Maestro a tutti gli
effetti è stato e per noi rimane Luigi Pintor. Edito dal “il
manifesto” e da manifestolibri è uscito in aprile Punto e a
capo, che raccoglie gli ultimi editoriali pubblicati sul
quotidiano comunista da lui fondato, a lungo diretto, quasi sempre guidato.
Si va dal 15 maggio 2001 al 24 aprile 2003, cioè dalla vittoria di
Berlusconi alle elezioni politiche all’inizio della guerra in Iraq.
Non si tratta, a nostro avviso, del rituale “omaggio doveroso”,
di un “atto dovuto” alla memoria del compagno scomparso, ma di un
bel libro, agile e profondo, godibile e perfino divertente (quanto lo
può essere lo spettacolo dell’intelligenza), un’ottima compagnia
non solo per le vacanze. Lo si può leggere a salti (un articolo dei
primi e poi uno degli ultimi, o viceversa), si possono costruire
percorsi seguendo rimandi tematici o stilistici, si può apprezzare,
saltando da una pagina all'altra, la grande varietà dei toni, la
capacità di trascorrere dal sarcasmo alla più condiscendente
ironia, dalla compassione alla fredda rigorosa enunciazione, dal
paradosso all’allusività ellittica della profezia laica. Questa
ricchezza non esclude, anzi implica una compattezza, un nocciolo duro
e unitario di convinzioni, tenute insieme da una passione tenace, che
alimenta il ragionare e ne viene a sua volta alimentata.
Com’è noto, gli
editoriali di Pintor sono costruiti usando l’arte del levare.
Brevissimi, da trenta a cinquanta righe, seguono un movimento
intellettuale ed espressivo per cerchi concentrici, come i sassi
nell’acqua: si passa con facilità dal particolare al generale,
toccando quel che sta in mezzo. Si prenda ad esempio un pezzo assai
breve, del 6 luglio 2001, dal titolo Il tornitore e il padrone,
dedicato soprattutto allo sciopero dei metalmeccanici, ma nelle cui
trenta righe si trova di tutto, dalla centralità operaia alle
stupidità della cultura dominante, all’internazionalismo. Inizia
con un magnifico paradosso: “Tutti scioperano specialmente quando
se lo possono permettere (metti i controllori di volo o i
giornalisti). Tra le colpe del movimento operaio c’è anche questa,
di avere inventato quest’arte nobile e incruenta, di cui tutti
(perfino gli avvocati) si sono appropriati senza scrupoli”.
Nel libro gli editoriali
sugli eventi più impressionanti (l’attentato alle torri gemelle,
le guerre Usa, etc) affiancano quelli su fatti più minuti (il bikini
della Ferilli venduto per beneficenza, i divieti di fumo, etc.). Per
tutti può valere l’azzeccato slogan che il quotidiano usa per
promuove il libro di Pintor, definito come “il comunista
quotidiano”. In questa luce Luigi non tanto è un giornalista, un
editorialista, ma un grande intellettuale che decritta i fatti di
ogni giorno partendo da un punto di vista comunista, svelando il
contenuto di sfruttamento e di oppressione che si cela a volte negli
eventi più banali, nelle frasi fatte, in ciò che si impone come
senso comune ed affermando l’urgenza di un rivolgimento con un dire
chiaro e comunicativo. Brecht definì il comunismo “la semplicità
che è difficile da farsi”. Pintor faceva un pezzo di comunismo
tutti i santi giorni.
“micropolis” giugno
2004
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