Angelo Caroselli (XVII secolo), La Negromante |
In occasione del Convegno
Roma ermetica, organizzato in questi giorni presso la Facoltà
di Lettere, è stato pubblicato un piccolo volume fuori commercio,
frutto di una ricerca triennale autogestita da un gruppo di studenti
dell'Istituto di Paleografia e Diplomatica, con lo scopo di
evidenziare alcuni aspetti della cultura ermetica sviluppatasi a Roma
tra il XV ed il XVII secolo.
La scelta di Roma come
«luogo» emblematico di una cultura esoterica può a prima vista
suscitare qualche perplessità. Certo Roma è la capitale della
cristianità, un centro urbano di grande prestigio, ma di fatto
chiuso in una struttura politico-religiosa che non ammette ingerenze
laiche, lontana dai grandi traffici internazionali e soffocata dai
rigori della curia. In che modo dunque una cultura dichiaratamente
alternativa come quella ermetica si è potuta insinuare tra le mura
della città eterna?
Come hanno evidenziato i
relatori del convegno, c’è, accanto alla Roma ufficiale un’altra
Roma: misteriosa, sotterranea, oscura. La Roma delle bettole e dei
ciarlatani, delle fattucchiere e dei maghi, che respira a ridosso
delle rovine e per la quale il ricordo della Roma pagana non è una
razionale prefigurazione della fede cristiana, ma un enigma ancora
aperto da cui affiorano inquietanti frammenti, che forse, una volta
decifrati, forniranno agli uomini la chiave per capire il mondo.
Questa Roma sta dietro, o
meglio s’intreccia alla immobile Roma dell’autorità e del
decoro: Innocenzo III che perseguita Pico della Mirandola, quando sì
ammala, ricorre all’intervento di un famoso astrologo, e Urbano
VIII, severissimo censore di alchimisti, celebra riti magici insieme
a Tommaso Campanella. Regno di Cristo, ma un tempo patria degli Dei,
Roma vive la contraddizione di un passato troppo splendente per
essere dimenticato.
Ambigua, misteriosa e
contraddittoria è la stessa figura di Hermes Trismegistus, l’antico
sapiente egiziano al quale viene attribuito un «corpus» di scritti
a sfondo gnostico. La sua dottrina che si configura come fare e
sapere insieme, diventa nel corso dei secoli l’emblema di una
conoscenza che modifica la struttura delle cose, e che implica la
capacità dell’uomo d’intervenire sulla natura, trasformandola.
L’impostazione antropocentrica degli scritti ermetici, spiega il
successo e la diffusione che essi ebbero presso gli ambienti
culturali del XV secolo, e giustifica l’attenzione ad essi dedicata
da pensatori come Marsilio Ficino e Pico della Mirandola.
Il recupero
dell’ermetismo si colloca dunque alle soglie di un Rinascimento già
venato di malinconia per un’armonia perduta, lucidamente
consapevole della sua crisi, e risponde pertanto con la sua sintesi
di poesia, profezia, teologia, ai più sottili bisogni religiosi e a
quella sete di magico dominio che aveva percorso tutto il sottosuolo
della cultura medioevale.
Il mago è così angelo e
filosofo, essere irrazionale e razionale; può, liberandosi dal
carcere della carne, diventare una cosa sola con la Nous, la mente
divina, o muoversi ai confine dell’umano e cadere nella ferinità.
Diventare un mostro.
Sarà la rivoluzione
cartesiana con la separazione tra «res extensa e res cogitans», a
circoscrivere definitivamente nel XVII secolo l’ambito
dell’ermetismo. Che diventa infatti sinonimo di irrazionale,
enigmatico, poetico.
In questo senso lo
intende Tommaso Campanella per il quale «i problemi più alti e più
profondi, sfuggendo alla presa del ragionamento restano entro il velo
del mistero magico». Così la potenza dell’uomo tanto celebrata
nei versi campanelliani, si rivela in pieno solo nell’opera magica,
allo stesso modo che la vera poesia si realizza solo dopo avere
afferrato il ritmo segreto dell’universo.
Resta infine da
analizzare a quali elementi gli autori del libro abbiano affidato la
ricostruzione del clima ermetico romano tra XV e XVIII secolo.
Usando un metodo
d’indagine attento più al dato quotidiano che allo studio di casi
limite, la catalogazione coordinata da Fabio Troncarelli, ha permesso
di scoprire forse il vero volto dell’ermetismo: un ermetismo
minore, ma certo più autentico; non quindi il trattato famoso bensì
la testimonianza spesso anonima di segreti, speranze, desideri. Ne
emerge un mondo ristretto, soffocato, eppure amplificato dalla sua
stessa inquietudine.
Accanto alle parole, le
immagini. Anche in questo caso la ricerca iconografica coordinata da
Augusto Gentili e Claudia Cieri è stata rivolta allo studio di temi
diffusi e non di esperienze isolate. Così tra gli autori scelti:
Caroselli, Tassi, Castiglione, la Gentileschi, Monsù Desiderio,
tutti legati più o meno direttamente all'ambiente romano del
seicento. Uno dei temi più ricorrenti è quello della maga che si
concretizza spesso nella figura di Circe. Diverso, in ragione della
sua ambiguità, l’approccio alla cultura ermetica dei singoli
artisti. Ora la maga è una creatura livida e diabolica che appare
tra luna, teschi e fuochi, (La Strega, dipinta da Caroselli)
ora è una donna gentile e melanconica dedita alle scienze (Scena
di magia, dipinta dalla Gentileschi) ora infine è la vecchia
scarmigliata e già familiare strega delle favole (La strega
di Salvator Rosa).
il manifesto, ritaglio senza data, ma 1982
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