5.4.17

Lorenzo da Ponte. L'arte di godersela diventando immortale (Leonetta Bentivoglio)

Lorenzo da Ponte. Ritratto del poeta da giovane
Genio e follia di Lorenzo Da Ponte. Fine uomo di lettere, verseggiatore di talento, magistrale seduttore. Esperto negli intrighi all'ombra dei potenti e in perigliosi viaggi in giro l'Europa. Esponente tra i più eccentrici e gloriosi di un Settecento aureo, razionalista e cosmopolita negli intrecci di lingue e culture presso le grandi corti europee. Canaglia perversa secondo alcuni, come Pietro Zaguri, corrispondente di Casanova, che lo definì «un delatore, uno spirito mediocre, un pazzo in ogni senso». Sommo creatore grazie alla limpidezza della lingua, al gioco audace dei sottotesti, agli smaglianti congegni narrativi. Stupisce e affascina il mistero Da Ponte, abate sporcaccione e autore dei libretti di tre opere di Mozart: Le Nozze di Figaro, Don Giovanni e Così fan tutte.
Senz'altro firmò i migliori plot ai quali Amadeus abbia intrecciato la sua musica, senz'altro quella trilogia spicca tra i vertici assoluti del repertorio operistico. Ma il contributo del letterato italiano è stato spesso occultato o sminuito, come se il compositore salisburghese avesse avuto un peso centrale anche nella fattura di quei versi, sebbene a tutti sia noto che i testi delle altre opere di Mozart non hanno mai raggiunto i livelli dei libretti della trilogia dapontiana, così come i lavori scritti da Lorenzo per altri musicisti (Salieri, Gazzaniga, Martin y Soler) non toccarono gli apici di quei tre titoli.
C'è sempre da discutere sull'enigma di Da Ponte, sulle sue contraddizioni umane, sulla specialissima alchimia che conquistò con Mozart. Racconti, notizie, aneddoti scabrosi e approfondimenti ne inseguono la figura in due nuove biografie in lingua inglese: The man who wrote Mozart-The extraordinary life of Lorenzo Da Ponte (Weidenfeld & Nicolson, £ 18.99), di Anthony Holden, critico musicale dell' Observer di Londra; e The Librettist of Venice-The remarkable life of Lorenzo Da Ponte (Bloomsbury, $ 29.95), di Rodney Bolt. Ce n' è per tutti i gusti in questi due libroni divertenti e chiari come lo sono spesso le biografie anglosassoni, più hollywoodiana e superficiale quella di Holden, più vivida e puntuale quella di Bolt, spassosa e minuziosa negli affreschi d'ambiente.
Emerge il ritratto di un personaggio incredibile, amato e odiato, narciso e menzognero, erotomane e un po' pedofilo (ah, il vizietto delle fanciulline in fiore), di eccezionale tempra fisica (morì a novant'anni, e fu attraente per le donne almeno fino a ottanta), che rivoluzionò il teatro musicale scagliandosi contro la radicata visione del testo poetico come mero complemento della partitura. Emanuele Conegliano, questo era il suo vero nome, nasce in una famiglia ebraica nel 1749 a Ceneda, l'attuale Vittorio Veneto. Il padre è un umile conciatore di pelli, e quando si risolve a convertirsi al cristianesimo si fa battezzare coi tre figli dal vescovo di Ceneda, che si chiama Lorenzo Da Ponte. Emanuele ne assume il nome, e il vescovo si assume l'onere della sua educazione. Studia il latino, l'ebraico e il greco, recita a memoria Dante, Petrarca e Ariosto ed esprime le sue doti per la composizione poetica scrivendo agili versi. Nel 1773 è ordinato prete, ed è in abito talare che approda a Venezia «nel bollor dell'età, di temperamento vivace e, al dir di tutti, avvenente nella persona», annota nelle Memorie, pubblicate in quattro volumi mezzo secolo più tardi a New York (oggi sono disponibili nella collana dei Grandi Libri Garzanti, pagg. 687, 14 euro).
Venezia è un luogo ideale per un giovane curioso ed eccitato: si fa Carnevale per molti mesi all'anno e l'uso delle maschere consente costumi licenziosi. Lorenzo segue la propria indole sensuale tuffandosi nel libertinaggio. Dopo il primo, rovente amore veneziano con Angiola Tiepolo, nobildonna squattrinata e di temperamento violento, va a insegnare a Treviso, dove fa esercitare gli allievi sul tema della felicità umana in rapporto alle leggi, attività che sfocia nel trattatello L' uomo per natura libero, ispirato a Rousseau e giudicato sedizioso, che gli procura il bando dalle scuole della repubblica. Torna in laguna, dove stringe amicizia con Casanova e il poeta Gasparo Gozzi, e corona con uno scandalo succoso il suo secondo periodo veneziano. Alloggiato presso un lavorante di piume, Carlo Bellaudi, s' invaghisce di sua moglie Angioletta, palpeggiandola sotto le gonne solo pochi giorni dopo averla conosciuta. La induce a lasciare il marito, e insieme frequentano case di donne di facili costumi, dove Lorenzo è visto spesso «congiungersi con lei senza riguardi, in piedi», dichiareranno i testimoni in tribunale. Le prodezze sessuali non gli fanno trascurare il lavoro pretesco, esercitato con un cinismo tutto suo, dicendo messe nella chiesa di San Luca scambiando occhiate d'intesa con le parrocchiane. Gli Esecutori della Bestemmia lo processano per «ratto di donna onesta, adulterio e concubinaggio», e il sacrilego è bandito da Venezia per quindici anni.
A Dresda collabora con Caterino Mazzolà, poeta dell'Elettore di Sassonia, per traduzioni e rifacimenti di opere teatrali, accorgendosi della propria inclinazione per il teatro, mondo prodigo di bugie deliziose, dunque catturante al massimo per un bugiardo costituzionale come lui, che perfeziona intanto la sua vocazione per le imprese galanti. Il suo cuore si lascia «a poco a poco pigliar dalla rete» delle due figlie del pittore Giuseppe Camerata, però, non sapendo quale scegliere (ma poi chissà, forse le ebbe entrambe), parte per Vienna, dove conosce Antonio Salieri, il compositore più potente della città imperiale, che gli concede protezione.
Nel 1783 l'imperatore Giuseppe II, appassionato di musica, decide di istituire una compagnia di opera italiana nel Burgtheater, per cui intende assumere un librettista. Da Ponte è ricevuto dal sovrano, e alla fine del colloquio il carismatico briccone ottiene l'ingaggio. Nel 1783 conosce Mozart, di cui nelle Memorie storpia il nome, munendolo sempre di due zeta. Descrive «Mozzart» come un «uomo celeste», «dotato di talenti superiori».
Le Nozze di Figaro è rappresentata a Vienna nel 1786, Il Dissoluto punito, o sia Il Don Giovanni, va in scena a Praga nel 1787, e Così fan tutte, o sia La scuola degli amanti, debutta a Vienna nel 1790. Non sempre le storie sono originali. Nelle Nozze adatta la commedia di Beaumarchais, tagliando personaggi, semplificandone alcuni e amplificando altri (come la Contessa, eletta centro morale dell'opera). E il soggetto di Don Giovanni arriva dal Convitato di pietra di Gazzaniga. Ma i risultati sono ben altri.
Ci s'interroga sul come e sul perché del miracoloso sodalizio Mozart-Da Ponte, senza venirne a capo. Soltanto un clima ci narra Lorenzo, riferendo la gaiezza del verseggiare e la gioia che presiede alla stesura della trilogia. Così descrive il suo lavoro sul Don Giovanni: «Una bottiglia di tockai a destra, il calamaio nel mezzo, e una scatola di tabacco di Siviglia a sinistra. Una bella giovinetta di sedici anni (che io non avrei voluto amare che come figlia, ma...) stava in casa mia con sua madre, e venìa nella mia camera a suono di campanello, che per la verità io suonava assai spesso e singolarmente quando mi pareva che l'estro cominciasse a raffreddarsi...». E l'aura di sensualità pulsa nei doppi sensi erotici che dominano gli scambi di coppie in Così fan tutte.
Con quei tre titoli l'opera buffa acquista complessità e spessore, il tragico si alterna divinamente al comico. Il senso stesso del vivere nel tempo respira sulla scena: le vecchie convenzioni del melodramma sono rigenerate con naturalezza, lasciando spazio a sentimenti ed emozioni, conflitti interni e ventagli di sfumature psicologiche. Da Ponte è il librettista dominante a Vienna fino alla morte di Giuseppe II (1790), s'innamora della cantante Adriana Gabrielli del Bene, detta la Ferrarese, e per sostenerla è coinvolto in numerosi intrighi. Salieri gli diventa nemico e Lorenzo è allontanato dalla città nel 1791 per volontà di Leopoldo II, succeduto al fratello Giuseppe. Giunto a Trieste si unisce alla giovane inglese Ann Celestine Grahl, detta Nancy, anch'essa ebrea convertita al cristianesimo. Con lei, nell' agosto del 1792, «all'età di quarantadue anni e cinque mesi, ma col coraggio, o, per meglio dire, colla temerità d'un giovinastro di venti», parte per Parigi. Ma cambia meta e si reca a Londra, dove arriva nell' ottobre 1792.
Poeta dell'opera italiana al King' s Theatre, alterna a questo lavoro molti altri: la sua specialità sono gli affari loschi e i bisticci per denaro. In un periodo di tre mesi viene arrestato trenta volte. In fuga dai creditori s'imbarca per l' America il 7 aprile 1805, preceduto dalla moglie e dai quattro figli. Un quinto sarebbe nato nel 1806. A New York fa il droghiere, scappa da un'epidemia di febbre gialla e va in provincia, a Elisabethtown. Torna a «Nuova Jorca» nel 1807 e dà lezioni d'italiano in casa del presidente del Columbia College, per poi rimettersi in affari disastrosi. A settant'anni fa istituire una sezione italiana nella biblioteca del Columbia College e un reparto italiano alla New York Public Library, collabora a riviste letterarie, pubblica commentari danteschi, traduce Byron. Tra il 1823 e il '27 escono le Memorie, e in una seconda edizione (1829-30) le ripubblica col testo alleggerito dai brani sfavorevoli a Leopoldo II e ad altri autorevoli personaggi. È un'autobiografia autoincensatoria, orientata a censurare molti suoi peccati e a mettere sempre in cattiva luce i suoi nemici. Collabora con la compagnia d'opera del tenore Manuel Garçia, ottenendo di far allestire Don Giovanni, e riesce a far costruire un teatro d'opera italiano a New York. Nella vecchiaia si consuma in ristrettezze, amareggiato e rabbioso, scrivendo un ultimo volume di Memorie mai pubblicato. È così pieno di denunce e accuse che la famiglia, dopo la sua scomparsa, fa sparire il manoscritto.
Muore il 17 agosto 1838, e pochi giorni prima si riconcilia con la Chiesa. Fino ai suoi funerali nessuno, in America, ha mai saputo che Lorenzo è un prete.


“la Repubblica”, 22 aprile 2007  

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