Riprendo l'articolo dal
numero del dicembre 2015 di “A sud'Europa”, il periodico della
Fondazione Pio La Torre. Alcuni dati sono da aggiornare (è più
recente la polemica sulla nomina del direttore dello Stabile di
Catania), ma in generale la situazione rimane problematica. Qualche
speranza suscita la scelta di Palermo come Capitale della cultura. Mi
auguro che non ci si concentri sugli eventi e che si mantenga la
giusta attenzione sulle strutture e sulla loro gestione futura.
(S.L.L.)
Palermo. Il rinnovato Teatro santa Cecilia |
L'Orchestra sinfonica
siciliana non paga da ottobre i 140 dipendenti perché mancano
all'appello 5 milioni di fondi regionali, che negli ultimi anni si
sono dimezzati, ieri si è dimesso il componente del cda Francesco
Guttadauro. E in difficoltà, secondo la Slc-Cgil, è anche il Teatro
Massimo Bellini di Catania che ha ricevuto circa la metà del
finanziamento regionale: «5 milioni degli 11 che doveva ricevere».
È allarme conti per i teatri siciliani. Proclamato da Slc-Cgil,
Fistel Cisl, Uil comunicazione e Ugl lo sciopero che ha fatto saltare
la prima dello spettacolo di Emma Dante "Verso Medea" al
Biondo e il concerto diretto da Gyorgy Rath al Politeama. «Manca una
politica culturale regionale - denuncia Maurizio Rosso, segretario
della Slc-Cgil - gli assessori che si sono alternati finora, da un
rimpasto all'altro, sono stati inadeguati e negli ultimi quattro anni
abbiamo visto dimezzarsi le risorse destinate alla cultura». La
Slc-Cgil invoca la collaborazione tra teatri e fondazioni culturali
che porterebbe a un risparmio totale di 10 milioni di euro all'anno.
In crisi profonda è
l'Orchestra sinfonica siciliana. Come racconta Pino Apprendi, nel cda
della Fondazione: «Da quando ci siamo insediati nel febbraio scorso,
abbiamo accertato un debito di oltre 18 milioni di euro contratti
dalle amministrazioni precedenti. Fino a due anni fa, la Sinfonica
poteva contare su un contributo pari a 14 milioni di euro, che ora è
stato dimezzato ». «Per il quarto anno consecutivo - denuncia Carlo
La Bruna, violista dell' orchestra - abbiamo un ritardo di 4-5 mesi
nell'erogazione dello stipendio e sempre in prossimità del Natale.
Ad alcuni di noi stanno pignorando la casa».
Nelle scorse settimane
sono stati diversi gli incontri che hanno avuto per argomento la
situazione dei teatri siciliani. Da tempo questi ultimi sono infatti
oggetto di profonde diatribe con la Regione Sicilia per via dei
sostanziali tagli ai contributi assegnati negli anni precedenti. A
Palazzo d'Orleans si è tenuto un vertice a cui ha partecipato il
presidente della Regione, Rosario Crocetta, e i rappresentati
sindacali dei due teatri catanesi, il 'Bellini' e soprattutto lo
Stabile al fine di cercare di fare piena luce su quanto sta accadendo
a Catania. Crocetta ha voluto farsi un'idea precisa attraverso
la richiesta degli atti
riguardanti le varie denunce indirizzate nei mesi scorsi da Cisl e
Ugl alla commissione consiliare cultura del Comune di Catania e degli
atti sottoscritti da alcuni consiglieri comunali catanesi. Inoltre,
l'impegno promesso dalla Regione a "sostenere eventuali
difficoltà che dovessero emergere nel corso delle attività dei due
Teatri catanesi, è vincolato alla condizione che emerga chiaramente
la volontà di eliminare gli sprechi e vengano rese pienamente
efficienti le attività" oltre alla condizione di ricercare
accordi sindacali sui piani industriali triennali, all'interno dei
quali prevedere il contenimento dei costi e l'abbattimento dei debiti
pregressi, nonché un uso oculato delle risorse. Il sindacato
catanese, di contro, ha ribadito il concetto che a pagare un prezzo
troppo alto per la crisi in corso non siano ancora una volta i
lavoratori i quali non possono perdere diritti e tutele. I
rappresentanti sindacali, per di più, hanno chiesto alla Regione di
perseguire legalmente gli eventuali autori colpevoli del dissesto
economico dei Teatri siciliani.
Con un occhio ai tagli
previsti per il teatro Bellini di Catania, nella finanziaria
regionale, si paventa un taglio di 1,7 milioni di euro, l'11% in meno
rispetto all'anno precedente, e dal 2008 il contributo regionale, che
rappresenta la quasi totalità delle entrate dell'ente, è passato
addirittura da 21,7 milioni a 14, mentre lo Stabile, negli ultimi
anni si registra una diminuzione del contributo regionale del 58%. A
muoversi in favore della realtà dei teatri catanesi, oltre al
sindaco Enzo Bianco ed ai parlamentari, il presidente dello Stabile
Nino Milazzo e i tecnici della Ragioneria del Bellini. Di comune
accordo è stato deciso che saranno presentati degli emendamenti sia
in commissione che
in Aula per ripristinare
per entrambi i teatri il contributo dello scorso anno. Bianco,
inoltre, ha ribadito la necessità di "operare un riequilibrio
con Palermo visto che sia il Massimo che il Biondo hanno subito, in
proporzione, decurtazioni minori rispetto ai teatri catanesi",
concetto ripreso anche dal deputato Dino Fiorenza. Da più parti
esponenti politici si sono schierati a fianco della cultura catanese
sottolineando la necessità di far uscire i teatri dalla costante
provvisorietà che impedisce la programmazione, coinvolgendo anche i
privati. Tra le varie proposte per uscire da questa crisi anche una
forma di collaborazione molto stretta tra Bellini e Stabile sino al
punto, come qualcuno ha suggerito, di farli diventare un'unica
fondazione culturale con due rami di attività. Nel frattempo i
dipendenti hanno messo in campo diverse forme di protesta,
soprattutto alla luce di ritardi nei pagamenti delle spettanze.
A dover gestire la
situazione proprio nei giorni scorsi è stato presentato dal sindaco
Bianco il manager della cultura Roberto Grossi, sul cui nome il CDA
del Teatro Massimo Bellini non ha avuto dubbi e lo ha scelto
all'unanimità come Sovrintendente. Obiettivo di Grossi quello di
riportare il teatro tra la gente avvicinando all'istituzione tutti
coloro che per adesso non hanno mai manifestato un particolare
interesse. Intanto c'è da dire che negli ultimi tre anni al
"Bellini" si è registrata una ascesa nella vendita di
abbonamenti e biglietti singoli. I primi sono cresciuti fino a 1700
unità, in controtendenza con altre storiche realtà dell'isola. Al
Bellini il costo del personale si aggira intorno ai 14 milioni e 500
mila euro; il 78% per il personale di ruolo, il 18% per il personale
stagionale. A tal
proposito i sindacati invitano ad operare un ulteriore taglio delle
consulenze e denunciano alcune disparità, con lavoratori ben pagati
ma non sempre di grande utilità per l'Ente ed
esterni pagati pochi
migliaia di euro con figure essenziali. Come se non bastasse un
ulteriore sberleffo è stato messo in atto dal ministero della
Cultura che ha scelta di non includere i teatri di Catania e Palermo
tra le strutture nazionali, ma di inserirli tra quelli di Interesse
culturale (Tric), stessa sorte che è toccata al teatro di Genova,
tra i più antichi d'Italia assieme allo Stabile catanese. I
teatri ammessi nella
lista del ministero sono un numero limitatissimo, solo sette, e
potranno avere accesso agli ambitissimi finanziamenti di primo
livello. Uno dei requisiti fondamentali inseriti nella
riforma del settore
avviata dal ministro Dario Franceschini è l'esistenza di scuole
teatrali legate ai singoli enti ma non tutti le hanno.
A fare queste amare
considerazioni attori di chiara fama come Leo Gullotta che
nell'elencare i sette Teatri delle regioni Lombardia, Piemonte,
Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Campania, amaramente
commenta che "i teatri Nazionali si fermano a Napoli, più a sud
non vanno". Forse l'idea di federare Biondo e Stabile in
un'unica struttura regionale capace di rientrare con maggiore
facilità nei vincoli ministeriali avrebbe dovuto avere uno studio
più approfondito sulla sua effettiva fattibilità. Intanto a Palermo
si guarda al futuro del teatro Biondo cercando di mantenere i
programmi presentati al ministero e di contenere al minimo i tagli.
Attenzione particolare è indirizzata alle attività per le scuole e
per l'infanzia e ai concerti.
Un piccolo miracolo in
questo disastro. Il Santa Cecilia, il più antico teatro palermitano
ha riaperto i battenti, sul palco Roberta Gamberini, la cantante
torinese che qualche anno fa si esibì nella piazza davanti alle
porte chiuse per un concerto di protesta. Il tabù del teatro,
infatti, durava da cinque anni, quando la Regione, proprietaria
dell'immobile, consegnò il Santa Cecilia al Brass Group: mancava il
certificato di staticità e così iniziò un'odissea che ha portato
lentamente, protesta dopo protesta, appello dopo appello, all'
apertura elettrica del lucernario, così come richiesto dai Vigili
del fuoco, e, ultimo atto, alla sistemazione dei pannelli
fonoassorbenti. Tutti hanno lavorato freneticamente, in un clima,
fatte le debite proporzioni, come quello che precedette la riapertura
del Teatro Massimo, un caso che ha fatto scuola in materia di teatri
antichi risvegliati dopo un lungo sonno: una corsa contro il tempo
che ha il sapore di un piccolo miracolo. Il nuovo Santa Cecilia
ospiterà anche l'archivio sonoro del Brass: c'è una sala con cinque
postazioni per ascoltare le registrazioni dal vivo dei concerti
dell'Orchestra jazz e per consultare gli spartiti. E nei progetti c'
è anche la creazione di un ristorante nella balconata affacciata
sulla sala. Insomma, il Real teatro Santa Cecilia è pronto a
scrivere un nuovo capitolo della sua storia iniziata nel 1692 con una
colletta di 160 onze e passata attraverso un terremoto, nel 1726, una
rivalità senza frontiere col teatro Santa Lucia, una stagione da
deposito di ferramenta, un abbandono lungo ottant' anni e un recente
utilizzo a singhiozzo. «Abbiamo bruciato cinque anni – si
rammarica il presidente Garsia, perennemente alle prese con i debiti
della sua Fondazione - I costi di manutenzione sono alti, lo so, ma
il Brass group è un brand in grado di riempire trecento posti, più
del doppio della capienza del Ridotto dello Spasimo: faremo una
programmazione di ampio respiro e assieme agli introiti di bar e
bookshop contiamo di poter camminare almeno con una gamba, di essere
cioè meno dipendenti dai contributi pubblici. E poi questo non sarà
solo il teatro del Brass: ho già chiamato Curva minore per ospitare
i loro concerti, Mario Bellone per programmare film, voglio che si
faccia anche attività teatrale. Il Santa Cecilia deve vivere».
A sud'Europa, anno 9
n.11, dicembre 2015
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