17.4.17

Cicoria. Il felice matrimonio con il macco di fave (S.L.L.)

Il “macco” di fave è preparazione apprezzata in tutta la Sicilia e anche fuori. È una crema di fave secche sbucciate che la lenta e lunga cottura e la sapiente utilizzazione del cucchiaio di legno per rimestare ed ammaccare produce senza bisogno di ricorrere a setacci, passini o altre più recenti diavolerie tecnologiche. Ma il risultato è buono anche se – per scansare le frequenti rimescolate - si utilizza il setaccio o il frullatore, l'importante è che la cottura sia arrivata alla fine e la crema risulti morbida.
Il “macco” è a volte protagonista della tavola, cuore di una minestra con l'aggiunta di un po' di ortaggi (mezza cipolla, una piccola patata e qualche fogliolina di cavolo o di bieta, per esempio) e/o di pasta corta (spaghetti spezzati, ditalini ecc.); altre volte se ne aggiunge qualche cucchiaiata o addirittura un mestolo nei minestroni per dare densità e gusto all'insieme.
Niente ammucchiate, invece, nella ricetta che segue, ma il matrimonio a mio avviso felicissimo e senza terzi incomodi fra due ortaggi: le fave e la cicoria. L'accoppiamento è attribuito alla Puglia dalla mia fonte, ma è in realtà presente in molte regioni ed è particolarmente apprezzato nella mia famiglia, che della cicoria ha fatto un emblema.
Cicoria era il soprannome che, in paese, era attribuito a mio nonno Salvatore Lo Leggio e all'intera sua famigliola. Si raccontava che mio nonno, mio padre e i miei zii raccogliessero e mangiassero tanta cicoria, cosa che – se richiesti - non negavano affatto, ma ribadivano esaltando il gusto e le qualità salutari della preziosa verdura. Oramai il nomignolo è rimasto solo (o quasi) a un mio cugino e (orrore!) tra i miei fratelli e i cugini non mi pare che la cicoria, selvatica o coltivata che sia, goda di particolare apprezzamento. Ma io non esito, quando posso, a innalzare la bandiera di quell'erba prelibata e la mangio più spesso che posso.
Consumo la cicoria soprattutto bollita (nel suo brodo o, dopo averla scolata e strizzata, in insalata con olio, aceto ed aglio), ma anche in altre preparazioni (ho nel repertorio una pastasciutta con condimento a base di cicoria che piace molto a molti). In un ruolo paritario con il macco di fave cui si unisce solo a fine cottura – come nella ricetta qui sotto - la trovo eccellente sia nella variante coltivata più comune, sia che si tratti di cicoriette selvagge raccolte in giro per i campi. In primavera la minestra si può ottimamente fare anche con fave fresche, private della pellicina e cotte a lungo, indi passate. (S.L.L.)

MINESTRA DI FAVE CON CICORIA (h. 4.30 + 12.00)

200 g di fave bianche secche, 800 g di cicoria, 1 spicchio di aglio schiacciato, 4 cucchiai di olio extravergine d'oliva, sale e pepe nero macinato al momento.

Monda, lava e lascia a bagno le fave per 12 ore in acqua fredda. Mettile in un recipiente di terracotta e coprile d'acqua, aggiungi sale e lasciale cuocere, per 4 ore, finché non si saranno quasi sciolte. Passale poi al setaccio. Cuoci la cicoria in acqua salata, scolala e strizzala.
Scalda l'olio in una pirofila e unisci la cicoria, con l'aglio schiacciato. Lascia insaporire, per circa 2 minuti, a fuoco medio. Prepara i piatti singoli, riunendo fave e parte della cicoria. Condisci ogni piatto con l'olio e il pepe appena macinato prima di servire.


Da Italia da gustare 2003, Le Guide di Bellitalia, Editoriale Giorgio Mondadori, 2003

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