5.9.12

Paul Lafargue: il diritto all'ozio, il diritto alla morte volontaria (Aldo Garzia)

Recupero da un ritaglio de “il manifesto” (senza indicazione di data ma del marzo 1990) ampi stralci da una notizia biografica di Paul Lafargue, che Aldo Garzia compose come premessa a un brano dal Diritto all’ozio.
Credo che duri tuttora la capacità di questo grande socialista e rivoluzionario di scandalizzare e suscitare dibattito con i suoi scritti (al libro sul tempo liberato aggiungerei almeno La religione del capitale) e anche con i suoi atti. Tra di essi il suicidio, insieme alla moglie Laura Marx (figlia di Karl), a suo modo scelta di vita e di libertà. 

Paul Lafargue
La lezione di chi non amava il lavoro ridotto a merce
Bizzarro itinerario umano e politico, quello di Paul Lafargue. Nei manuali di storia del marxismo viene ricordato come il marito della figlia prediletta di  Karl  Marx: Laura. Qualcuno cita il suo pamphlet Il diritto all'ozio e dimentica l'instancabile attività di militante e di scrittore in Francia, Gran Bretagna, Spagna. A contribuire alla rimozione di Lafargue c'è anche il gesto del suicidio (compiuto il 26 novembre 1911 insieme a Laura), che fa a pugni con un certo moralismo tradizionale del movimento operaio. Ai suoi funerali prenderà la parola anche Lenin: nel suo breve discorso non criticherà la scelta di Paul e Laura, ma lo farà in una intervista a un settimanale socialista.
Eppure si era trattato di un gesto premeditato, lucido. «Mi uccido prima che la vecchiaia impietosa, che mi tolse a uno a uno i piaceri e le gioie dell'esistenza - scnverà Paul nel suo testamento - e che mi spogliò delle risorse fisiche e intellettuali, non paralizzi la mia energia e non spezzi la volontà facendomi divenire un peso per me stesso e per gli altri. Da molto tempo mi sono ripromesso di non superare i settanta anni». Il testo si conclude con la riaffermazione degli ideali per cui aveva lottato. Il 15 gennaio del 1912 Lafargue avrebbe in effetti compiuto settanta anni. Di Laura, invece, nessun indizio che spieghi l'addio al mondo è stato ritrovato tra le carte della sua casa. Il giorno prima della morte, Paul e Laura si erano recati al cinema e avevano parlottato a lungo con il loro giardiniere che dirà di averli visti «pieni di familiare allegria».
Lafargue era creolo, nato a Cuba da genitori francesi, ma il nonno aveva sposato una mulatta di Santo Domingo. Nelle sue vene scorreva, sangue europeo e caraibico insieme. E per questo Paul si vantava di rappresentare un condensato «internazionale» delle razze oppresse.
Nel 1851 la famiglia Lafargue tornerà in Francia, a Bordeaux, a causa del colonialismo spagnolo che a Cuba si fa dominante. E Paul non rivedrà mai la sua isola, pur facendo della pelle scura un tratto distintivo della propria «diversità» di origini culturali. E gli storici dell'Avana continuano ad indagare sui contatti che Lafargue conservò coni primi movimenti socialisti cubani. Nell’archivio dello scomparso Alejo Carpentier (il grande scrittore cubano autore tra l'altro di Concerto barocco, La consacrazione della primavera, Il regno di questo mondo) si sono trovate le bozze del suo ultimo libro a cui stava lavorando: trattava proprio della figura di Paul Lafargue.
Non è facile il rapporto di Paul con Karl Marx e Laura. Il vecchio Marx - il loro incontrò risale al 1865 - lo accuserà benevolmente di essere «un fedele di Proudhon». Laura, sulle prime, non farà caso a quel creolo che si aggira in casa Marx e che le fa una timida corte. Karl Marx e Federico Engels, con un eccesso di rigore, permetteranno a Paul di sposarsi con Laura solo dopo aver conseguito la laurea in medicina. Paul vincerà la sua personale battaglia sposandosi il 2 aprile del 1868, mentendo sugli esami conclusi: gli ultimi due li rinvierà all'estate dello stesso anno.
La passione per la medicina ha breve durata. Paul e Laura avranno tre bambini dal loro matrimonio: tutti moriranno in tenerissima età. Lafargue entra in crisi. Se la scienza medica non aveva salvato i suoi figli, tanto valeva cercare un altro lavoro. La sua professione di medico nulla aveva potuto contro la morte precoce e inspiegabile.
Paul si getta a capofitto nell’impegno politico, nell'attività dell’Internazionale e aprirà - con l’aiuto finanziario di Engels - uno studio di litografia e di incisione a Londra. Tornerà a Parigi, solo dopo la vittoria della Comune, nel 1871 Poi seguirà la sua vita di nomade e finirà per qualche tempo in carcere, dove appunto scrive Il diritto all’ozio.
La scarsa fortuna dell'opera di Lafargue è segnata nel titolo del pamphlet, più che nel suo contenuto: usando l'arma del paradosso, l'ozio è la metafora più efficace per spezzare una lancia a favore del «diritto al tempo libero», in un periodo in cui il tempo di lavoro era fissato tra le 10 e 11 ore. La contrapposizione tra ozio e lavoro è una provocazione per l'epoca in cui viene proposta (1880), ma anche per una certa interpretazione un po' bacchettona del pensiero di Marx. La tradizione marxista – prima e dopo di allora – rimarrà ferma a una idea statica del legame tra lavoro e trasformazione della natura, tra identità di classe prodotta dall’essere sociale e luogo dove si svolge la stessa produzione. Il lavoro nobilita l’uomo anche nel pensiero comunista ortodosso…
Lafargue fonda la sua ipotesi di «diritto all'ozio» sulla previsione che il capitalismo raggiungerà presto livelli di sovrapproduzione e che con l'uso intensivo delle macchine, delle tecnologie la quantità di lavoro si sarebbe ridotta progressivamente. «Una strana follia possiede le classi operaie - scrive - in cui dominala civiltà capitalistica. E' una follia che porta con sé miserie individuali e sociali. Questa follia è l'amore per il lavoro, la passione esiziale del lavoro, spinta all’esaurimento delle forze vitali dell’individuo e della sua progenie». Di qui l'apologia del tempo finalmente conquistato alla vita e la riduzione del lavoro alla sua essenza reale: merce che produce merce…

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