16.5.11

Sugli alberi e nel rogo. La storia di Sophie Blanchard, aeronauta.

Ho incontrato nel ritaglio di un “Ulisse” dell’agosto 1998 (era il rotocalco che l’Alitalia regalava ai passeggeri) madame Blanchot, in un articolo siglato da un F.C. che non sono in grado di identificare.
Fu forse la prima aeronauta in solitario e raggiunse il culmine della carriera in età napoleonica, operativa tra la Francia e Milano, al tempo capitale del Regno d’Italia.
Il tutto comincia da una combine matrimoniale. Lo scienziato del volo Jean Pierre Blanchard, nel 1777, fu assistito in una sua grave malattia da una donna in dolce attesa. Per gratitudine le disse: “Se nascerà femmina, quando compirà sedici anni la sposerò”. Nacque, femmina, Marie Madeleine Sophie Armant.
Al compimento del sedicesimo anno da parte della fanciulla Blanchard rispettò la promessa, anche se nel frattempo aveva fatto in tempo a legarsi in un altro matrimonio (con tale Victoire Lebrun), da cui era provvidenzialmente rimasto vedovo.
Ben presto Sophie, la giovane sposa, cominciò ad accompagnare il marito nelle esibizioni con la machine diostatique, il pallone dei Montgolfier cui il Blanchard aveva fatto alcune sue personali modificazioni.
Il navigatore del cielo aveva molto successo, ma la malasorte era in agguato. Un malore cardiaco lo colse durante un’ascensione: fu costretto a una lunga degenza e a cure assai costose. Ma invano.
Sophie lo assistette amorevolmente finché, nel 1805, non rimase vedova e povera in canne. E tuttavia aveva appreso un mestiere, per cui diventò aeronauta in proprio, ottenendo clamorosi successi. Nel 1811 le accadde un incidente in Italia: per la sua quarantesima ascensione era partita da Milano, a Ferragosto, ma un “refolo” di vento non previsto (in realtà una vera e propria folata ascensionale) trasportò la navicella oltre l’Appennino ligure, in Val Trebbia. 
Per evitare di finire in mare Sophie dovette lanciare l’arpione tra i monti e riuscì ad ancorarsi tra le fronde dei grandi alberi nella zona boscosa di Montesicuro. Vi trascorse la notte al freddo. La poveretta non s’era neanche premurata di portare seco, in quell’agosto, un abito adatto alle basse temperature, convinta di un’ascesa rapida e tranquilla seguita da un’altrettanto tranquilla discesa. 
L’indomani fu tratta giù da pastori e valligiani assai sorpresi da quell’oggetto impigliato nella macchia, contenente una simpatica signora, cui prestarono soccorso e ausilio. La storia è documentata da lettere e dispacci pubblici e privati oltre che da articoli di giornale. A Montesicuro ne conservano la memoria organizzando mostre ed escursioni in mongolfiera.
La Blanchard non interruppe la sua carriera, ma arrivò a ben 67 voli, tra cui un Roma-Napoli e un’ascensione celebrativa della nascita del figlio di Napoleone, il re di Roma. Dopo il Congresso di Vienna Luigi XVIII la nominò addirittura “aeronauta della Restaurazione”.
Mal gliene incolse. Il sei luglio 1819 volava sui giardini di Rue Tivoli intenzionata a realizzare dal cielo uno spettacolo pirotecnico; ma il fuoco d’artificio incendiò la navicella, che si trasformò in un rogo. Un prete abbastanza noto e retrogrado proclamò che quella morte se l’era cercata e meritata, essendo le sue pratiche una sorta di stregoneria. (S.L.L.)  

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