In occasione della
pubblicazione per Adelphi, nel decennale della morte, d'una raccolta
degli scritti di Cristina Campo, Gli imperdonabili (1987), “la
Repubblica” pubblicò stralci da uno scritto dei primi anni
Settanta, che prendeva spunto dalle Mille e una notte.(S.L.L.)
Il libro delle Notti
trabocca di tappeti, è spesso un vero cerimoniale di tappeti. Tutto,
per così dire, vi si svolge sopra. Salomone vola su un tappeto alla
battaglia con i genii ribelli mentre gli uccelli sfrecciano sopra di
lui e le belve marciano sotto, all' ombra di quel tappeto. L'amante
scaltra vi si fa avvolgere per introdursi al cospetto del suo
signore; nel tappeto arrotolato si occultano cadaveri (orrore
perfetto della Storia delle Tre Mele!); su di esso si dorme, si ama,
si toccano strumenti armoniosi, sopratutto si narra e si prega. “E
affacciatasi timidamente alla porta, vide un piccolo oratorio;
inginocchiato su un tappeto, un giovane recitava con voce armoniosa
il Santo Corano”.
È il piccolo, leggero
tappeto di orazione che il pio musulmano porta con sé nei suoi
viaggi, così da usufruire ovunque, nelle cinque invocazioni
quotidiane, della purezza di uno spazio privilegiato, non tocco da
piede infedele. Vi è figurata la nicchia di orazione a sesto acuto,
da volgere in direzione della Mecca: sintesi rituale di una moschea
con una lampada votiva appesa al centro o l'anfora lustrale
capovolta, stillante fiori, tre garofani solitamente. È un versetto
del Corano a fornire quasi sempre la decorazione più bizzarramente,
più liricamente eloquente. Canoni metafisici vincolano il tappeto
islamico che abomina dalla figura, lo imprigionano, come ogni opera
d'arte di consumata sapienza, nella crudele bellezza di una
stilizzazione sdegnosa, prezzo e frutto di atavica educazione
contemplativa.
Ma perché vola il
tappeto? Nei racconti tradizionali d'Occidente può accadere che una
principessa si ridesti nel proprio letto in un palazzo sconosciuto, a
mille miglia dal regno di suo padre e il cavallo alato, creatura
astrale e fatidica, è comune a molte latitudine. Ma il tappeto
volante resta unico, meravigliosamente inesplicabile.
Libri ammalianti
sull'arte del tappeto rispondono ormai come oracoli a quasi tutte le
domande possibili intorno alle genealogie e ai significati di questi
spazi di lana fittamente annodata, poi tagliata e tonduta, che ci
stendono dinanzi i loro ardenti grovigli narrativi, le loro pure
geometrie mentali. Narrano, questi libri, di tappeti che hanno
diciannove secoli, come quel tappeto di Persia ritrovato perfetto in
una tomba reale nei Monti Altai, che attesta, con i suoi diecimila
chilometri di viaggio, la totale credibilità di quella incredibile
Via della Seta. Si dilata sotto i nostri occhi l'immemoriale
geografia del tappeto, che è infine la geografia delle Notti:
tessuta e narrata dalle stesse migrazioni e mischianze: Turchi e
Greci, Ebrei e Persiani, Arabi e Gitani d'Egitto, Siriani, Armeni,
Circassi, Curdi, Turcomanni, Tartari, Mongoli. Ed è la stessa
colonna geologica di millenni: dal mitico tappeto di Ctesifonte al
tappeto moderno, imperturbabilmente simile all' antico. “Clima
secco e duro, copiosa abbondanza di lane e di greggi, necessità di
trasporto veloce ed agevole accomunano le estetiche e le tecniche. I
diversi piani della vita intima e spirituale si unificano nel
tappeto, ne fanno una miniatura squisitamente completa della
tradizione, che nessuna cosa esclude purché sia contemplata al suo
massimo di purezza”.
Chi tesse, abitualmente,
il tappeto? Le città della Persia provincia d'elezione del tappeto,
sebbene quest'arte sia tanto vasta e diversa quanto lo è l'Oriente
stesso creano e diffondono scuole di tappeto là dove si trovino
sorgenti d'acqua cristallina. I maestri del tappeto, quei bardi
itineranti del telaio, passano, come l'antico narratore di fiabe, di
villaggio in villaggio, di regione in regione, dispensando agli
artigiani locali i tesori della loro portentosa memoria, custode di
innumerevoli schemi di composizione...
Ma perché vola il
tappeto?
Ci viene insegnato che
nella lingua araba classica una radice comune lega tappeto e farfalla
e certo non soltanto per la fascinazione dei colori. Il tessere e
l'annodare alludono di per sé alle vicende ordite per gli uomini da
invisibili mani. E si sa come il vocabolo greco che indica l'attimo
senza ritorno, da cogliere come un fiore miracoloso kairos sia
usato per definire un altro indefinibile: la momentanea, lampeggiante
fissura tra l'ordito e la trama in cui la spola penetra
fulmineamente, come la lama mortale tra i due pezzi di un'armatura.
Ma perché vola il
tappeto?
Un libro pieno di
sapienza, che riferisce press'a poco tutto quanto la Persia classica
e soprattutto la Persia mistica hanno insegnato intorno ai fili che
corrono tra cielo e terra, ci getta forse con negligenza persino la
chiavina d'oro che può dare accesso all'ultima stanza del tappeto:
questa piccola, ironica terra che può volare. Si allude in questo
libro a una ricomposizione spirituale dell'Eden, anzi addirittura di
un mondo precedente all'Eden, dove la pietra e la stella, la rosa e
il cristallo, la fonte e lo spino, l'animale feroce e il delicato si
apparentano in una dimensione che le racchiude tutte, e si direbbe
che la quarta non sia la definitiva. Esso racconta di città
smeraldine Jabalqua e Jabarsa dalle mille porte dove sono realizzate
all'infinito (proprio come in un tappeto persiano) le differenti
specie di immagini originarie formanti una gerarchia di gradi
diversificati dalla sottigliezza o la densità. Tali città fanno
corona, se così si può dire, al Monte Kaf, centro e insieme cerchio
del mondo, del quale così spesso è fatto cenno nelle Notti: cuore
di quella inestricabile cosmogonia che è la Storia di Hasib el Karim
o della Regina dei Serpenti. Ancora, come il tappeto, la superficie
di quelle città è quadrata, indizio di perfezione e di totalità.
Che il tappeto orientale
voglia offrire uno specchio della divina freschezza di un mondo senza
colpa ce lo dicono, d'altra parte, i quattro fiumi paradisiaci che
nascono talvolta dalla nicchia d'orazione: così essi sgorgano nei
mosaici cristiani, mutati nelle fonti cristalline dei Vangeli, dalla
roccia su cui si erge l' Agnello, o traversano tragicamente il manto
cosmico del vescovo bizantino. I mistici cristiani leggevano nell'
orto misterioso del Cantico un' immagine del giardino dell'innocenza,
dove l' anima non è impegnata in altra operazione che sorvegliare
dall' inizio della primavera la crescita dei fiori. Siano comunque
edeniche o precedenti all' Eden queste terre trasfigurate, queste
terre in visione, non vi perviene per gradi quell' intrepido
viaggiatore, colui che si raccoglie in orazione sul tappeto? Qui si
trova il sentiero che conduce alla sorgente di vita.... E'
ragionevole che le meditazioni di tali uomini si concludano qualche
volta in levitazioni, in quei voli nei quali il corpo sembra scoccare
dall' arco teso della mente rapita. Di simili stati, così abituali
nella storia della contemplazione occidentale, un san Giuseppe da
Copertino è forse la testimonianza massima. La danza contemplativa
di san Domenico, librato da terra sulla punta degli alluci, mani tese
e congiunte sopra la testa come una freccia ne offre un profilo
ancora più grafico. I due enigmi si scioglierebbero, allora,
mutuamente e simultaneamente: il tappeto vola perché è terra
spirituale, i disegni del tappeto annunciano quella terra, ritrovata
nel volo spirituale.
“la Repubblica”, 10
ottobre 1987
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