Gianfranco Contini - Dante Isella |
Sentivamo il bisogno di verità minime, ma certe; di maestri capaci di trasmetterci una scienza severa e di iniziarci a idee e strumenti con i quali riprendere da capo una storia tragicamente deragliata sui binari dell'inganno e dell'odio». Così Dante Isella, il «Gran Lombardo» che s'e' innalzato alle altezze dei classici su cui ha magistralmente lavorato (Parini, Porta, Manzoni, Gadda e tanti altri), in uno degli scritti in cui rievoca una stagione straordinaria e decisiva: quella dell'inverno 1944 in cui, ufficiale ventenne scampato in Svizzera e internato a Friburgo, potè frequentare il corso di Filologia romanza tenuto da Gianfranco Contini, trentenne già capace di accendere forti passioni scientifiche e civili, di quelle che danno senso a una vita.
Scomparso nel dicembre 2007, Isella aveva fatto in tempo a ordinare i suoi ricordi nel volume che ora esce da Adelphi (Un anno degno di essere vissuto, pp. 160, e12). Folte sopracciglia sopra occhi intensi e mobilissimi, baffo circonflesso alla Charlot, Contini seduceva con la «generosità di un ingegno mercuriale e una cultura tutta vissuta e portata con signorile disinvoltura». Teneva lezioni difficili sui dialetti del francese antico, insegnava a coniugare filologia e critica, incrociava Spitzer, Saussure e Roberto Longhi, ma intanto teneva contatti con il maquis francese. Metteva il suo aristocratico sapere al servizio di un'idea precisa di società civile. Commentava la notizia di Mussolini a piazzale Loreto leggendo una pagina dell'Anonimo Romano sulla fine di Cola da Rienzp: «Là fu appeso per li piedi a uno mignaniello». In un Paese che ha sempre guardato il rigore del metodo come una faccenda di pochi eruditi fuori del mondo, e in un momento di esami di coscienza non più rimandabili, le pagine di Isella - insieme regali e affabili, sempre eleganti, mai inutilmente nostalgiche - arrivano tempestive a ricordarci che proprio le congiunture difficili chiamano a un massimo di tensione conoscitiva. Solo cercando di metabolizzare l'esempio dell'irraggiungibile Contini e del suo allievo Isella, solo fiutando «il vento di una grande avventura intellettuale» e tenendo ferma la rotta sulle stelle dei maestri si può tentare di riprendere da capo una storia deragliata sui binari della faciloneria e del pressapochismo.
“La Stampa”, 3-2-2009
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