Una immensa distesa 
di vigne, ondata solo 
da emergenti alberelli qua e là. 
E, qua e là, la macchia rosso-bruna 
d’un tetto, accanto a quella 
gialliccia d’un pagliaio. 
Poi, lontano, una lunga fila d’esili 
pioppi frondosi 
contro il turchino pallido 
delle dolci colline. Il cielo è un
bianco 
fulgore, appena appena 
annebbiato d’azzurro. 
Il silenzio è spaccato dagli scoppi, 
poi solcato dai lunghi rombi tremuli 
di due campane gravi. 
Io son qui, presso la finestra della 
casa straniera che m’ha offerto
asilo, 
e guardo e ascolto 
lento passare il mattino d’estate 
su la pianura, per il cielo, e dentro 
l’anima mia. 
Guardo e ascolto... 
E sento - e mai non l’ho sentito
tanto - 
che si sperde nel nulla la mia vita, 
giorno su giorno, inesorabilmente. 
Sento che se ne va, 
che si stacca da me la giovinezza, 
che muore in me tutti i minuti un poco;
e non sarà domani 
che un pugnetto di cenere 
nel mio pacato cuore. 
Domani ti vedrò, mia giovinezza, 
com’ora vedo 
quelle lontane pallide colline 
velate dal fulgore del mattino; 
e il ricordo di te farà più triste 
la mia povera povera tristezza, 
come più muto fan questo silenzio 
gli echi delle campane 
che non cantano più.
da Umana, 1921
 
 
Nessun commento:
Posta un commento