensiero politico si compie a Trento, nella neonata facoltà di Sociologia. Il movimento studentesco antiautoritario, di cui fanno parte anche Mar¬co Boato, Renato Curdo, Mara Ca-gol, Marianella Pirzio Biroli è il contesto al cui interno emergono le idee di lotta che saranno il filo conduttore del percorso politico e umano di Mauro Rostagno.
«Non vogliamo un posto nella società, vogliamo costruire una società in cui valga la pena trovare un posto» era uno degli slogan dell'università di Trento. I primi passi del Movimento Studentesco Antiautoritario cominciano nel confronto aperto con la stessa istituzione accademica: gli studenti mettono in discussione il ruolo delle università nella società italiana e in particolare a Trento la definizione stessa della figura del Sociologo. Il Movimento rifiuta la visione accademica del sociologo come burocrate d'azienda, dedito alle statistiche, al lavoro dietro la scrivania propongono invece la figura di u operatore sociale, di cui rivendicano il ruolo di intervento nelle realtà e nelle società di cui si occupa. Gli studenti di Sociologia escono fuori dai confini dell'Università, cercano il confronto con i cittadini di Trento, si occupano dei problemi delle classi lavoratrici, con le quali si misurano, in particolare con gli operai. La dimensione del movimento è trans-nazionale, si collega ai movimenti nati in altre università italiane, ai colleghi del maggio francese e al movimento in Germania. In questi anni Rostagno vive la politica con un coinvolgimento totale: lavora all'interno del movimento a tempo pieno. Il movimento è un collettivo aperto, reagisce agli avvenimenti, e Rostagno vi si dedica aderendo al suo ruolo di leader con ironia. Nel 1970 Rostagno si laurea in Sociologia con una tesi di gruppo su «Rapporto tra partiti, sindacati e movimenti di massa in Germania».
Dopo Trento, Rostagno è tra i fondatori di Lotta Contìnua, il movimento nasce secondo i suoi ideatori, come un'organizzazione capace di portare avanti le proposte del movimento studentesco. Mauro Rostagno è tra i fondatori, insieme ad Adriano Sofri, Guido Viale, Marco Boato, Giorgio Pietrostefani e Paolo Brogi e, come segretario di Lc, si reca a Palermo. In poco tempo è tra gli organizzatori degli scioperi per il diritto alla casa, sta in piazza insieme ai senzatetto. Rostagno incarna la figura del sociologo per la quale si era battuto a Trento e i suoi metodi di lavoro trovano eco in un intellettuale che a sua volta lavorava a Palermo, Danilo Dolci. Come per Dolci, per Rostagno, la Sicilia e i suoi problemi sono un laboratorio, un campo nel quale l'intellettuale, sociologo, scrittore, giornalista, deve immergersi e lavorare: istituire il dialogo con vari gruppi sociali, lavorando con loro affinché emergano i nodi sociali e politici; le persone potranno in questo modo sviluppare una consapevolezza, un proprio pensiero e maturare la capacità di prendere la parola e parlare. Le realtà possono cambiare.
L'esperienza di Lotta Contìnua segna anche un momento di rottura nel percorso politico di Rostagno. Il lavoro sul territorio lo appassiona ma vive con difficoltà l'istituzionalizzazione del movimento, non accetta il ruolo di militante per mestiere. Si ritrova sempre fuori dai limiti consentiti, non si sente a suo agio nella parte. Matura la convinzione che il processo di istituzionalizzazione del movimento sia fallimentare, una modalità di azione troppo simile al sistema che si vuole cambiare, che nel farsi schema perde di vista la realtà delle cose.
Rostagno denuncia l'impossibilità di autocritica e di cambiamento all'interno di Lotta Contìnua, la rigidità e i limiti dell'istituzione e si sente sempre più oppresso dallo schema di lotta in cui si trova a far parte. L'esperienza si chiude nel '76: la carriera di militante Rostagno la rifiuta, insieme alla carriera accademica (una collaborazione di 4 anni da precario a 200.000 lire al mese).
Come alternativa al progetto di istituzionalizzare il movimento, Rostagno elabora un'invenzione.
Macondo è a Milano, è uno spazio da occupare e da inventare, l'intento è lavorare collettivamente per le proprie idee, elaborarle e praticarle. A Macondo, i 10 anni del '68 diventano «la grande svendita per fallimento del '68 (...) con materiale e reperti dell'epoca, sia oggetti morti, sia soggetti viventi, sia morti viventi non si sa più se soggetti o oggetti». Dopo varie incursioni della polizia, il locale chiude.
La fine di Macondo è un momento di disillusione e disincanto rispetto alla possibilità di far aderire la politica alla vita e di portare avanti collettivamente le idee. Rostagno parte per l'India, e questa volta è solo. Sarà un periodo di tempo in cui Rostagno mette a fuoco il proprio pensiero. Meditazioni, esercizi spirituali, sono vissuti come una pratica intellettuale, non come una ricetta new age o una religione. Rostagno rifiuta un'altra carriera, quella di pubblicitario, per diffondere la filosofia del suo guru nel mondo e rientra in Italia.
Siamo agli inizi degli anni Ottanta, nel frattempo molte cose sono cambiate e molti si sono dimenticati di lui. Quella che opera, è ancora una volta una scelta d'azione.
Crack! Si è rotto qualcosa.
Sceglie nuovamente la Sicilia, sceglie una delle province più remote della Sicilia, un territorio dove la mafia regna nel silenzio di tutto e tutti. A Lenzi, in provincia di Trapani, Rostagno fonda Saman, all'inizio una comunità di incontro, che in poco tempo diventa una comunità per il recupero di tossicodipendenti. Rostagno vi porta tutte le esperienze che ha maturato: intuisce l'enorme controllo sociale esercitato attraverso l'eroina e fonda una comunità laica dove le persone imparano a liberarsi della droga e ad avere nuovamente rispetto di sé attraverso lo stare insieme, la pratica del dialogo e le meditazioni che Rostagno ha appreso in India. L'attività di Rostagno si dispiega a tutto campo sul territorio.
La formula è sempre la stessa: stare in mezzo alle realtà, cercare di comprendere, discutere, studiare. Insieme ad alcuni ragazzi ospiti della Comunità, comincia a collaborare con una rete televisiva locale, Rete Tele Cine, Rtc. Rostagno e i suoi usano la telecamera per guardare il mondo che li circonda, per studiarlo, decifrarlo e raccontarlo.
Enrico Deaglio su “Diario” racconta: «Ogni giorno Rostagno fa il 'giro della mondezza' con i cumuli di rifiuti che non vengono raccolti. Dà notizia delle attività dei Comuni, delle denunce dei cittadini, delle inchieste giudiziarie. Fa interviste per strada, mandandole in onda integralmente, chiedendo alle persone di raccontare le proprie opinioni su temi vari, l'infedeltà coniugale per esempio. Segue le inchieste della magistratura e ne da notizia, intervista i magistrati impegnati. Se c'è un processo di cui non si vuole parlare, cerca di documentare tutto quello che succede».
L'occhio di Rostagno è vigile, costante e alla tv denuncia i traffici di mafia che riguardano la droga, spiegando i meccanismi e facendo il nome dei politici locali coinvolti. La sua è una presenza attiva sul territorio. Le persone iniziano ad apprezzarlo e parlano con lui. Intere scolaresche vanno alla sede di Rtc e i bambini vogliono conoscere «Mauro», la polizia chiede le sue documentazioni filmate per andare avanti nelle indagini in corso. Finalmente c'è qualcuno che parla e che facendo parlare invita le persone a pensare, a riflettere, a intervenire: una sfida per il potere mafioso, un servizio per lo Stato.
Eppure, Mauro Rostagno è solo. Le sue inchieste non trovano posto nelle tv nazionali, e nessuno, tanto meno lo Stato, si cura del lavoro che sta svolgendo. Un mese prima del suo omicidio gli giunge una lettera: si tratta della domanda di comparizione per il processo Calabresi. Rostagno parla alla televisione di Rtc e dice che quando tornerà racconterà tutto il contenuto del suo interrogatorio col giudice.
Peccato, non c'è stato il tempo. La sera del 26 Settembre, Mauro Rostagno viene ucciso in un agguato sulla strada che faceva tutti i giorni dalla televisione alla comunità Saman, per tornare a casa dal lavoro. C'è chi ha avuto il tempo di sottrarre i filmati che Rostagno aveva realizzato. Compreso uno degli ultimi: Rostagno era andato a parlare con Giovanni Falcone e aveva ricontattato alcuni esponenti del Pci nazionale. Secondo alcuni testimoni, che avrebbero visto il filmato prima che fosse rubato, Rostagno aveva documentato un aereo dell'aviazione militare italiana mentre, fermo in una pista in disuso dell'aeroporto militare di Kinisia a Marsala, venivano scaricati medicinali e caricate armi. L'aereo era diretto in Somalia.
C'è stato tutto il tempo per depistare le indagini e per scegliere il silenzio. Un silenzio grande, complice della dimenticanza. Cancellare il suo lavoro per cancellare la sua identità: una memoria che ci è stata sottratta, una parte del '68 che rimane ben nascosta.
Il sostituto procuratore Ingroia ha però ripreso i fili del discorso, ed è una grande occasione. Ha ripercorso tutte le attività e gli incontri di Mauro Rostagno negli ultimi tempi prima che fosse ucciso. La «prova decisiva» sta in una perizia balistica affidata alla polizia scientifica: alcuni proiettili esplosi nei delitti di mafia della provincia di Trapani presentano le stesse tracce riscontrate sulle pallottole che hanno ucciso Mauro Rostagno.
Crack! Si è rotto qualcosa.Qualcosa come un silenzio, un vuoto di memoria.

“alias”, 13 settembre 2008

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