Il sogno di case
automatizzate e mobili intelligenti è vecchio quanto l’Occidente.
Già Omero, nell’Iliade, immaginava che la fucina del dio Efesto
fosse una meraviglia di automatizzazione, con tripodi capaci di
muoversi da soli e mantici robotizzati. «Se ogni strumento fosse in
grado di compiere la propria opera al semplice comando o
presentandola in anticipo», scriveva Aristotele nella Politica,«i
padroni non avrebbero bisogno di schiavi».
La mitologia greca è già
realtà, e basta farsi un giretto per i capannoni del Nordest
high-tech (e medium-tech) per capirlo. In un’Italia che nonostante
tutto resta tra i leader mondiali nella produzione di robot per
l’industria, paesi come Oderzo, nel trevigiano, e Marostica, nel
vicentino, sono roccaforti dell’home (e building)
automation italiana, grazie ad aziende all’avanguardia come
la Nice e la Vimar.
La prima fa sistemi di
automazione per cancelli a battente e scorrevoli, porte di garage e
così via e ha automatizzato pure il sistema di tende della
biblioteca comunale di Monaco di Baviera; la seconda è specializzata
in soluzioni domotiche, con un elenco di referenze che va da sontuose
ville in mezza Italia al Bosco Verticale di Milano.
In quest’humus di
quarto capitalismo si moltiplicano imprese e startup che puntano su
una nuova frontiera: quella del mobile intelligente. Sia chiaro: non
c’è solo il Nordest. Anche il Nordovest, la Toscana e il Lazio
sono all’avanguardia. A Piacenza, per esempio, SMARTh FUrniTURE,
gruppo di professioniste guidate dall’architetta italo-argentina
Patricia Ferro, sviluppa e crea mobili dinamici, cioè arredi che
dialogano termicamente con l’ambiente (come la linea Tango per Riva
1920). Ma nel Nordest lo sforzo è molto forte, come racconta a
pagina99 Marco Bettiol, ricercatore di economia dell’Università di
Padova, e autore del saggio Raccontare il Made in Italy (Marsilio
– Fondazione Nordest, 2015).
«Si continua a vedere il
mobile come un oggetto tradizionale, passivo, statico, che può
essere bello o al massimo funzionale», spiega Bettiol, «in realtà
è possibile creare mobili animati, intelligenti, con una capacità
tecnologica tale da renderli attivi, e capaci di offrire molto di
più. Oggi il mondo della casa è al centro di una grande rivoluzione
tecnologica. Non è un caso che siano interessati a questo fenomeno
anche colossi come Google, che nel 2014 ha comprato Nest Labs,
azienda specializzata in termostati intelligenti e allarmi antifumo».
Insomma, il mobile
intelligente come punto di incontro tra la tradizione mobiliera
(quella che ha contribuito a far grande l’economia italiana, e
continua a sostenere il nostro export) e nuovi mondi tecnologici,
digitale in primis. «Il punto è dare ai mobili nuove funzioni, che
oggi non solo non esistono, ma forse non sono nemmeno pienamente
immaginate», insiste Bettiol, «tra le tecnologie più promettenti
penso all’internet delle cose, che ha un potenziale immenso».
Fin qui, la teoria. Ma
Bettiol indica vari casi concreti. Su tutti, la Lago, nel padovano.
Come in tante saghe del Nordest industriale, anche Lago ha le sue
radici nell’Ottocento: il capostipite si chiamava Policarpo Lago,
artigiano ebanista attivo nelle ville aristocratiche e nelle chiese
veneziane. Un secolo e passa dopo, Lago fattura 30 milioni di euro,
ha quasi 200 dipendenti e negozi monomarca da Roma a Londra. E
scommette, tra l’altro, sui “mobili parlanti” e l’internet
delle cose.
«Noi siamo gente
curiosa», racconta a pagina99 il Ceo Daniele Lago, «l’anno
scorso, grazie alla tecnologia NFC, abbiamo lanciato la Talking
Forniture. Tutti i nostri mobili sono dotati di un microchip che non
solo contiene una carta di identità del prodotto, ma permette di
avviare un dialogo con il pezzo di arredo». Basta avvicinare lo
smartphone a una distanza ravvicinata e voilà, il gioco è fatto.
Una cucina che suggerisce ricette, un lettino per bambini che
racconta fiabe della buonanotte.
Aristotele avrebbe apprezzato.
Pagina 99, 9 aprile 2016
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