10.6.17

CACARISILLA (S.L.L.)

Vittorio Emanuele III e il Maresciallo Badoglio
In molti dialetti italiani ed anche nella lingua nazionale la defecazione è collegata alla paura e alla vigliaccheria: "cacarsi (o cagarsi) addosso" è segno di debolezza, mentre il "pisciarsi (o scompisciarsi)" viene collegato al riso, ad una irrefrenabile allegria.
Nella parlata del mio paese cacarisilla era più propriamente il rifiuto di una sfida. Poteva trattarsi di uno scontro fisico a pugna (a pugni) o a jittari sutta (una via di mezzo tra la lotta libera e la lotta greco romana); ma anche di una sfida sportiva: a spatati (si duellava con bastoncini che fungevano da arma bianca e spesso si finiva per litigare perché chi era stato toccato da una stoccata rifiutava contro ogni evidenza di dichiararsi muortu), nella corsa a piedi, o anche in bicicletta.
Chi rifiutava la sfida si comportava da vile, cioè si la cacava, e di questo atto subiva la vergogna. I ragazzini che erano testimoni della sua paura gli gridavano in coro: "CA-CA-ME-NTO! CA-CA-ME-NTO!"; o anche, stranamente: "CA-CA-ME-NTO I-TA-LIA-NO! CA-CA-ME-NTO I-TA-LIA-NO!".
Da ragazzo non mi chiesi mai a che cosa potesse alludere quell'aggettivo, da grande ho pensato che si riferisse a eventi recenti e ancora brucianti: il re, Badoglio e il corteo di generali in fuga verso Brindisi.

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