6.5.11

Anniversari. I dieci anni di "Cronache giubilari".

Dieci anni fa, su impulso della redazione di “micropolis”, l’editrice Giada di Perugia pubblicò nel volume Cronache giubilari gli articoli sul tema che avevo scritto per il mensile umbro, supplemento del “manifesto”. Poiché è improbabile che qualcun altro, a parte me, si rammenti dell’anniversario a cifra tonda, commemoro io la scadenza, “postando” qui le riflessioni premesse agli articoli, dei quali questo blog già contiene qualche campione. Nella Premessa, oltre a una rapida analisi della temperie giubilare e dei suoi elementi costitutivi, azzardavo una previsione. Mi pare che si sia, in gran parte, realizzata, ma non so se essere contento di aver indovinato.
Il disegno di copertina, di Andrea Bersani, con la lira d'oro che fuoriesce dal calice sacro, aveva vinto il primo premio all'Humorfest di Foligno, che ne autorizzò l'utilizzazione.(S.L.L.)
Premessa
Sul finire del 1998, in risposta al questionario sulla ricostruzione che “micropolis” gli aveva inviato, il frate Domenico Rosati, Custode della Porziuncola di Assisi, indirizzò al giornale una cortese responsiva, con la quale dichiarava la sua incompetenza a rispondere su temi politici, economici e sociali, ma esprimeva alcune valutazioni sul nostro mensile: complimenti per un articolo sui problemi ambientali, feroci rampogne per un commento a proposito degli interventi censori del vescovo di Orvieto contro alcuni spettacoli del Todi Festival. Incaricato di una replica mi toccò di scrivere sull’invadenza clericale, cosa che continuai a fare nei mesi successivi nella rubrica “La battaglia delle idee”, improvvidamente promettendo ai lettori vigilanza sul mega-evento giubilare.
La perfidia dei compagni fece il resto. Nominato sul campo “vaticanista” ebbi l’incarico di seguire per il giornale fatti e misfatti dell’anno santo, con una attenzione particolare alle cose dell’Umbria.
Ne è nata una serie di articoli, che intenzionalmente mescolavano il grande con il piccolo, la cronaca con la riflessione, utilizzando fonti diverse e diversi livelli di scrittura.
L’immagine della Chiesa giubilare che ne emerge presenta elementi contraddittori: la vocazione egemonica e perfino monarchica si scontra con il carattere minoritario del movimento religioso che riesce ad animare. Si tratta di minoranze assi attive e combattive, ma incapaci di opporre una diga ai processi di “secolarizzazione” che caratterizzano la modernità. Rispetto alla stagione conciliare l’impressione è che la Chiesa del papa polacco rinunci a mettersi in causa, a dialogare con le inquietudini della mondializzazione. Forte della sconfitta del comunismo del XX secolo, cioè di un progetto che prometteva libertà e felicità sulla terra, facendo a meno di Dio, e che aveva preteso di trasformarsi in “religione popolare”, il cattolicesimo giubilare si sente tuttavia insidiato: altre religioni storiche, l’islamismo in primis, nuove sette, il sincretismo new age, superstizioso quanto basta ma antidogmatico, sembrano contendergli il passo. Nell’aggressività di certi gruppi cattolici, in alcune posizioni intransigenti della Curia e del Papa si avvertono i segni di una consapevole debolezza.
A questa situazione la gerarchia sembra reagire con una strategia a più livelli, ma sostanzialmente italocentrica. Per molte ed evidenti ragioni l’Italia, che ha grandi pecche ma è pur sempre un paese industriale e moderno, appare la base per una resistenza e per una riscossa cattolica, a condizioni che il disegno egemonico sappia svilupparsi su più piani.
Il primo livello è quello mediatico-spettacolare, ove coreografia e scenografia tradizionali si fondono con un uso miracolistico del virtuale. Il secondo è quello immediatamente politico. Nel sistema bipolare il ruolo della Chiesa ufficiale, pur orientando un numero limitato di voti, è ritenuto, a torto o a ragione, determinante. Gli schieramenti si sono pertanto contesi i favori del clero, le sinistre rinunciando al tradizionale laicismo e mollando su molte questioni importanti, le destre lasciando balenare l’idea che lo smantellamento dello Stato sociale apra le porte a una sorta di primato cattolico sulle attività educative e su molte di quelle assistenziali. Il terzo, chiaramente connesso al precedente, è quello sociale: i preti tendono a coprire tutti i vuoti che la crisi della sinistra lascia scoperti e a intervenire su tutte le forme di emarginazione e di disagio. Il quarto è quello ideologico, in cui sembrano connettersi una tendenza della Chiesa a inglobare in qualche modo e in qualche forma pensieri altri, la rivendicazione orgogliosa del proprio passato e il rilancio spregiudicato del miracolo.
Non siamo in grado di prevedere gli effetti di lungo periodo, ma ci pare che la vittoria elettorale della destra apra grandi spazi all’ingrandimento della “roba” clericale e a una sorta di veto dogmatico sulla legislazione civile, dall’aborto alle coppie irregolari, alla ricerca scientifica. Si tenterà di mettere una camicia di forza alla società italiana, alla ricerca intellettuale, in un sodalizio tra liberismo e integralismo che ha fatto negli Usa le sue prime prove.
Indicare, come in questo libretto si fa, alcuni segni che negli eventi giubilari anticipano queste prospettive autoritarie, può essere di qualche utilità, come può essere materia di riso (sia pure amaro) il racconto delle stupidità e delle genuflessioni laiche e delle nuove superstizioni cattoliche.
Tutti i testi sono stati pubblicati da “micropolis”, il mensile umbro di politica economia e cultura che esce con “il manifesto”, dal febbraio 1999 al dicembre 2000.

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