La prima volta che vidi
le coste della California venni attratto dalle geometrie nervose
delle chiome dei Cipressi di Monterey, una specie che cresce
spontaneamente solo lungo la Penisola di Monterey, fra Big Sur,
Car-mel e le spiagge da surfisti di Santa Cruz. Colonie in Europa ne
ammirai sulla costa occidentale e sabbiosa della piccola Jersey,
nella Manica mentre in Italia ce ne sono in Toscana e Liguria. Sono
alberi da ultimo tratto e da penitenza, per questo gli esemplari
maturi assumono forme contorte e piegate dalla costante azione del
vento. Mi piace la contraddizione cromatica che c’è fra la
corteccia sfilacciata e grigio-chiaro e la chioma verde scuro.
Quando mi sono immerso
nella lettura di un testo classico come «Conifers of California»,
autore il professor Lanner, autorità in materia, ho dovuto
constatare che esistono dieci specie di cipresso californiano che si
assomigliano: si passa dal Cupressus macrocarpa al Cupressus pigmaea
(alias Cipresso di Mendocino), dal Cupressus macnabiana (Cipresso di
Macnab) al Cupressus abramsiana (Cipresso di Santa Cruz) e così via.
La botanica è disciplina
che mette a dura prova la certezza della propria conoscenza: quando
pensi di aver capito sei soltanto all’inizio dell’insegnamento.
Dopo Big Sur avevo in
mente di visitare la riserva di Punta Lobos a Carmel, la cittadina
dove Clint Eastwood fu sindaco per tre anni, dall'86 all'88. In un
negozio mi ritrovai fra le mani una cartolina molto bella, vi si
ritraeva il Solitario di Pebble Beach, sempre a Carmel, ma più a
nord; mi ricordai di aver già visto quell’albero solitario,
cresciuto su una rocca, nelle foto in bianco e nero del grande
Carleton Watkins, uno dei primissimi fotografi che raggiunsero in
groppa a un mulo Yosemite documentando le sequoie, negli Anni 60 del
secolo XIX.
Watkins era un
autodidatta, aveva aperto un piccolo negozio di fotografia a San
Francisco, dove viveva, e qui s’era dilettato nel creare una
macchina fotografica di dimensioni giganti con cui andava in giro a
far suoi pezzi di realtà. Anche il cipresso di Pebble Beach.
Carmel by the Sea è
deliziosa, è un museo a cielo aperto dove architettura e natura si
sono sposate magnificamente: casette in legno, giardini curati,
specie rare, magnifici cipressi contorti. All’incrocio fra Ocean e
San Antonio Avenue c'è uno spettacolare eucalipto, il tronco in
torsione antioraria. Si sale e s’imbocca Carmel Way, s’arriva
all'ingresso della riserva naturale di Pebble Beach: 9 dollari e 75
cent per l’accesso. In sostanza Pebble Beach è una vasta residenza
di lusso per signori attempati e giocatori di golf, un circolone
esclusivo dove ci si dimentica di vivere in quella che
eufemisticamente noi europei chiamiamo «la più grande democrazia
del mondo».
Il turista segue il
percorso della 17-Mile Drive, una strada che tocca i punti
naturalistici più suggestivi. I generi arborei dominanti sono
quattro: pino, cipresso, quercia e eucalipto. Il campo da golf nasce
e rinasce, occupa interi pianori e poi scompare, ma mi chiedo anche
se abbia un senso farlo qui dove il vento soffia deciso e costante. A
Restless Sea (che significa letteralmente «Mare agitato») il mare è
lacrimoso, melmoso, rocce scure tinte d’inchiostro, vi abitano
cormorani di Brandt e gabbiani occidentali, vibra una luce da
Bretagna e Nord Europa. Guardando indietro, all’interno, oltre gli
edifici, s’intravede una corona verde e boschiva, una cinta di 20 e
più metri di conifere, pini e cipressi.
A Bird Rock ci sono i
leoni marini, che in verità non vedo ma sento, il loro richiamo
ingolfato - «Hjo-hjo-hjo» - è un sottofondo insistente. La strada
che porta al Solitario transita a Crocker Grove, dove si contano tre
posti auto: la cartina che mi è stata consegnata all’ingresso
della riserva dice che vi abitano i più grandi e annosi Cipressi di
Monterey, è questo il punto zero della specie, il luogo da cui è
iniziata la colonizzazione.
Mr. Crocker fu l’ideatore
della 17-Mile Drive. Gli alberi che mi vedo davanti non sono granché,
i più belli e aggrovigliati li ho visti salendo e si trovavano in
proprietà private e nel tentacolare campo da golf. Proseguo e arrivo
al parcheggio del Solitario, lo si riconosce per la quantità di
visitatori che si fermano alla balaustra e scattano foto. Oggi è
giorno di nebbia, e devo ammettere che arrivare al mare, in
California, e vedersi circondati dalla nebbia stupisce. In Italia non
è una condizione contempiabile. La nebbia sarà sempre più
frequente salendo a Nord, avvicinandosi al confine con l’Oregon, ma
è proprio grazie alla nebbia che esistono le ampie foreste di
sequoia costale (Sequoia sempervirens), ecosistemi che necessitano di
questo clima umido e al contempo ventoso.
Il «Lone Cypress»
(appunto, il Solitario) se ne sta sospeso sulla cima della sua rocca
a uso personale, inaccessibile - e per fortuna. Sembra più lontano
di quel che è. Dalla strada si dilunga una scalinata in legno, che
scivola sulla scogliera, con palizzate che contengono l’esuberanza
del turista. A guardarlo, il Solitario sembra un bonsai di
proporzioni maggiorate, monumentali, si respira aria Zen in questo
spicchio di luce sulla costa di Carmel. Ovvio pensarlo, direi pure
scontato. Ma vero. L’albero alla base si divarica in due branche
principali, sale a V e ha chioma ridotta. D’altro canto è qui da
250/300 anni.
L’umanità che
raggiunge questo punto d’osservazione e si fotografa è variegata e
interessante: coppie di ragazzi, famiglie con figli annoiati,
fotografi accaniti, pensionati in marcia, facce serie, facce gioiose,
facce allegre, facce sbacalite... un campionario che si amplificherà
alla base di molti giganti.
“La Stampa, 21 agosto
2013
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