Interpreto gli uomini a modo mio, è vero; ma tento di riprodurre, con la maggiore fedeltà possibile, lembi di vita autentica, aspetti sentimentale, tristi e lieti di tutti i giorni.
Anche il vestito che uso sul palcoscenico deriva, in fondo, dall’autoesame di come vestivo all’inizio della mia vita teatrale.
Il mio corredo era composto di un solo abito per la scena che andava sempre più logorandosi, senza una sia pur remota possibilità di sostituzione. Ebbi, da qui, l’idea di un “costume” che accentuasse le mia reale situazione vestiaria.
Una logora bombetta, un tight troppo largo, una camicia lisa col colletto basso, una stringa di scarpe per cravatta, un paio di pantaloni “a saltafossi”, comuni scarpe nere basse, un paio di calze colorate.
Così nacque l’abito di Totò.
Antonio de Curtis
Dalla prefazione a Siamo uomini o caporali di Ferraù e Passarelli, Capriotti, 1950, poi in Totò, a cura di Goffredo Fofi, La Nuova sinistra - Samonà e Savelli, 1972
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