Ho tratto la notizia
dall'esistenza a Bergamo Alta di un interessante archivio sulla
Satira Politica articolo che segue, da Pagina 99. Andrò a visitarlo
non appena potrò. Per memoria mia e di altri ecco indirizzo, link e
contatti. (S.L.L.)
Fondo Paolo Moretti per
la satira politica - http://www.fondopaolomoretti.it/
Indirizzo: Via Tassis 4
24129 Bergamo (Visita su appuntamento)
Telefono: 035 245127
Mail:
ilfondopaolomoretti@gmail.com
È come una malattia
cronica: una volta che ti becca, è difficile che ti molli più. Per
bene che vada, la febbre va e viene; ma le ricadute sono praticamente
inevitabili. Di norma, anzi di gran lunga, colpisce la popolazione
maschile; le donne ne sembrano quasi sempre immuni. E l’individuo
colpito se la porta dietro di solito dalla verde fanciullezza fino
alla vecchiaia estrema. Ma, e qui sta il bello, spesso la sopporta
bene, e anzi spesso ci si crogiola perfino con momenti di grande
soddisfazione. Tanto che facilmente ne è ben fiero, se ne vanta, e
va persino in cerca di altri contagiati per condividerne e anche
scambiarsi gli effetti con compiacimento.
È un morbo strano, il
collezionismo. Paolo Moretti, in lucida autodiagnosi, lo definisce
«l’insana passione». Con questo titolo, gli ha dedicato un
librone sontuoso (grande formato, stampa accurata su pesante carta di
pregio, legatura in tela con sovrimpressioni in oro, pagine apribili
e raddoppiabili, inserti in carta e formato diversi) che gli deve
essere costato il classico occhio della testa. Ma che è anche una
sorta di medicina, un calmante altamente specialistico –
ansiolitico, antispasmodico – che per un po’ appaga e seda gli
attacchi più pericolosi. Si è addirittura costruito attorno una
clinica privata per tenersi sotto controllo. Stiamo parlando del
Fondo Paolo Moretti per la Satira Politica, che dal 2005 ha sede in
un locale di Bergamo Alta, in un vecchio e grazioso palazzetto
ristrutturato ospitante la strepitosa collezione del quanto mai
orgoglioso infermo: 4000 volumi raccolti e 70 mila (mal contati)
fogli di giornale «con qualche concessione alla satira di costume, i
cui confini con quella politica sono davvero labili, o all’umorismo
grafico che della satira è parente prossimo».
Un collezionismo come un
altro; però piuttosto raro. Moretti, all’alba delle sue settanta
primavere, ne riporta la propria anamnesi ben conscio della
singolarità del caso. In lui «l’insana passione del
collezionista» è nata più di quaranta anni fa, sotto l’influsso
di un nonno beatamente originale e dello storico degli anarchici
(ovvero «delle eresie») Pier Carlo Masini, che lo hanno introdotto
nel labirintico sottobosco dei bibliofili «esploratori e cacciatori
di carta stampata». E appunto, come prevedibile, il nostro non ne è
mai guarito. Ma ne è felice e contento, tanto da aver consacrato
anni, energie e quattrini – pur senza trascurare giudiziosamente i
doveri e le gioie della famiglia – a ricercare e ordinare gli
oggetti dei suoi desideri. Facendone anche una sorta di rispettabile
motto etico personale, in quanto, dichiara, «la categoria che non
sopporto è quella dei moralisti, perché per carattere non sono
disposto a perdonare l’ipocrisia». E poi sul piatto buono della
bilancia aggiunge anche un valido alibi culturale, poiché la satira
politica «ha il pregio di incrociare in modo interattivo storia,
politica, storia dell’arte e letteratura»; anzi, considera la
medesima satira politica un validissimo ed efficace antidoto al virus
della politica.
In realtà, per sua
grande fortuna non assillato da vitali problemi economici, Paolo
Moretti non ha mai preso in considerazione il valore commerciale di
quanto andava accumulando. Ricorda che «negli anni Settanta e
Ottanta questo settore non suscitava grande interesse in Italia o
all’estero e di conseguenza i prezzi erano contenuti. A partire
dagli anni Novanta invece vi è stata la concorrenza dei cosiddetti
“stampari”, i quali distruggevano le raccolte delle riviste per
estrarne le tavole colorate che, incorniciate, venivano vendute nei
mercati di fine settimana». E racconta delle sue peregrinazioni
internazionali nei migliori templi di questo culto semiclandestino:
la Librairie Bonnefoi in rue de Médicis a Parigi, nei pressi dei
Giardini del Luxembourg, o la Libreria e Rivisteria Ferraguti di
Parma. E rievoca i suoi fruttuosi contatti con altri sparsi e
illustri sacerdoti della condivisa pratica devozionale: a Londra
Kenneth Baker, ministro di Margaret Thatcher e studioso di satira
politica; a Parigi Guillaume Doizy, creatore e curatore del sito
Caricatures et Caricature, riferimento mondiale di questo
«piccolo mondo antico».
Cominciando a tirare le
fila di una vita giocata su tali tavoli, Moretti si è dunque deciso
a editare un libro sul suo prezioso fondo cartaceo, un volume né
storico né catalogo, ma che lasciasse spazio anzitutto alle
immagini: «Ne ho scelte duecento che ritengo graficamente eleganti o
curiose per i contenuti, di artisti di nazionalità diverse. Sono le
duecento immagini che più mi hanno intrigato o emozionato».
E bisogna dire che ha
davvero ottimo gusto, in quanto vi si possono trovare numerosissime
sorprese altamente goduriose. A partire da un bell’omaggio al
venerato precursore James Gillray (1757-1815), il più importante
disegnatore politico che fece della satira e della caricatura
un’arte; passando per gustosi florilegi dalle pagine delle
principali riviste della satira ottocentesca (il britannico “Punch”,
“Le Charivari” francese, le tante del Risorgimento italiano e le
tedesche “Simplicissimus” e “Lustige Blätter”); e ancora le
riviste della elegante Belle Époque (Le Rire, Le Canard Sauvage,
L’Assiette Au Beurre). In L’insana passione trovano poi
spazio “L’Asino” di Gabriele Galantara, imprescindibile; i più
geniali e maligni caricaturisti come André Gill, Honoré Daumier,
Olaf Gulbransson, Paolo Garretto, Pietro Ardito; grandi nomi della
grafica pubblicitaria come Leonetto Cappiello e Marcello Dudovich;
artisti come Toulouse-Lautrec, František Kupka, Félix Vallotton,
Mario Sironi; l’esplosione della satira nazionalista della Prima
guerra mondiale con Scalarini, Tirelli, Sacchetti; e gli anni
fascisti tra il “Bertoldo” da noi e i grandi David Low e Lino
Palacio all’estero; per scivolare fin quasi ai giorni nostri in
slalom tra “Don Basilio”, “Candido”, “Il Male”, “Cuore”.
Il gusto è assicurato,
ben sapido e qua e là piccante. È forte il rischio di beccarsi il
contagio, perlomeno in forma lieve da lettori-spettatori-amatori. E
si può cominciare ad annusare il sentore di vecchia carta sul
portale online che, sotto gli auspici dei co-promotori Università
degli Studi di Bergamo e Scuola Normale Superiore di Pisa, permette
di accedere all’archivio digitale del Fondo Paolo Moretti. Tra
deformazioni grottesche e trovate visive strabilianti, può provocare
qualche esperienza anche un po’ allegramente allucinogena.
Pagina 99, 3 dicembre
2016
Nessun commento:
Posta un commento