13.1.13

Don Giovanni e il dottor Faust (di Paola Colaiacomo)

Da un vecchio articolo sul “manifesto” dedicato a Christopher Marlowe e al suo Doctor Faustus, prima rielaborazione teatrale (di età elisabettiana) del mito medievale di Faust, riprendo l’incipit che mette a confronto l’eroe della magia e della scienza diabolica con quello della altrettanto diabolica seduzione, don Giovanni. (S.L.L.) 
 
Praga. In questa casa, secondo la tradizione, nacque
l'alchimista conosciuto come dottor Faust (o Faustus)
Se il «catalogo» di Don Giovanni ci fosse pervenuto sceneggiato, e contenesse qualcosa di meno seriale che l'ammontare delle conquiste, che la lista delle sedotte; qualcosa di meno astratto che la semplificata tipologia degli incarnati femminili con relativa «leggenda» psicologica — la gentilezza della bionda, la costanza della bruna, ha annotato Leporello — allora Don Giovanni non sarebbe condannato a stare, per l'eternità, sospeso tra due seduzioni: quella, già compiuta di Elvira, e quella, solo progettata, di Zerlina. Allora lo conosceremmo per altro che per le pause della sua attività; allora Don Giovanni sarebbe già Casanova.
Di Faust, l'eroe che divide con lui il territorio della rappresentazione medievale e cristiana — «Faust e Don Giovanni sono i titani e i giganti del Medioevo», scrisse Kirkegaard — concentrando su di sé l'espressione del «demoniaco determinato come lo spirituale» (di cui Don Giovanni sarebbe, ancora in Kirkegaard, la corrispondente determinazione sensuale) ci sono invece pervenuti tutti i libri: Volksbuch, Hwtoria, Faustbuch; il volume delle gesta dell'eroe cresce avvolgendosi su se stesso. Di lì, dal dettagliato catalogo, dovrebbe scaturire il mythos tragico: perché, a differenza di Don Giovanni, Faust non può stare in sospeso; se di qualcosa è l'eroe, lo è del risultato, dell'esecuzione immediata. Progetto e realizzazione in lui si toccano, e il tempo intermedio ne resta bruciato; laddove Don Giovanni vive del calcolo e del profitto e dell'usura sul tempo. Goethe, il cui Faust è dall'inizio «gran seduttore», ricongiunse le due facce del personaggio, e aprì alla figura bifronte, nata da questa operazione di ricucitura, lo spazio tragico, precisamente attraverso la valorizzazione del suo operare mondano: che comincia dalla seduzione di Margherita.

“il manifesto” 7 marzo 1981

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