Da una piccola e bella
antologia di scritti che fu pubblicata nel febbraio 1968 da
Feltrinelli riprendo questo testo di denuncia che il comunista Ho Chi
Minh (1890-1969) scrisse per una rivista anticolonialista francese
che circolava soprattutto fra gli immigrati afroasiatici in Francia.
(S.L.L.)
ALCUNI
FATTI CHE I TESTI DI STORIA NON MENZIONANO.
Se il linciaggio che le
orde americane infliggono ai negri è un’usanza disumana, non so
come chiamare invece gli assassinii in massa che gli europei hanno
commesso ai danni dei popoli negri e in nome della civiltà.
Dal giorno in cui gli
europei hanno messo piede sulle sue spiagge, il continente nero è
stato costantemente intriso di sangue. Qui le stragi hanno la
benedizione della Chiesa, sono legalmente sanzionate da re e
parlamenti ed eseguite coscienziosamente da schiavisti di tutti i
calibri, dai mercanti di schiavi di ieri agli amministratori
coloniali d’oggi.
Religione
Fu per diffondere le
benedizioni della Cristianità che, verso il 1442, i cavalieri del
cattolicissimo re di Spagna approdarono alle spiagge dell’Africa.
Il loro apostolato iniziò con i massacri e, “alla fine,” come
dice il loro libro di viaggio, “il nostro Signore, che ricompensa
gli atti di bontà e le imprese compiute per la sua maggiore gloria,
ha ottenuto per i Suoi fedeli servitori la vittoria sui Suoi nemici.
Ha voluto che la nostra opera fosse coronata dal successo, ci ha
ricompensato delle spese che abbiamo sostenute e, grazie a Lui,
abbiamo catturato 165 uomini, donne e bambini, senza contare il gran
numero di morti e di feriti”.
Questi pii conquistatori
istituirono una tradizione. La lista delle proprietà confiscate ai
Gesuiti in Brasile, nel 1768, include, tra le varie croci della
salvezza e altri oggetti religiosi, ferri per marcare gli schiavi.
Per un lungo periodo, le
associazioni inglesi “Per la Divulgazione della Cristianità”
trassero i mezzi per la missione dal mercato degli schiavi.
Il 12 febbraio 1835, la
Chiesa Indipendente della Parrocchia della Chiesa di Cristo (Sud
Carolina) annunciò sul giornale locale la vendita di “un gruppo di
dieci schiavi abituati a coltivare cotone.” Quanti fatti di questo
genere possono essere menzionati!
Le Chiese dell’America
del Nord osteggiarono più risolutamente di chiunque l’abolizione
della schiavitù.
I re
Da Carlo V a Leopoldo II,
re del Belgio, dalla virtuosa regina Elisabetta d’Inghilterra a
Napoleone, tutte le teste incoronate d’Europa presero parte al
traffico degli schiavi.
Tutti i re colonizzatori
firmarono trattati e concessero monopoli per lo sfruttamento della
carne nera.
“Il 27 agosto 1701, Sua
Cattolicissima Maestà di Spagna e Sua Cristianissima Maestà di
Erancia hanno concesso alla Compagnia Reale della Guinea il monopolio
del traffico dei negri nelle colonie d’America per dieci anni, allo
scopo di ottenere, con questo mezzo, lodevoli e reciproci benefici
per le Loro Maestà ed i loro sudditi...”
“Sua Maestà Britannica
ha assunto il compito di introdurre nell’America Spagnola 144.000
indiani di ambo i sessi e di ogni età, dietro compenso di 33 piastre
più 1/3 per persona...”
I mercanti di
schiavi
Nel 1824, una nave che
faceva il traffico degli schiavi ed aveva appena imbarcato dei negri
sulle coste dell’Africa, diretta verso le Indie Occidentali, venne
inseguita da un incrociatore. Durante l’inseguimento,
l’incrociatore superò parecchi fusti galleggianti. I suoi uomini
pensarono che la nave avesse gettato dei barili d’acqua per
aumentare la sua velocità.
Ma quando furono a bordo
della nave, udirono dei lamenti che provenivano da uno dei fusti
rimasti sul ponte. Dentro si trovavano due negre quasi in stato di
asfissia. I mercanti di schiavi avevano scelto questo mezzo per
alleggerire la loro nave.
Una nave inglese salvò una nave di schiavi che stava affondando. Furono presi a bordo sia i negri che l’equipaggio. Ma quando gli inglesi si accorsero che le provvigioni scarseggiavano, decisero di sacrificare i negri. Li allinearono sul ponte e cosi, a sangue freddo, spararono loro con due cannoni.
Una nave inglese salvò una nave di schiavi che stava affondando. Furono presi a bordo sia i negri che l’equipaggio. Ma quando gli inglesi si accorsero che le provvigioni scarseggiavano, decisero di sacrificare i negri. Li allinearono sul ponte e cosi, a sangue freddo, spararono loro con due cannoni.
Le condizioni degli
schiavi
I negri che venivano
arrestati erano incatenati a due a due, al collo, alle braccia e alle
gambe. Una lunga catena univa i negri in gruppi di venti o trenta.
Legati in questo modo, erano costretti a camminare fino al porto dove
avveniva l’imbarco, e dove venivano ammassati nella stiva, senza
luce o aria.
“Per la salute,”
erano costretti a ballare sotto una pioggia di sferzate una o due
volte al giorno. Spesso succedeva che, nella speranza di farsi un po’
di posto, gli uomini si strangolavano l’un l’altro e le donne
piantavano le unghie nella testa dei loro vicini. Gli ammalati,
considerati come merce danneggiata ed invendibile, erano gettati in
mare. Di regola, alla fine del viaggio, un quarto del carico umano
era perito in seguito alle malattie infettive o ad asfissia. Gli
schiavi superstiti venivano marcati e numerati con ferri roventi alla
stregua di animali e calcolati in tonnellate e in balle. Cosi la
Compagnia Portoghese della Guinea firmò nel 1700 un contratto con il
quale si impegnava a fornire 11.000 “tonnellate” di negri.
Più di quindici milioni
di negri vennero trasportati in America in queste condizioni. Circa
tre milioni morirono o furono annegati durante il viaggio. Coloro che
furono uccisi mentre opponevano resistenza o nel corso di rivolte non
sono stati registrati. Il traffico infame terminò nel 1850, dando
inizio a una nuova forma di schiavitù su più vasta scala: la
colonizzazione.
La colonizzazione
Sarebbe difficile credere
agli esempi di atrocità che stiamo per portare, se essi non fossero
provati da documenti irrefutabili e se non fossero stati narrati
dagli stessi europei.
Un commerciante francese
nel Madagascar, accorgendosi di essere stato derubato, torturò con
la corrente elettrica molti dei suoi impiegati sospettati del furto.
Si scoperse poco dopo che il denaro lo aveva preso suo figlio.
Un amministratore
coloniale costrinse una negra a rimanere un giorno intero sotto il
sole cocente con una pietra pesante e ardente posata sul capo. Poi la
fece legare e le versò della gomma liquefatta nella vagina.
Un colono, non riuscendo
a convincere i suoi due servi a lavorare per niente, montò su tutte
le furie, li legò a due pali, li cosparse di cherosene e li bruciò
vivi.
Altri coloni inserirono
cartucce di dinamite nella bocca o nell’ano di negri e li fecero
saltare in aria.
Un funzionario si vantava
di avere ucciso di propria mano 150 indigeni, di aver reciso 60 mani,
crocifisso molte donne e bambini ed appeso un gran numero di cadaveri
mutilati sui muri delle strade nei villaggi sottoposti alla sua
amministrazione. Una compagnia concessionaria causò la morte, in una
sola delle sue piantagioni, di 1.500 lavoranti indigeni.
Casi isolati,
eccezionali? No. Casi tipici. Ma citiamo ora alcuni crimini
collettivi che non possono essere attribuiti ai barbari istinti di
pochi individui, ma per i quali l’intero sistema è responsabile di
fronte alla storia.
“Nella nostra Algeria,”
narra uno scrittore francese, “ai confini del deserto, ho visto
questo: un giorno, delle truppe catturarono alcuni arabi che nort
avevano commesso altro crimine se non quello di fuggire dalla
brutalità dei loro conquistatori. Il colonnello diede ordine di
metterli immediatamente a morte senza interrogatori o processi. Ed
ecco ciò che accadde... In tutto erano trenta. Furono scavate trenta
buche nella sabbia ed essi vennero sepolti li dentro fino all’altezza
del collo, nudi e con la testa rasa esposta al sole che si trovava
allo zenith. Perché non morissero troppo in fretta, di quando in
quando versavano su di loro dell’acqua, come su dei cavoli...
Mezz’ora piu tardi, le loro palpebre erano gonfie, i loro occhi
schizzavano dalle orbite. La lingua enfiata riempiva la loro bocca
orribilmente spalancata... la pelle, sulla testa, si spaccava ed
arrostiva...”
Una tribù di Bangi non
riusci a fornire la quantità di caucciù richiesta dalla
concessione. Per costringere gli uomini della tribù a colmare il
disavanzo, vennero arrestati come ostaggi 58 donne e 10 bambini.
Questi vennero privati dell’aria, della luce, del cibo e perfino
dell’acqua. Di tanto in tanto venivano torturati. Le loro grida,
secondo i proprietari della piantagione, aiutavano a far proseguire
il lavoro più rapidamente. Dopo tre settimane di atroci sofferenze,
un gran numero di ostaggi erano morti.
Quell’anno c’era
siccità. Il raccolto era andato completamente perduto. Tutta quella
zona africana era in uno stato di desolazione. Gli abitanti si
cibavano di erbe e di radici. I vecchi morivano di fame. Tuttavia, il
governo civilizzatore reclamava le sue tasse. I poveretti lasciarono
le terre, i giardini e le loro capanne dal tetto di paglia e tutti
fino all’ultimo cercarono rifugio sulle montagne. L’amministratore
mandò truppe e Cani da caccia al loro inseguimento. I fuggitivi
furono presi in trappola in una caverna ed uccisi affumicati.
Nel 1895, gli inglesi
massacrarono 3.000 ribelli Matabélé dopo che si erano arresi.
Dal 1901 al 1906,
nell’Africa Occidentale, i tedeschi hanno ucciso non meno di 25.000
Herero.
Nel 1911, gli italiani
trasformarono per tre giorni in un macello i sobborghi di Machiya.
Furono massacrati quattromila indigeni.
Queste stragi in massa
non facevano che interpretare dei principi politici ben definiti. Si
trattava di una politica di sterminio. Al Capo, il governo rilasciò
una volta la seguente dichiarazione: “Se gli indigeni si permettono
di scivolare nella disobbedienza o nella ribellione, saranno
inflessibilmente spazzati via dal paese; altra gente prenderà il
loro posto.”
Oggi, dieci anni dopo la
guerra “per il diritto dei popoli a governarsi da soli,” spagnoli
e francesi continuano la loro avanzata sanguinosa nel Marocco sotto
gli occhi indulgenti dei pontefici della Società delle Nazioni.
La storia dell’avanzata
europea in Africa — e l’intera storia della colonizzazione — è
scritta dall’inizio alla fine nel sangue degli indigeni.
Oltre ai massacri puri e
semplici vi sono poi le opere di prestazione, l’asservimento, il
lavoro forzato, l’alcol e la sifilide a completare l’opera
distruttrice della civilizzazione. L’inevitabile conseguenza di
questo mostruoso sistema è l’estinzione delle razze negre.
È dolorosamente
interessante confrontare questi fatti con alcune cifre. Si noterà
che il rapido arricchimento di alcuni colonizzatori corrisponde
esattamente al non meno rapido spopolamento delle regioni sfruttate.
Dal 1783 al 1793 la Compagnia di Liverpool ricavò dal traffico degli
schiavi un guadagno di 1.117.700 sterline. Durante lo stesso periodo,
la popolazione delle zone percorse da quella compagnia perse 304.000
abitanti. In nove anni, il re Leopoldo II ricavò dallo sfruttamento
del Congo 3.179.120 sterline. Nel 1908, la popolazione del Congo
Belga era di 20 milioni di abitanti. Questi erano 8.500.000 nel 1911.
Nel Congo Francese, tribù di 40.000 uomini scesero a 20.000 in due
anni; altre tribù scomparvero completamente.
Nel 1894, gli ottentotti
ammontavano a 20.000. Sette anni di colonizzazione li ridussero a
9.700.
da “La Correspondance
Internationale” n.69, 1924
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