Quando la colonna fascista entrò a Porto Scuso, i pescatori erano al largo e molti battellieri nelle barche e sulle banchine, affaccendati nei lavori di carico. Si avvidero dei fascisti solo quando questi arrivarono al porto.
“Chi è Salvatore Fois?” gridò il capo fascista.
“Presente”, rispose una voce da un battello “sono io”, disse il chiamato. E scese sulla banchina.
In un attimo fu attorniato dai fascisti. Con le pistole puntate, i più vicini gli intimarono di gridare “Viva il fascismo!”. “Io non commetterò mai un atto di codardia”, rispose Fois.
Una voce comandò il fuoco ed egli cadde fulminato.
Alla detonazione dei colpi, i battellieri vicini, presi dal panico, si dettero alla fuga. Non fuggì il fratello, che stava con gli altri sulla banchina. Solo, inerme, si gettò minaccioso sui fascisti. Ma non poté fare che pochi passi. Lo accolse una seconda scarica e cadde anch’egli, accanto al fratello, crivellato dai colpi.
“Così muoiono tutti i traditori della patria”, commentò l’ex sindaco.
Il battellieri, raggiunte le barche, le ancore e presero il mare. I fascisti, impotenti a raggiungerli, scaricarono i moschetti sulle vele. Poscia, collocata una scorta ai cadaveri, si dettero a percorrere il paese cantando. Era una bella vittoria.
Da Emilio Lussu Marcia su Roma e dintorni, Einaudi 2002 (prima edizione Parigi,1933)
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