Le
opere di Tolstoj espressero la forza e la debolezza, la potenza e la
limitatezza del movimento di massa contadino. La sua protesta
calorosa, appassionata, a volte impietosamente aspra, contro lo Stato
e la Chiesa ufficiale poliziesca, traduce i sententi della democrazia
contadina primitiva in seno alla quale secoli di servitù, di arbitrio
e di brigantaggio amministrativo, di gesuitismo ecclesiastico,
menzogna e di truffe hanno accumulato montagne di collera e di odio.
La sua negazione intransigente della proprietà fondiaria privata
riflette la psicologia della massa contadina in un momento storico in
cui il vecchio modo medievale di proprietà terriera, che si tratti
di quella dei signori, della corona o di appannaggi, aveva finito per
porre un ostacolo intollerabile allo sviluppo ulteriore del paese ed
era votato ineluttabilmente alla distruzione più rigorosa e
spietata. La sua denuncia incessante del capitalismo, intrisa del
sentimento più profondo e della più veemente indignazione, esprime
tutta la paura del contadino patriarcale che sente avanzare su di lui
un nuovo nemico, invisibile, inconcepibile, che viene da qualche
parte della città o dall'estero, distruggendo tutti i "fondamenti"
della vita contadina, portando una rovina senza precedenti, la
miseria, la carestia mortale, l'imbarbarimento, la prostituzione, la
sifilide, tutti i flagelli dell"'epoca dell'accumulazione
primitiva", centuplicati dal trasferimento sul suolo russo dei
più moderni processi di brigantaggio elaborati da "Monsieur
Coupon".
Da
Lev Tolstoj in
“Social-Démocrate”, novembre 1910, poi in Opere
Complete (1925), ora in Scritti
su Tolstoi, Medusa, Milano, 2017
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