Nella raccolta di canti popolari milanesi e lombardi che Nanni Svampa curò sul finire degli anni Settanta del secolo scorso, La mia morosa cara (Di Carlo,1977), la sezione dei mestieri scomparsi o in via di estinzione inizia con la canzone sullo stagnino ambulante (magnan), in una versione che Svampa aveva già cantato e inciso nel settimo dei dodici volumi-LP realizzati insieme a Michele Straniero.
Eccone
il testo.
DONNE DONNE GH’E
CHÌ EL MAGNAN
Donne donne gh’è
chi ’l magnano
che 'l gh’ha voeuja
de lavora
e se gh’avi quajcoss
de fà giustà
tosann gh’è chi el
magnan
che 'l gh’ha voeuja
de lavora.
Salta foeura ona
sposotta
cont in man 'na
pignatta rotta:
E se me la giustii
propi de galantòmm
mi si ve la darla de
nascosi del mè omm.
El marito apos a
l’uscio
el gh’aveva sentito
tutto
el salta foeura cont
on tarèll in man
e pim e pum e pam su
la crapa del magnan.
El magnano el dis
nagotta
e ’l va via con la
crapa rotta
senza ciamà dottór
nè avocati
el s’è stagnàa la
crapa al post di sò pignatt
senza ciamà dottór
nè avocatt
el s’è stagnàa la
crapa al post di sò pignatt.
Nanni Svampa
fa seguire al testo un commento puntuale:
E questa una delle più vecchie canzoni che hanno per protagonista un artigiano ambulante. Il “magnano”, cioè lo stagnino, infatti girava per le strade delle città e dei paesi con le sue pentole a tracolla e lanciava il grido alle donne di casa perché gli portassero le "pignatte” rotte da aggiustare. A Milano in particolare si ricorda che spesso lo stagnino gridava: “Magnanoo!... Magna-nò!!!” per sottolineare la povertà del suo mestiere e muovere a compassione le donne. Questa, come altre canzoni autenticamente popolari ispirate ai mestieri, non parla solo del lavoro, ma, come dice Michele L. Straniero (v.) “poiché in certe situazioni si cerca quantomeno di stare allegri, ecco i temi spostarsi e allargarsi, la canzonetta farsi amorosa e frizzante”.
Ho conoscenza di un canto
popolare siciliano sullo stesso tema, che ha con l'omologo milanese
più di un punto di contatto: l'attacco, in primo luogo, il grido di
richiamo di lu stagnataru, e l'arietta frizzante di cui parla
Straniero. L'ho sentito da un gruppo cefaludese alla “Città del Mare” di Terrasini, ove ero in
vacanza con Leila e Carmela nell'estate del 1975. Chiesi
notizie agli esecutori: parlarono di una diffusione sulla costa
nord della Sicilia, da Cefalù al messinese, con proiezione verso
l'interno, le Madonie e i Nebrodi. Non ho mai
verificato la fondatezza di queste notizie né cercato in raccolte di
canti popolari siciliani il testo, che peraltro – a quanto mi risulta –
non è entrato nel tipico repertorio degli interpreti più noti.
In compenso l'ho mandato a mente e cantato in tante occasioni conviviali, da solo o insieme a mia sorella Piera,
che, oltre ad accompagnare il canto con la chitarra, ha inventato
una particolare modalità esecutiva, una progressiva accelerazione del
ritmo nelle ripetizioni del ritornello, con esiti di divertimento notevoli.
Piera, autrice di nuove canzoni siciliane, spesso in collaborazione con eccellenti poeti, esegue spesso nei suoi concerti - in omaggio a Rosa Balistreri - alcuni “pezzi” tradizionali. Il canto dello stagnataru lo fa molto di rado, solo come “fuori programma”, ma quando lo interpreta oltre a riempirlo dell'energia vocale e dell'intensità drammatica che caratterizzano la sua arte, lo profuma con un pizzico di malizia.
Piera, autrice di nuove canzoni siciliane, spesso in collaborazione con eccellenti poeti, esegue spesso nei suoi concerti - in omaggio a Rosa Balistreri - alcuni “pezzi” tradizionali. Il canto dello stagnataru lo fa molto di rado, solo come “fuori programma”, ma quando lo interpreta oltre a riempirlo dell'energia vocale e dell'intensità drammatica che caratterizzano la sua arte, lo profuma con un pizzico di malizia.
Ecco
comunque il testo, nel mio dialetto campobellese.
AFFACCIATIVI FIMMINI
BEDDHI CA C'È LU STAGNATARU
Affacciaticivi,
fimmini beddhi,
ca c'è lu stagnataru
ca stagna padeddhi!
S'affacciaiu na
signorina
vosi stagnata la so
padiddhina.
S'affacciaiu na
signorina
vosi stagnata la so
padiddhina.
Ci la stagnavu d'intra
e di fora
la padiddhina ci vinni
chiù nova.
Affacciaticivi,
fimmini beddhi,
ca c'è lu stagnataru
ca stagna padeddhi!
S'affacciaiu na “sposa
bella”
vosi stagnata la so
padeddha.
S'affacciaiu na “sposa
bella”
vosi stagnata la so
padeddha.
Ci la stagnavu d'intra
e di fora
la padeddha ci vinni
chiù nova.
Affacciaticivi,
fimmini beddhi,
ca c'è lu stagnataru
ca stagna padeddhi!
S'affacciaiu na
cammarera
vosi stagnata la
ciuculatera.
S'affacciaiu na
cammarera
vosi stagnata la
ciuculatera.
Ci la stagnavu d'intra
e di fora
la ciuculatera ci
vinni chiù nova.
Affacciaticivi,
fimmini beddhi,
ca c'è lu stagnataru
ca stagna padeddhi!
S'affacciaiu na
vicchiazza
vosi stagnata la so
padiddhazza.
S'affacciaiu na
vicchiazza
vosi stagnata la so
padiddhazza.
Ci la stagnavu d'intra
e di fora
la padiddhazza non
vinni chiù nova.
Cu li vecchi 'un c'è
guadagnu,
ci appizzi sempri lu
ramu e lu stagnu.
Cu li vecchi 'un c'è
guadagnu,
ci appizzi sempri lu
ramu e lu stagnu.
Qui, a differenza che nel canto lombardo, l'elemento erotico non è esplicitato, ma si distende in una serie di doppi sensi. Manca del tutto, invece, l'elemento moralistico, cioè la punizione a suon di botte in testa
dell'insidioso ambulante. L'unica pena che gli tocca consiste
nell'obbligo di intervenire senza discriminazioni su tutte le padelle
femminili, incluse quelle un po' consumate delle vecchie con le quali
si rischia di sprecare rame e stagno.
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