17.1.13

Sofia Loren. I primi passi di una tigre (di Giandomenico Curi)

Da un dossier di “Repubblica” sulla comparsa di Cinecittà negli anni 50 recupero questo delizioso ritrattino dell'attrice da giovane. Lo consiglio. (S.L.L.)
La Loren, insieme a Mastroianni, è forse il caso più clamoroso di grandi del cinema italiano usciti fuori, miracolosamente, dalle masse dei generici e delle comparse di Cinecittà. Ecco più o meno com'è andata.
A 16 anni Sofia si presentò a Cinecittà insieme alla madre, donna Romilda. Le aveva spedite a Roma un famoso capogruppo di Napoli, Mario Abbussi, che ancora oggi ha un ufficio all'hotel Excelsior. Sofia aveva appena vinto un concorso di bellezza a Pozzuoli, dove era stata eletta «ancella della regina del mare», e con questo biglietto da visita, più la raccomandazione di Abbussi, va a trovare Guidarino Guidi che allora (siamo intorno al 1949) si occupava del cast del Quo Vadis?. Avevano assolutamente bisogno di lavorare perché non avevano una lira in tasca. Lei era bellissima, «bellissima e volgare», come adesso. Un vitino stretto, una gonna larga e una magliettina due misure più piccola che sprizzava seno e sesso dappertutto, e tutti si giravano continuamente a guardarla, compresi gli americani della produzione di solito serissimi. Guidarino scrittura madre e figlia e per farle guadagnare di più le fa lavorare nelle scene di notte (tutta la lunga sequenza dell'incendio di Roma), ma Sofia non era contenta. «Perché di notte...? — chiedeva — Di notte non mi vedono bene».
E Guidarino a spiegarle che di notte si guadagnava di più, perché c'era l'indennità notturna, 36 mila lire invece delle solite 20 mila lire. E poi quando si girava lei stava sempre in prima fila, si faceva largo a gomitate tra le comparse tirandosi dietro mammà. E di nuovo Guidarino Guidi doveva fermarla: «Stai un po’ indietro perché se ti si vede troppo non ti posso utilizzare per la scena successiva». E lei pronta: «Ma come...?! Il regista mi deve vedere». E stava là, le mani sui fianchi, scema come una bicicletta; talmente era fatta per il cinema. Ma era così bella che alla fine lo stesso regista del Quo Vadis?, Melvin Leroy, la notò e volle farle un provino per una particina in Eunice. Solo che il film doveva essere girato in inglese e lei non parlava nemmeno italiano. Solo una battutina doveva dire : «What a mailer, Petronius?», che in bocca a lei diventava puntualmente «uazza mare petroniùs?». E così la parte finì a Marina Berti.
Comunque con quella apparizione nel Quo Vadis? la Loren aveva lasciato un segno grosso negli studi di Cinecittà. E tutti si ricordavano di questa ragazza stupenda e incredibile, aggressiva, sicura, che si difendeva come poteva da tutti gli assalti al suo «corpo», che parlava un napoletano stonato e che nelle dediche scriveva «sincerità» con due t. E infatti, dopo il Quo Vadis?, troverà subito da fare un'altra particina nel film di Zampa, E’ più facile che un cammello, sempre nel '49. Fu Mauro Bolognini, che allora era aiuto regista di Zampa, a portarla sul set per farle interpretare la figlia di Jean Gabin in una scena molto breve che si svolgeva in un night, e che purtroppo nell'edizione finale fu tagliata. E così via tante altre apparizioni e figurazioni, barcamenandosi con abilità tra intellettuali e maestranze, fino a che a ventidue anni incontrò Ponti, e allora, per lei, divenne tutto più facile.

“la Repubblica”, 4 luglio 1981

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