Il 31 ottobre 1926
l’illusionista Harry Houdini, all’anagrafe Erik Weisz, muore di
peritonite all’età di cinquantadue anni – probabilmente a causa
di un colpo, sferratogli di sorpresa all’addome due settimane prima
da uno studente della McGill University, per mettere alla prova i
suoi leggendari addominali.
Ma chi era stato questo
mitico personaggio che aveva tenuto per decenni il mondo con il fiato
sospeso? Chi era l’uomo a cui l’attrice Sarah Bernhardt aveva
chiesto di farle ricrescere la gamba amputata e che il presidente
degli Stati Uniti Theodore Roosevelt pensava possedesse poteri
paranormali? E che lo scrittore Arthur Conan Doyle, creatore di
Sherlock Holmes, sosteneva possedesse niente meno che il dono della
smaterializzazione?
Allo scopo di tracciarne
un profilo, l’Espacio Fundación Telefónica di Madrid ospita fino
al 28 Maggio Houdini. Las leyes del asombro (“Houdini. Le
leggi della meraviglia”). La mostra esplora il ruolo avuto da
questo affascinante personaggio nella cultura popolare a cavallo tra
XIX e XX secolo e come Houdini – attraverso l’originalità dei
suoi numeri, che si caratterizzavano per l’utilizzo di concetti
futuristi quali forza fisica, velocità, tensione, sfida (e per
un’ipnotica presenza scenica capace di trasportare gli spettatori
in una dimensione “magica” mai vissuta prima) – fu artefice del
passaggio dell’illusionismo da intrattenimento da baraccone a
spettacolo di massa.
La mostra, divisa in
sezioni tematiche, inizia tracciando una storia della magia: dai
libri esoterici egizi e medievali ai primi manuali d’illusionismo
ottocenteschi; dalle variopinte figure che animavano gli spettacoli
delle fiere ambulanti (mangiatori di fuoco e acrobati, ma anche
uomini e donne con gravi deformità, le cosiddette “curiosità
umane” immortalate in Freaks da Tod Browning nel 1932) fino ai
protagonisti dell’età dell’oro della magia teatrale
(Robert-Houdin, il primo mago moderno, e Howard Thurston, il
principale rivale di Houdini).
Tra le grandi
trasformazioni che portò la rivoluzione industriale vi fu anche
un’inedita concezione del corpo, inteso come oggetto da educare,
disciplinare ed allenare. Ed è proprio di questa mutazione che si
occupa la sezione Citius, Altius, Fortius, narrandoci come lo
sport diventi un fenomeno popolare e Houdini, seguendo un rigoroso
allenamento fisico quotidiano che gli permise di sviluppare forza,
elasticità e resistenza al dolore, si trasformò in un modello di
progresso fisico e morale.
La sezione Fuga si
concentra sulla difficile e rischiosa disciplina della magia che
portò Houdini al successo, trasformandolo in un mito: l’escapologia,
l’arte della fuga. Si mostrano le diverse varianti che presentava
nei suoi numeri e gli oggetti che venivano utilizzati: catene, corde,
manette, una riproduzione della sua camicia di forza e la celeberrima
“Cassa della tortura cinese dell’acqua” dalla quale Houdini
doveva liberarsi dopo essere stato ammanettato e calato a testa in
giù.
Vengono poi esposti i
suoi conturbanti cartelloni pubblicitari che, insieme a innovative
strategie di promozione (l’immagine dei personaggi, l’utilizzo di
frasi e parole chiave) e all’attività cinematografica, lo resero
pioniere del moderno marketing e famoso in tutto il mondo.
La mostra si chiude con
la sezione Codice H, dedicata alla personale battaglia
condotta da Houdini contro lo spiritismo e l’occultismo. Infatti, a
differenza dei suoi colleghi, non diede mai un’origine fantastica o
mistica ai suoi trucchi e si impegnò per tutta la vita nella
divulgazione delle basi scientifiche e razionali su cui costruiva i
numeri di magia, tanto per screditare i suoi competitori quanto per
smascherare coloro che difendevano l’esistenza di un mondo
ultraterreno.
La mostra ci restituisce
l’immagine di un personaggio dalle mille sfaccettature, sempre
pronto a cogliere le novità che caratterizzavano l’universo
culturale del suo tempo, in primis i nuovi mezzi di comunicazione. La
fama di questo figlio di un rabbino di Budapest rimane ancora oggi
intatta, e questo non soltanto perché fu un geniale e rivoluzionario
artista ma anche per il fatto che diventò un simbolo di speranza per
la massa di immigrati che si era riversata negli Stati Uniti alla
ricerca di una vita migliore. Houdini aveva dimostrato che era sempre
possibile trovare un modo per evadere da limitazioni fisiche e
psicologiche e recuperare la propria libertà. Fino all’ultimo ed
estremo tentativo di fuga che l’illusionista preconizzò sul letto
di morte: «Se c’è un modo per tornare indietro dall’aldilà, io
lo troverò».
Pagina 99, 25 marzo 2017
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