Il testo che segue è apparso come commento non firmato su “micropolis” nel numero di maggio 2007. Non è il caso di riassumere le notizie di cronaca giudiziaria da cui parte, anche perché notizie congeneri continuano a trovar posto nelle pagine dei quotidiani nazionali ed umbri. Anche per questo le considerazioni svolte mi paiono attualissime e valide, anche perché ne sono io l’autore. Lo confesso. (S.L.L.)
Hanno riarrestato Giombini; e con lui dei magistrati sospettati di passare informazioni e addomesticare sentenze. I giornali scrivono di coinvolgimenti eccellenti, ma potrebbe essere una bolla di sapone: per una valutazione compiuta aspettiamo gli sviluppi. Due considerazioni tuttavia possiamo farle. Sottovoce.
La prima è che quando la corruzione si diffonde non ci sono zone franche, neppure i Palazzi di Giustizia. Lo affermavamo all’esplodere del caso Donti-Ottaviani, lo ripetiamo adesso contro la tentazione ricorrente sia a destra che a sinistra (secondo i propri comodi) di una santificazione generalizzata della magistratura che la trasformerebbe in una casta di intoccabili. La seconda riguarda le rete di rapporti che emerge dalle intercettazioni. Non è compito nostro sanzionare gli illeciti penali, ma ci paiono evidenti le male costumanze. L’impressione è che si sia formato un “generone” umbro, una sorta di ammucchiata in cui si mescolano imprenditori e banchieri, politici e magistrati, burocrati e professionisti, non senza il concorso di prelati e ufficiali.
Tempi strani i nostri. Quasi tutti gli acculturati si proclamano liberali e predicano la liberale separazione di poteri, ma nel frattempo potenti di tutti i poteri fanno insieme battute di caccia, gite in barca e viaggi esotici, si scambiano doni e inviti a cena, informazioni e favori, insomma fanno “comunella”. Altro che liberali! Se non sono comunisti poco ci manca.
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