Restif de la Bretonne |
Il Salone del libro
appena concluso con successi, frastuoni festosi e verbali fuochi
d'artificio ci fa ripensare in altra prospettiva al libro e all'atto
del leggere. Per cercarne le chiavi, per capirlo, bisogna uscire dal
rumore della festa, rifugiarsi nel silenzio. Grazie a un libro,
riusciamo anche a isolarci, a trovarci altrove, dove gli altri non ci
sono, in un altro mondo, in un altro tempo. Senza contare che un
libro ci può rendere lettori di noi stessi: «l'opera - diceva
Proust ne Il tempo ritrovato, in Alla ricerca del tempo
perduto - è solo una sorta di strumento ottico che lo scrittore
offre al lettore per consentirgli di scoprire ciò che forse, senza
il libro, non avrebbe visto in se stesso. Il riconoscimento dentro di
sé, da parte del lettore, di ciò che il libro dice, è la prova
della sua verità».
Leggere è progredire,
Restif de la Bretonne (1784 -1806) consigliava di vietare la lettura
(e la scrittura) alle donne per limitare loro l'uso del pensiero,
circoscrivendolo alle faccende di casa, I proprietari di schiavi
temevano che i neri scoprissero, nei libri, idee rivoluzionarie che
avrebbero minacciato il loro potere, i padroni delle piantagioni
impiccavano gli schiavi colpevoli di aver tentato di insegnare gli
altri a leggere, i proprietari delle haciendas messicane (ce
lo racconta Carlos Fuentes, in Un temps nouveau pour le Mexique)
accoglievano i primi maestri a coltellate, rispedendoli alla capitale
dopo averli sfregiati in viso. Nel 1981 in Cile venne proibito il Don
Quijote dalla Giunta militare: Pinochet riteneva contenesse
un'apologia della libertà individuale e un attacco contro la libertà
costituita.
Borges diceva che il vero
mestiere dei monarchi è stato quello di costruire fortificazioni e
incendiare biblioteche. La storia è difatti un elenco infinito di
roghi di libri. L'ultimo è dell'aprile 2003, quando fu saccheggiata
la Biblioteca Nazionale di Baghdad, i roghi distrussero l'Archivio
nazionale deiriraq, 10 milioni di documenti storici ottomani dal
valore incalcolabile andati in fumo, gli antichi archivi reali
dell'Iraq ridotti in cenere. Con questo incendio l'identità
culturale dell'Iraq è stata cancellata. Non si aveva memoria di un
simile saccheggio dai tempi dei Mongoli, da quando nel 1258 i
cavalieri di un discendente di Gengis Khan erano entrati a Bagdad e
avevano gettato tutti i libri nelle acque del Tigri.
Tutte storie di immani
violenze che si leggono nel libro di Fernando Baez, Storia
universale della distruzione dei libri. Dalle tavolette sumere alla
guerra in Iraq, Viella, 2007.
“La
Stampa”, 28 maggio 2011
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