Roma, Via dell'Orologio, Busto di Francesco De Sanctis |
Il marchese, che mi aveva in grande stima, soleva affidare a me l’incarico di apparecchiare alle sue lezioni i giovani piú scarsi nell’italiano e nel latino. Cosí mi trovai maestro del Fernandez e di un tal C...
Costui era un furfante, che mi promise di pagare alla fine dell’anno, e dopo di avermi ben bene sfruttato, a me che gli ricordavo la promessa, rispose con una lettera villana, conchiudendo col minacciare. Rimasi attonito, come innanzi a cosa incredibile, e mostravo la lettera a tutti, e la collera mi schizzava dagli occhi, e tutti dicevano, stringendosi nelle spalle: “Cosa volete? gli è un camorrista”. Era la prima volta che questa brutta parola mi giunse all’orecchio. L’indifferenza di tutti mi recò non meno stupore che l’audacia di quello. “Gli uni degni dell’altro”, pensai. Per me, l’avrei preso per la gola. Non mi pareva possibile il trionfo della forza brutale sulla giustizia. Un dí scendevo per la via di San Sebastiano, ed ecco che mi viene di faccia quel tale, e io lo investo con parole pronte e focose. Colui, colto cosí all’improvviso, e forse colto dalla vigliaccheria propria dell’uomo insolente, si turbò, balbettò qualche parola, e tirò diritto. Quello per me fu uno sfogo, mi sentii piú leggiero.
Da Francesco De Sanctis, La giovinezza.
Il frammento autobiografico fu dettato alla nipote Agnese dal 1881 e pubblicato postumo da Pasquale Villari nel 1887. Ora nel sito "Liber liber".
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