Durante il fascismo la sua opposizione era rimasta in pectore anche se poteva riconoscersi nell’afflato delle lezioni a Padova (l’ex allievo Luigi Meneghello, in Fiori italiani, dirà della sua aula come di una “scena drammatica”), nelle predilezioni di latinista specialmente interessato ai critici e/o alle vittime della tirannide, infine nell’impresa della Storia della letteratura latina (1925-27), un’opera estranea sia all’estetica crociana sia alla rinnovata filologia di Wilamowitz, Leo e Pasquali, ma che più di una generazione avrebbe letto per quello che era, cioè un alto messaggio di umanesimo da parte dell’individuo cui la calamità dei tempi vieta di essere un civis umiliandolo alla condizione di suddito.
Da Stato e scuola con Marchesi in “Alias” 20 giugno 2008.
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