NEW YORK
Più di un’amante.
Margaret Linch Suckley era per Franklin Delano Roosevelt l’unica
libertà dello spirito. Uno spirito così disciplinato e forte da non
concedere sesso, sembra, a questa specialissima amicizia durata
vent’anni. Il libro dello storico Robert Ward, uscito in questi
giorni in America racconta la storia di F.D.Roosevelt e Margaret
Suckley. È scritta, questa storia, nelle lettere e nei diari trovati
sotto il letto di Margaret subito dopo la sua morte, nel ’91. Ward
ha aperto la vecchia valigetta di lino e seta pensando di trovare
solo conferme a quella che all’epoca si riteneva fosse un’amicizia
superficiale tra il presidente e questa strana signora ai margini
dell’entourage della Casa Bianca. Invece ne sono emerse pagine e
pagine di fatti, aneddoti ed eventi completamente inediti. Margaret
aveva 99 anni quando è morta: nessuno di quelli che la frequentavano
aveva mai sentito parlare della sua amicizia con Roosevelt. E la sua
discrezione all’epoca era così forte che non ci fu mai un
pettegolezzo sul loro rapporto. Successivamente storici e biografi
avevano cercato di carpirle i diari, tutto sommato era una vicina di
casa del presidente, era l’amica di famiglia che gli aveva donato
il prediletto terrier Fala. Margaret aveva sempre negato di avere
suoi scritti.
I documenti, tra cui 38
lunghe lettere di Roosvelt, non offrono alcun indizio di intimità
fisica tra di loro. Ward, dopo aver studiato a lungo il materiale,
suggerisce che si siano scambiati in vent’anni un unico bacio,
durante una gita in carrozza sulle colline che costeggiano l’Hudson,
lungo il quale sorgevano la casa di Margaret e l’antica residenza
Roosvelt. Tutto qui. Eppure Margaret è stata - scrive Ward - la
persona più vicina a Roosevelt per vent’anni e certamente, al
momento della morte, la più cara. Si erano incontrati nel ’22,
dopo l’attacco di poliomelite che ridusse il presidente sulla sedia
a rotelle. Margaret, trentenne, non sposata, s'innamorò di lui: lo
chiama «il mio
Franklin». Roosevelt,
dal canto suo, sentiva il vuoto creato dagli impegni della moglie
Eleonor. Era un uomo che nutriva una profonda fiducia nelle donne. E
nel loro giudizio politico: dalle lettere a Margaret si capisce
quanto lei lo stimolasse, come profondo fosse il loro logos politico.
Margaret non era pervasa da supina ammirazione per lui: lo criticava
più spesso di quanto non lo lodasse e analizzava i discorsi in
pubblico con la puntigliosità di uno specialista.
«Odio il mio discorso di
ieri» le scrive nel ’36. E lei gli da ragione. Poi Roosevelt le
scrive dei suoi dubbi di «sopravvivere» ad un quarto mandato, del
vicino sbarco in Normandia... perfino del suo progetto di ritirarsi
dalla presidenza degli Stati Uniti per candidarsi alla direzione
delle Nazioni Unite. Nel maggio del ’44 le scrive: «Non sto bene,
non sto affatto bene. L’unico mio piacere sono le tue
lettere. Ti prego scrivimene tante, scrivi ogni giorno». Prima, alla
fine del secondo mandato, nella corrispondenza si rintraccia il loro
progetto più amato: costruire un cottage tutto per loro in cima a
quella che entrambi chiamano «la nostra collina», sull’Hudson.
Roosevelt è d’accordo perché la stanza ad est sia destinata a
Margaret e scherzando le chiede il permesso per consultare la «nostra
libreria... perché non metto in dubbio, mia cara, che vorrai tenerti
in camera tutti i libri».
La «nostra libreria»,
custodita da Margaret in alcuni scaffali della sua camera da letto, e
tutti siglati O.L., our library, comprende i più svariati
testi: poeti francesi e libri sugli Ufo, testi di economia annotati
ai margini dalla mano di Margaret e romanzetti da quattro soldi.
Sugli stessi scaffali, una serie di delicate porcellane, regali di
Franklin, registrati nel diario uno per uno lungo gli anni della loro
amicizia. Alla fine, Margaret descrive Franklin come distrutto dalla
sua malattia ma ancora pieno di fascino e ancora affascinato dalla
sua amica più cara. E ormai vecchia, passati gli ottantanni, scrive:
«Quello che io ho dato a F. è una completa mancanza di tensione. Mi
disse una volta che non c’era nessuno col quale, oltre me, lui si
sentisse interamente se stesso. Neanche con le due persone che gli
erano forse più care di me, poteva mai davvero lasciarsi andare. Per
questo, negli ultimi anni, voleva che fossi lì intorno a lui anche
se non ci scambiavamo una parola per giorni interi... ero lì mentre
leggeva o si assopiva e in silenzio, ci comprendevamo l’un
l’altro».
Rimasta sola, Margaret,
pur senza mai nominare la loro corrispondenza, divenne archivista
della Roosevelt Library. Quando si ritirò del tutto, molti la
intervistarono e un regista la fece a lungo parlare davanti alle
telecamere: sorseggiando il suo thè, racconta delle sue visite alla
famiglia Roosvelt dove «andavo - dice sorridendo dolce ed enigmatica
- per vedere il cane Fala, al quale ero molto affezionata».
“l'Unità”, 12 aprile
1995
Nessun commento:
Posta un commento