Sandra Mantovani è morta
il primo ottobre a Milano. Oltre che una straordinaria cantante e
studiosa del mondo popolare, Sandra ha rappresentato un momento
importante della cultura di sinistra degli anni Sessanta-Ottanta.
Nata a Milano nel 1928,
esordì nel 1962 in Milanin Milanon, spettacolo di canzoni e poesie
milanesi con la regia di Filippo Crivelli e la partecipazione di
Milly, Tino Carraro, Enzo Jannacci e Anna Nogara. Fin dal 1962 prese
parte all’attività del Nuovo Canzoniere Italiano. Tra gli
spettacoli più importanti, Pietà l’è morta. La Resistenza
nelle canzoni, con la regia di Filippo Crivelli, Roberto Leydi e
Giovanni Pirelli; Bella ciao. Un programma di canzoni popolari
italiane di Roberto Leydi e Filippo Crivelli. Portato al Festival
dei due mondi di Spoleto nel 1964, lo spettacolo segnò il decisivo
affermarsi del gruppo su scala nazionale.
Pochi ricordano che nel
1966, nel momento in cui il Nuovo Canzoniere Italiano stava per
scindersi a causa anche del disaccordo sulla soluzione registica data
da Dario Fo a Ci ragiono e canto. Rappresentazione popolare in
due tempi su materiale originale curato da Cesare Bermani e Franco
Coggiola. Sandra Mantovani, sebbene in conflitto con quella regia,
salvò con generosità lo spettacolo sostituendo una delle
interpreti, Cati Mattea, vittima di un abbassamento di voce,
ritirandosi dallo spettacolo solo quando Mattea si ristabilì.
Dopo aver lasciato il
Nuovo Canzoniere Italiano, diede vita insieme a Bruno Pianta
(scomparso nel settembre di quest’anno) al gruppo dell’Almanacco
Popolare, cui collaborò Moni Ovadia. Tra i suoi numerosi dischi, si
segnalano E per la strada – Sandra Mantovani canta storie
dell’Italia settentrionale (I Dischi del Sole) e Servi,
baroni e uomini (VPO 8089, 1969).
Molti canti della colonna
sonora del «lungo Sessantotto» si sono diffusi grazie ai dischi che
ha inciso e gli spettacoli che lei stessa ha fatto: Il feroce
monarchico Bava, O Gorizia tu sei maledetta, La canzone
della Lega.
Convinta che il carattere
della comunicazione orale stesse nei modi esecutivi, ha studiato il
materiale politico-sociale, gli elementi costitutivi degli stili
vocali popolari, le costanti dell’emissione della voce di
particolari aree del Nord Italia.
Nelle sue ricerche, alle
registrazioni audio e sonore Mantovani affiancava l’attenta
osservazione dei cantanti popolari, cogliendone in particolare le
tensioni muscolari che permettono di impadronirsi delle peculiari
disposizioni di tutte le parti del petto, del viso e del capo
implicate in una particolare emissione vocale.
Di un canto, infatti,
voleva conoscere sia la struttura testuale che quella musicale,
quando e da chi era stato cantato, in che occasione, per che scopo,
cosa volesse comunicare, che rapporto avesse con l’area musicale da
cui proveniva. E si preoccupava anche di averne la collocazione
storico-sociale. È stata magistrale nella riesecuzione dei canti
popolari.
Tra i suoi scritti,
l’Oscar Mondadori I canti popolari italiani. 120 testi e musiche
(1973), curato assieme al marito Roberto Leydi e a Cristina Pederiva.
Negli ultimi anni di
lavoro aveva anche insegnato Tecniche di Comunicazione Orale alla
Scuola d’arte drammatica Paolo Grassi di Milano. dove è ancora
adesso ricordata con affetto dai suoi allievi.
“il manifesto”, 19
ottobre 2016
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