Secundino Ruiz, il dirigente contadino honduregno ucciso il 20 agosto |
Il mondo è pieno di vittime e chi voglia stare dalla loro parte ha molto imbarazzo nello scegliersi quelle da onorare e con cui sentirsi solidale. Io da ieri sento forte un sentimento di vicinanza con i contadini dei paesi del Sud e del Centro-America, dell’Honduras per esempio, i cui dirigenti stanno pagando un altissimo prezzo in termini di vite umane ai latifondisti, spesso collegati con grandi compagnie multinazionali, che per fermarne la lotta sistematicamente usano killer prezzolati. La lotta di quei campesinos mi ricorda da vicino l’occupazione delle terre nella Sicilia degli anni Quaranta e Cinquanta, in cui i dirigenti del movimento contadino socialisti e comunisti, da Accursio Miraglia a Placido Rizzotto, venivano a decine colpiti a morte dalla lupara dei mafiosi, strumento della grande proprietà fondiaria. Penso soprattutto a Salvatore Carnevale e al magnifico poema epico che Ignazio Buttitta scrisse in suo onore, una vera chanson de geste.
Dissi: “La terra è di cu la travagghia,
pigghiati li banneri e li zappuna”.
E prima ancora ca spuntassi l’arba
ficiru conchi, scavaru fussuna.
La terra addivintau na tuvagghia,
viva, di carni comun a pirsuna
e sutta lu russìu di li banneri,
parsi un giganti ogni jurnateri.
E poi:
La mafia pinsava a scuppittati;
'sta liggi nun garbava a li patruna,
eranu comu li cani arrabbiati
cu' li denti appizzati a li garrula…
Anche per queste ragioni mi sento grato al “manifesto” che nella rubrica Terra terra tiene viva l’attenzione sulle lotte dei contadini latino-americani e a Marina Forti, la giornalista che il più delle volte se ne occupa con competenza e passione. Così l’altro ieri, il 31 agosto 2011, nell’articolo La guerra delle terre in Honduras, in cui sono ricordati alcuni nomi, Pedro Salgado, Reina Mejìa, Secundino Diaz, che vorrei poter stampare nella mia memoria a fianco di quelli degli eroici sindacalisti della mia Sicilia e che vorrei entrassero anche nel pantheon dei giovani antimafia, di quelli di Libera, ad esempio, perché la loro lotta ha lo stesso contenuto di giustizia di quella combattuta dalle vittime che onorano ogni 21 marzo. Posto l’articolo qui come appendice, ma non posso fare a meno di esprimere un dissenso, marginale ma forte, da un concetto che vi torna per due volte e può essere fuorviante. All’inizio dell’articolo si legge: “Assomiglia sempre più a una piccola guerra civile…”; nel secondo capoverso “questa quasi-guerra civile”. No, cara Marina, se dobbiamo credere a quanto racconti non c’è niente che somigli a una guerra civile. C’è da una parte una popolazione che chiede giustizia ricorrendo ai tribunali e alle pacifiche lotte, dall’altra i mandanti latifondisti e i killer mafiosi. La guerra, anche quando si svolga con mezzi impari, si combatte da entrambe le parti; quella dell’Honduras non è guerra, è assassinio, è spietata delinquenza protetta da organi dello Stato. (S.L.L.)
Una manifestazione di contadini in Honduras |
Appendice
La guerra delle terre in Honduras
di Marina Forti
Assomiglia sempre più a una piccola guerra civile il conflitto per la terra nel Bajo Aguan, distretto rurale nel dipartimento di Colón, nella regione atlantica dell'Honduras. Gli ultimi sviluppi sono della settimana scorsa: il 22 agosto un dirigente contadino e sua moglie, Pedro Salgado e Reina Mejìa, sono stati uccisi in casa propria a La Concepción. Salgado era il vicepresidente del Movimento unificato dei contadini del Aguan (Muca), sindacato rurale che si batte per la riforma agraria. Due giorni prima, il 20 agosto, era stato ucciso un altro leader contadino: Secundino Ruiz è stato sparato da uomini armati sopraggiunti in moto, ed è morto all'istante. Ruiz, presidente della Cooperativa San Isidro, era appena uscito da una banca nella cittadina di Tocoa insieme al tesoriere della cooperativa; avevano prelevato l'equivalente di 10 mila dollari, i salari che dovevano distribuire. La polizia ha così rubricato l'omicidio come tentativo di rapina, ma pochi ci credono. Infatti la San Isidro, con altre tre cooperative del «Movimiento autentico reivindicator de campesinos del Aguan» (Marca, di cui Secundino Ruiz era il presidente), di recente aveva occupato 471 ettari di terre. Ed è anche protagonista di un'annosa battaglia legale, avviata nel 1994, contro Miguel Facussé Barjum, grande latifondista della zona e padrone della holding Dinant, che ha investito in grandi piantagioni di palma da olio.
Ancora cronaca di questa quasi-guerra civile: il 14 agosto 11 contadini sono stati uccisi da guardie di sicurezza del medesimo Miguel Facussé (è «normale» qui che un grande proprietario terriero abbia le sue guardie armate, quasi un piccolo esercito privato). Lo stesso giorno altre 14 persone erano state uccise in un villaggio, Rigores, circondato da proprietà dello stesso Facussé il quale vuole comprare quei terreni. E un paio di mesi fa ha bruciato le case di 114 famiglie che rivendicavano le terre che coltivano da 12 anni: due anni fa stavano per ottenere il titolo formale, appena prima che il presidente Manuel Zelaya fosse deposto.
E' da una ventina d'anni che Facussé - come altri latifondisti «minori» - sono al centro di un conflitto con i piccoli contadini della regione. Negli anni '90 infatti lo stato honduregno ha cominciato ad assegnare ottime terre coltivabili, in virtù di una «legge di modernizzazione e sviluppo agricolo», a grandi imprenditori agricoli - sottraendole però ai piccoli contadini a cui erano state distribuite con le riforme agrarie negli anni '60 e '70. Via via che i latifondi si espandevano le famiglie contadine venivano cacciate; i ricorsi legali come quello della cooperativa San Isidro sono stati vani. Nell'ultimo decennio però i reclami si sono moltiplicati. Sono cominciate le proteste e le occupazioni di terre. Finché nel 2008 (era presidente Manuel Zelaya Rosales) il parlamento ha approvato una legge di riforma agraria, e nel 2009 il sindacato contadino Muca ha negoziato con il governo e le altre parti sociali - i grandi proprietari, e il governatore del dipartimento di Colón - che le assegnazioni di terre demaniali fatte negli anni '90 sarebbero state esaminate una ad una, e i piccoli contadini avrebbero ottenuto un titolo sulle terre che coltivavano.
Inutile dire che, deposto Zelaya, di quell'accordo non si fece più nulla. Né di un accordo rinegoziato con il presidente Porfirio Lobos, lui stesso un proprietario terriero, per redistribuire 6.000 ettari nel Bajo Aguan: la distribuzione delle terre non è avvenuta. Anzi: nel gennaio di quest'anno la Corte suprema dell'Honduras ha decretato che la riforma agraria del 2008 è «incostituzionale», rispondendo a un esposto della «Federazione nazionale degli agricoltori e rancheros» dell'Honduras, Fenagh, la «confindustria» dei grandi latifondisti («Non vogliamo che lo stato dia l'uso di terre pubbliche gratis: se i contadini la vogliono, la paghino», spiegava il vicepresidente del parlamento, Marvin Ponce, a un giornalista del magazine americano “In These Times”).
“il manifesto” 31 agosto 2011
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